“Stanno facendo un grande lavoro soprattutto nel Lazio. Danno e raccolgono cibo per chi non ne ha, organizzano ronde per la sicurezza e altre attività più di tutti gli altri partiti”: così un lettore del Corriere della sera ha attirato l’attenzione e la firma di Aldo Cazzullo che gli ha dedicato un’ampia quanto generica risposta a base “di alienazione in cui vivono i nostri ragazzi”.
Per spiegare il relativo ma significativo successo dei fascisti di CasaPound nelle elezioni per il Municipio di Ostia, la periferia marittima di Roma, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Nella fase precedente le elezioni è cresciuta l’attenzione sulla crescita di questo movimento. L’esito della consultazione lo ha confermato. E in genere c’è convergenza sulle ragioni di tale popolarità. In particolare si sottolinea l’efficacia delle incursioni delle ronde antiabusivi sulla spiaggia, andate a buon fine per via della faccia feroce dei protagonisti, addobbati tra l’altro con apposite “pettorine”. E si è messa in luce la relazione del capolista eletto, Luca Marsella, con il clan Spada, la cosca litoranea che si è fatta notare anche dopo il voto per il gesto di un suo esponente che ha rotto il naso a un tranquillo reporter della tv pubblica.
Nel circuito della “retrotopia”
Più in generale viene spontaneo di inquadrare il fenomeno dell’attuale neofascismo in quella categoria della nostalgia che, secondo l’ultimo Bauman, l’inventore della “società liquida”, domina i pensieri del presente e che egli chiama “retrotopia”, come dire utopia all’indietro.
È il campo in cui ci si imbatte nei “risvegli nazionali e nazionalistici in corso in tutto il mondo, dediti alla mitizzazione della storia in chiave antimoderna attraverso il recupero di simboli e di miti nazionali e, talvolta, il baratro di teorie cospiratorie”.
Dentro una simile cornice un movimento come CasaPound, che si professa espressamente fascista, si colloca in modo fisiologico, salvo precisare se si tratti di un ritorno alla guerra di tutti contro tutti di hobbesiana memoria, o di regressione verso la logica delle tribù, ovvero di un rientro nella apologia della disuguaglianza se non addirittura nel desiderio di rifugio nel grembo materno.
“Pacchi dono più ronde”
Ma forse un vestito così confezionato sarebbe troppo elegante per una entità che, in fin dei conti si presenta come una variante minore di un’idea di fascismo essa stessa dai tratti non ben definiti. Si converrà che il binomio “pacchi-dono più ronde” non ha lo stesso nitore della parola d’ordine di Lenin a proposito della rivoluzione bolscevica: “i soviet più l’elettrificazione”.
Il fatto è che la stessa memoria del fascismo si è talmente sfatta (per il trascorrere del tempo e la distrazione della cultura) che oggi richiamarsi a quell’espressione consente una varietà di opzioni che applicano lo stesso nome a una molteplicità di esperienze.
Con qualche inevitabile confusione. Che affiora, ad esempio, quando gli esponenti di CasaPound dichiarano di rifarsi al fascismo delle origini. Resta infatti difficile rinvenire in quella stagione una vocazione “sociale” o addirittura “caritatevole” come quella che oggi si vanta anche per denunciare un’asserita ritirata della chiesa e dei partiti dall’area del servizio al prossimo.
È il caso del vicepresidente di CasaPound, Di Stefano, il quale dichiara di guardare al “socialismo del primo fascismo” aggiungendo che a Ostia i suoi hanno fatto supplenza sociale. Dove il “primo fascismo” è presentato più o meno come un’organizzazione benefica. E con esso CasaPound sarebbe in linea pure quando si presenta come matrice di una onlus che concorre alla ripartizione del “cinque per mille”.
Dall’olio di ricino alle “provvidenze”
In verità negli anni Venti del secolo scorso l’unico bene di consumo che i fascisti distribuivano in dosi industriali era l’olio di ricino fatto ingurgitare agli avversari: gli operai, i contadini, le classi subalterne, in nome di un progetto che, nella dialettica di classe, tutelava gli interessi dei piani alti della società.
Nei testi delle origini figurano bensì i cataloghi delle rivendicazioni sindacali, a partire dalle “otto ore”, ma restano sullo sfondo, sopraffatti dalle esigenze politico-militari della “rivoluzione”.
Perché nel fascismo si affermi l’esigenza di realizzare un sistema di “provvidenze” nel campo sociale in senso moderno bisognerà aspettare che avvenga la presa del potere e che il mantenimento dell’ordine richieda, accanto alla repressione, anche una misura di intervento in qualche modo perequativo rispetto alle più evidenti situazioni di ingiustizia e di arretratezza.
Vecchie e nuove “squadre d’azione”
Viceversa l’altra dimensione, quella delle “ronde”, è presente fin dalla fondazione dei fasci. Le “squadre d’azione” sono l’epifania del fascismo e ne esprimono, con la violenza, la vocazione autoritaria e totalitaria che si tradurrà, nel tempo, nella irreggimentazione del Paese, dando luogo a quello che Togliatti, con felice espressione, definirà come “regime reazionario di massa”.
Qui il richiamo a una simile ascendenza da parte di CasaPound appare più pertinente e motivato, anche se finora la violenza viene esercitata con parsimonia verso obiettivi mirati oltreché nella ostentazione della resistenza alla polizia.
Tra dissesto etico e crisi economica
Il resto, compresa la relativa ma significativa affermazione elettorale, fa parte della realtà in cui questo soggetto si muove ed esercita un’attrazione di prima linea. Sulle condizioni del litorale romano, sul suo degrado complessivo, sulla crisi abitativa con la guerra tra i poveri, quelli che occupano le case e quelli che restano fuori, sull’influenza e il peso delle agenzie mafiose sia nell’imporre la legge della forza, sia nell’agganciare, corrompere, pilotare i soggetti della politica e dall’amministrazione: su tutto questo c’è un’ampia letteratura che va integrata con le acquisizioni giudiziarie e le indagini in corso.
Aggiungi la crisi economica con i suoi effetti devastanti ed espone la situazione di un sistema politico che sembra aver cancellato il concetto di speranza dal suo immaginario.
Un sostegno contro “gli altri”
Non può meravigliare, a questo punto, che anche una versione così sommaria e confusa del fascismo ottenga un non marginale consenso. Si presenta infatti – in un ambiente desertificato – come una pista praticabile e, tutto sommato, resa agevole dalla semplificazione delle scelte: “se hai bisogno ti diamo una mano e il nostro aiuto vale doppio perché, nel contempo, lo neghiamo agli “altri”, agli intrusi che ci invadono e ci rubano il pane”.
La valenza della negazione è parte integrante della creazione del consenso ed è un ambito nel quale anche questo fascismo appare più attendibile di altre forze che pure si spendono nel sostegno del prossimo. Ma lo fanno, per così dire, a tutto campo, senza discriminare i… nemici. E questa viene intesa come una condizione di debolezza e di inferiorità.
Studiare il fascismo?
Dove arriverà CasaPound? Il suo logo è una tartaruga bianca su fondo nero. L’animale non è un campione di velocità, anche se nella nota narrazione filosofica risulta più rapido del “pie’ veloce” Achille.
Ma alla domanda finale si può rispondere solo con un: dipende. Nel senso che dipende anche e soprattutto dalla capacità delle forze che si richiamano alla democrazia, se sapranno trovare l’energia per riprendere a guardare in avanti, a elaborare programmi credibili e soprattutto ad attuarli.
Ma dipenderà anche dal modo in cui si riuscirà a ripresentare la storia alle nuove generazioni. Includendo anche nello studio una ricognizione del fascismo, della sua realtà ed anche del fascino che ebbe, in condizioni date, su fasce importanti di popolo quando il tracollo della politica fece crescere il bisogno di qualcuno che mettesse a posto le cose. Non è “retrotopia”, è saggezza.
Domenico Rosati, già Presidente delle Acli e Senatore
Pubblicato giovedì 16 Novembre 2017
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