(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

Non ci sono solo gli scafisti (uno dei quali è stato già condannato a 20 anni avendo chiesto il rito abbreviato), fra i possibili colpevoli del Naufragio di Cutro in cui il 26 febbraio 2023 morirono 94 persone, compresi 35 bambini. C’è voluto un supplemento di indagini, ottenuto nei primi giorni di giugno, ma alla fine il pubblico ministero Pasquale Festa è riuscito a chiudere le indagini; rinviando a giudizio quattro militari della Guardia di Finanza e due della Guardia Costiera. Se nessuno restituirà la vita ai naufraghi, almeno questa volta, in Calabria, in ampi settori della popolazione si registra una certa soddisfazione, per uno Stato che, mettendo da parte ogni autoreferenzialità, è riuscito a guardare a 360 gradi a quei tragici momenti in cui, a causa del forte scirocco, il Summer Love si è schiantato su una secca.

La spiaggia di Steccato di Cutro dove è avvenuto il naufragio

I reati ipotizzati sono naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Davanti ai magistrati dovranno difendersi Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale di Vibo Valentia della Guardia di Finanza e del Roan (Reparto operativo aeronavale), Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale in comando e controllo tattico nel Roan di Vibo Valentia; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto; Francesca Perfido, ufficiale di ispezione in servizio nel Centro di coordinamento italiano di soccorso marittimo di Roma; Nicola Nania, ufficiale di ispezione nel centro secondario di soccorso marittimo di Reggio Calabria.

(Imagoeconomica, Sergio Oliverio)

Come abbiamo documentato fin dal primo momento, insieme a numerosi altri giornalisti, quello di Cutro non è stato un naufragio come tanti altri, non soltanto a causa della pessima figura di un governo che si è trincerato nel suo nazionalismo, ma anche perché, per la prima volta dopo tanto tempo, ampi strati della popolazione calabrese sono riusciti a indignarsi consentendo di tenere alta l’attenzione su una vicenda politica e ideologica oltre che giudiziaria. Mai come oggi, infatti, è chiaro che in situazioni come questa, lo Stato non dovrebbe svolgere attività di polizia a difesa delle coste, ma di salvataggio di persone che rischiano la morte e non possono essere abbandonate in balia delle onde.

(Imagoeconomica)

In una nota stampa della Procura della Repubblica di Crotone, si ricorda che la presenza del caicco carico di migranti “era stata tempestivamente segnalata dall’agenzia europea Frontex in navigazione verso le coste calabrese”. È dunque necessario “accertare perché nessuna imbarcazione delle autorità preposte al controllo del mare territoriale fosse in quella zona per tentare di intercettare il caicco, verosimilmente carico di numerosi migranti”.

Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini (Imagoeconomica, benvegnù Guaitoli)

Il vicepresidente del Consiglio, ministro delle Infrastrutture e trasporti, e numero uno della Lega, Matteo Salvini, arroccandosi dietro la solidarietà ai militari, tenta di far dimenticare i fallimenti della politica governativa sull’immigrazione. A sua detta, finanzieri e guardie costiere “non solo rischiano ogni giorno la loro vita per salvare il prossimo, ma corrono addirittura il rischio di essere arrestati in caso di disgrazia. Il mio incondizionato sostegno e il mio abbraccio a donne e uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, così come a Vigili del Fuoco, Carabinieri, Polizia di Stato e Locale ed ogni altra forza armata e dell’ordine”.

Un barcone abbandonato su una spiaggia del Canale di Sicilia

A nome di quella società civile che dal primo momento ha seguito l’evolversi della situazione, per Filippo Sestito della segreteria nazionale dell’Arci “la richiesta di rinvio a giudizio per la tragedia avvenuta il 26 febbraio 2023 a Steccato di Cutro, dove il caicco Summer Love affondò tragicamente con quasi 100 migranti a bordo, ci invita a una riflessione inquietante. Questa vicenda ha messo in luce il fallimento di una catena di comando che non ha rispettato il sacrosanto e inderogabile principio di tutela della vita umana. La vera radice della strage – aggiunge Sestito –­ affonda in decisioni politiche che hanno scelto di eludere l’importanza del salvataggio dei migranti a favore di una crudele pratica di repressione e respingimenti. Nonostante l’allerta da parte di Frontex, il mancato intervento di soccorso pone una questione di responsabilità politica inaccettabile per un Paese civile”.

9 marzo 2023. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Cutro per la riunione “straordinaria” del governo (Imagoeconomica)

Il rinvio a giudizio dei militari fa da contraltare a quel “Decreto Cutro” che approvato nell’emotività del momento non ha risolto le varie criticità delle migrazioni nel Mediterraneo, come non riescono a farlo le leggi italiane che, nonostante il passaggio di vari lustri e più governi, hanno ancora le proprie idealità nella legge “Bossi Fini” del 2002.

(Imagoeconomica, Dario Bosio)

Fra le altre cose, infatti, nonostante gli annunci governativi non si riesce a aumentare i rimpatri con l’aumento delle presenze irregolari che non possono lavorare e integrarsi, rimanendo in quell’irregolarità che troppo spesso sfocia nel loro sfruttamento. Per rendersi conto di questo, basta ragionare su qualche dato. Dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno sono stati 25.676 i migranti arrivati in Italia, ma si tratta di numeri relativi esclusivamente alla rotta del Mediterraneo, e non agli arrivi della cosiddetta “rotta balcanica”, su cui le autorità non forniscono dati. E fra i migranti, purtroppo, continua la lunga scia di morti.

Da gennaio a maggio 2024 tra persone affogate e disperse sono morti 1.056 migranti – secondo “Missing Migrants Project”, un progetto di monitoraggio dell’organizzazione internazionale per le migrazioni dell’Onu. Ecco dunque che a prescindere da come finirà il processo, “cambiare rotta” è ormai necessario. Per restituire all’Italia, patria dell’Umanesimo e madre di tantissimi migranti sparsi in tutto il mondo quella civiltà e umanità che sembra aver perduto.

Francesco Rizza, giornalista e membro dell’Anpi di Petilia Policastro (Kr)