Fumo da discoteca, musica a tutto volume, spumante, luci laser e balli di gruppo. Potrebbe essere una qualsiasi, comunissima, festa di compleanno o di matrimonio, senonché il luogo in cui si è tenuto un mega-party con tutte queste caratteristiche è stato l’antico e prestigioso Archivio di Stato di Napoli. Un enorme palazzo storico, convento edificato in epoca rinascimentale e ampliato nel Seicento, attiguo alla centralissima chiesa barocca dei Santi Severino e Sossio, divenuto in età napoleonica Archivio Generale del Regno. Il complesso, sviluppato attorno a quattro eleganti cortili porticati, ospita al suo interno, oltre a un notevole patrimonio librario con volumi dall’età medievale fino alle epoche più recenti, anche innumerevoli manufatti artistici, tra cui opere di Belisario Corenzio, protagonista dell’arte napoletana del Seicento e Antonio Solario, artista rinomato della Napoli rinascimentale.
Le immagini e i video diffusi dalla stampa e da due realtà associative come “Emergenza Cultura” e “Mi Riconosci?” che si battono per i diritti dei lavoratori del campo culturale e per una corretta fruizione dei beni culturali, mostrano come i chiostri e le sale dell’Archivio siano state utilizzate per una festa di matrimonio all’insegna di alcol, tavoli imbanditi, fumo da discoteca, musica e balli accanto agli scaffali lignei che ospitano gli antichi volumi e in sale affrescate e decorate con stucchi preziosi. Le immagini mostrano come non sia stata adottata alcuna misura di sicurezza per garantire l’incolumità delle opere contenute nell’antico palazzo. L’amministrazione di un Archivio di Stato pubblico, che ha una storia secolare e un patrimonio inestimabile e che ospitò anche Torquato Tasso tra le sue stanze, come può aver permesso e autorizzato un evento del genere? Il caso ha fatto scattare le ispezioni da parte dei funzionari incaricati dalla Direzione generale Archivi del ministero della Cultura. Prima di Natale la relazione è stata inviata al dicastero, per le opportune valutazioni.
Per quanto ci riguarda, rimaniamo sbigottiti di fronte al fatto che si possa anche solo pensare di lasciare che centinaia di invitati alla festa di matrimonio non si sa bene di chi e con quale titolo, possano aver trasgredito qualsiasi codice di condotta che normalmente viene meticolosamente richiesto ai visitatori di luoghi di cultura di questa importanza. Vedere il fumo artificiale in sale con affreschi e dipinti delicatissimi per la loro antichità, pensare alle vibrazioni provocate da musica a decine di decibel e da centinaia di persone che ballano, vedere il centro della Sala Filangeri occupata da dozzine di tavoli riccamente allestiti che hanno soppiantato le teche protettive per gli antichi volumi, i cestelli dello champagne a pochi centimetri dagli scaffali che ospitano libri secolari e constatare l’assenza di sufficiente sorveglianza, è davvero sconcertante.
È necessario chiarire tanto le responsabilità di chi ha permesso uno scempio del genere in barba a qualsiasi criterio di tutela, mettendo a rischio un patrimonio inestimabile, che novant’anni fa ha sopportato la furia delle bombe americane e deve oggi vedersi insidiato da un esercito disordinato di invitati festanti, così come i criteri che sono stati adottati per deliberare una scelta del genere, che non possono ridursi a un mero ritorno economico! (L’Archivio di Stato ha replicato al corale sconcerto ricordando che esiste un tariffario specifico per l’affitto degli spazi).
Cosa penserebbe Torquato Tasso, intento a comporre le Rime morali proprio in quegli ambienti, dell’utilizzo così becero di un simile luogo non ci è dato sapere, anche se è facile immaginarlo. Quello che però pensiamo noi di fronte alla deprimente scena svoltasi all’Archivio di Stato di Napoli è che si scambia troppo frequentemente la parola valorizzazione con sfruttamento senza scrupoli di luoghi che non possono ospitare eventi del genere. Non si possono confondere il divertimento privato, sregolato e senza controllo con il godimento pubblico e consapevole dei beni culturali.
A proposito di valorizzazione: il Codice dei Beni Culturali, bibbia dei funzionari del ministero, delle sovrintendenze, dei musei, degli archivi e di tutti gli istituti culturali pubblici, recita: La valorizzazione consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale (Art. 6, comma 1).
Ci chiediamo quale Codice dei Beni culturali abbiano sulla propria scrivania i funzionari dell’Archivio di Stato di Napoli e se ricordano che, come recita l’articolo 9 della Costituzione: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Quella stessa Repubblica Italiana di cui loro sono rappresentanti e da cui, attraverso il ministero della Cultura, derivano le loro funzioni…
Non ci resta che augurare agli sposi figli più consapevoli di loro riguardo alle bellezze della propria città e magari più coscienziosi degli attuali dirigenti dell’Archivio.
Daniele Messa
Pubblicato giovedì 9 Gennaio 2025
Stampato il 10/01/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/napoli-un-matrimonio-guinness-da-archiviare/