Maria Rosaria Boccia e Gennaro Sangiuliano, ex ministro della Cultura del governo Meloni (Imagoeconomica, via Facebook)

Per cogliere il senso dell’affaire Sangiuliano bisogna andare oltre Sangiuliano. Oltre il suo rapporto con l’influencer Maria Rosaria Boccia. Oltre il chiacchiericcio assordante che nelle passate settimane ha visto il governo liquidare la vicenda come fatto privato che non scalfirà minimamente le magnifiche sorti regressive della destra oggi al governo. Oltre la pochezza dell’uomo e i suoi pruriti. Oltre le furbizie della donna. Oltre i titoli strillati dei giornali e nei talk show. Certo, è difficile sottrarsi al copione della commedia politico-pecoreccia. Anche perché Sangiuliano si prestava. Con le sue gaffe, che poi altro non erano che crassa ignoranza.

(Pixabay, BilliTheCat)

Quindi uh/ ce ne stiamo distesi/ ah/ sopra soldi già spesi/ uh…Ho visto lei che bacia lui/ che bacia lei, che bacia me/ mon amour, amour/ Mon amour, amour, ma chi baci tu?/ Disperata e anche leggera vengo per rubarti la scena, canta con dissacrante ironia Annalisa. Al posto dei baci, o meglio insieme ai baci, metti le denunce che fioccano e sembra scritto per loro il tormentone della scorsa estate. Gennaro e Maria Rosaria. Lui ha pianto in diretta tv, giurato che non è stato speso nemmeno un euro di soldi pubblici, ha chiesto scusa alla moglie e alla premier. Lei, Boccia – indagata addirittura per minaccia a personalità politica e lesioni – ha risposto via social «spero di non dover smentire ancora. Un bugiardo recidivo non sarebbe sicuramente gradito in Parlamento».

(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

È andata avanti per giorni e giorni. La reazione di Giorgia Meloni è stata da manuale. Quella che poteva rivelarsi una rogna ha finito per trasformarsi in una ghiotta occasione per rendere inafferrabile e, quindi, ingiudicabile l’operato del governo. La premier abilmente ha messo in atto la mossa del cavallo. Mentre le opposizioni chiedevano che il ministro si presentasse in Parlamento, che fosse fatta luce sul Sangiuliano gate, che da palazzo Chigi arrivasse una parola di verità sul traffico di consulenze, promesse e poi negate, lei si faceva trovare esattamente da un’altra parte. «Noi stiamo facendo la Storia. Il gossip lo lascio ad altri». Insomma, traduzione, la politica è una cosa – e a sentire i cinegiornali Rai e Mediaset sta dando risultati lusinghieri in Italia e nel mondo – dall’altra c’è il feuilleton, il pettegolezzo.

(Pixabay, Mohammed Assan)

Il gossip è l’arma segreta della Meloni per costruire fossati attorno a palazzo Chigi. Tutte le falle che si aprono finiscono frullate in quel contenitore. Chiunque critica l’operato del governo è bollato come gossipparo. Il ruolo delle opposizioni, sacro nelle democrazie, viene così squalificato a chiacchiera malevola e svuotato di importanza. Non è un caso che la vicenda che ha visto protagonista, e “vittima”, Sangiuliano sia stata offerta alla curiosità del pubblico manco fosse un reality. Le dimissioni in diretta del ministro sono state da questo punto di vista un capolavoro.

(Pixabay)

Ho visto lei che bacia lui/ che bacia lei, che bacia me/ mon amour, amour/…  Indotti, trascinati quasi, a guardare dal buco della serratura, dove il fondale è già apparecchiato – le parole giuste, le luci giuste – finiamo per non accorgerci di quello che c’è intorno. Intorno a quella fessura illuminata, tragicamente invisibile, c’è l’appropriazione privata di diritti pubblici. C’è l’occupazione dello Stato, considerato né più né meno cosa propria.

(Imagoeconomica, Alessia Mastropietro)

Si dirà, è sempre stato così. No, quella cui sitamo assistendo non è una “semplice” vicenda di clientelismo, male eterno dell’Italia in diverse stagioni e sotto diversi governi. Oggi siamo, semmai, allo Stato patrimoniale di feudale memoria, all’identificazione tra il “patrimonio” del principe e quello dello Stato. Siamo alla revanche slabbrata e vorace di chi vuole rifarsi del tempo perduto.

Arianna Meloni (Imagoeconomica, Andrea Di Biagio)

Sangiuliano è un archètipo. Ma i Sangiuliano sono tanti. Con meno pruriti forse ma con altrettanti appetiti. Esempi? Uno proprio nell’inner circle meloniano. Arianna Meloni, che non ha ruoli istituzionali, avrebbe – sottolineiamo il condizionale – partecipato a una serie di vertici per decidere le nomine di peso nelle partecipate pubbliche, Ferrovie dello Stato e Rai in testa. A che titolo, se ha davvero presenziato a quelle riunioni, stava lì? La vicenda ha occupato i giornali per una manciata di giorni, poi è morta lì senza che il cittadino possa sapere se era una bufala o una notizia oscurata. E anche in questa occasione si è parlato di gossip di chiacchiericcio, di imboscate.

La ministra del Turismo, Daniela Santanchè (Imagoeconomica, Ermes Beltrami)

Altra falla candidata a essere derubricata come gossip i guai giudiziari di Daniela Santanchè. Quando e se dovesse essere processata e condannata cosa dirà la Meloni? Intanto, per ogni evenienza una delle società imputate, la Visibilia Editore spa, ha chiesto il patteggiamento e la ministra del Turismo, attraverso i suoi legali, vuole spostare il procedimento da Milano a Roma. Senza voler tirare in ballo il “porto delle nebbie”, poco glorioso titolo conquistato da piazzale Clodio negli anni 80 e 90 per la facilità con cui qui si insabbiavano i processi eccellenti, è certo che se la mossa romana andasse in porto il procedimento contro la responsabile del Turismo slitterebbe almeno di un anno mettendo il governo al riparo da eventuali contraccolpi. «Escludo che arrivi un rinvio a giudizio oggi, poi sono qui per parlare di politica e non c’è niente di attinente per quanto riguarda la mia attività politica e di ministro», ha detto Santanchè, all’inaugurazione della fiera del turismo di Rimini affettando ottimismo sulla vicenda giudiziaria che la riguarda. Come se una questione di evasione fiscale e truffa non fosse questione politica!

Insomma, se vogliamo cogliere la vera natura di questo governo dobbiamo riunire i due piani, gossip e politica. Fanno parte della stessa storia. Dobbiamo entrare negli sgabuzzini, nelle stanze buie, nelle alcove soffocanti, nelle masserie dove si decide chi farà cosa, dove il potere lo si può cogliere per quello che realmente è, nella sua sfrontatezza, nella sua arroganza, nella sua trivialità. Dobbiamo guardare anche tra la monnezza perché la monnezza ci dice davvero cosa mangiano gli uomini e le donne di potere di questa povera Italia sgovernata dalla destra.