Il 10 giugno 2022, in occasione del 98° del rapimento e della morte di Giacomo Matteotti, sul Lungotevere Arnaldo da Brescia è stata ricordata una fondamentale figura dell’antifascismo. La cerimonia è iniziata con un commosso ricordo che gli organizzatori – il circolo culturale “Giuseppe Saragat – Giacomo Matteotti” e la fondazione Matteotti –, tutte le autorità presenti, nazionali e locali, hanno indirizzato a Carlo Smuraglia, presidente emerito dell’Anpi, scomparso lo scorso 31 maggio, che più volte aveva presenziato alle celebrazioni in memoria del deputato socialista trucidato dai fascisti. Proponiamo di seguito l’orazione di Vincenzo Calò, componente della segreteria nazionale Anpi e responsabile area Centro e Sud in rappresentanza dell’Anpi nazionale.
Al ricordo di Matteotti oggi si unisce il ricordo di un altro combattente per la libertà recentemente scomparso, il nostro presidente emerito Carlo Smuraglia. Prima di cominciare, permettetemi di esprimervi sincera gratitudine e l’orgoglio che merita questa circostanza, perché il loro coraggio, la loro rettitudine morale, l’esempio delle loro scelte continui ad accompagnarci nel lungo cammino della piena affermazione dei principi di democrazia e antifascismo. E per ricordare Matteotti oggi, per non fare una azione di mera retorica, è necessario ricordare il giovane le cui radici culturali sono nella lotta agraria del Polesine; una zona dove nel 1882 (tre anni prima che lui nascesse), erano stati difesi i contadini durante il primo sciopero d’Italia.
Matteotti, pur provenendo da una famiglia agiata, era cresciuto con l’istinto della lotta, con la dignità del sacrificio, per diventare quel sovversivo – per dirla con “la rivoluzione liberale” – che userà parole nette contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Matteotti sapeva bene che lo schiavismo agrario dei fascisti era nato proprio in Polesine con la complicità dei fittavoli. In queste condizioni, acuite dal dopoguerra, mentre i popolari furono subito il sostegno della piccola proprietà, i socialisti (al cui partito si iscrisse a soli 14 anni) pensarono a difendere i lavoratori con le cooperative di lavoro, con l’assistenza alla manodopera.
Ricordare oggi questa figura vuol dire ricordare il politico che trasportava la discussione su un terreno concreto di capacità e di iniziativa. Il suo buon senso rivoluzionario sembrava un atto di accusa contro il sovversivismo apolitico.
E vuol dire ricordare il pacifista che il 2 maggio 1915, in un comizio sulla guerra, dialogando con la folla, parlava contro la violenza con un linguaggio da cristiano. Matteotti parlava contro la guerra, precisando che difendere la neutralità poteva essere la difesa di un errore. Matteotti previde la guerra lunga, difficile, disastrosa anche per i vincitori e per motivare le ragioni della pace affermò che bisognava riconoscersi in una fede di pace, non in un banale progetto di pace. È come se avesse posto le fondamenta per l’articolo 11 della nostra Costituzione.
La sua protesta contro la guerra si levò chiara anche quando non c’era più un pacifista che parlasse, tutti pavidi e servili per non essere presi di mira, nascosti e silenziosi, emuli dei nazionalisti; quella battaglia contro la violenza, non era disfattismo ma, appunto, un atto di fede ideale. E così ci è permesso di ricordare Matteotti – giurista, economista, amministratore – uomo pratico e Matteotti idealista, per alcuni versi utopista, comunque all’opposto dei falsi realisti. Matteotti era per la pace anche contro certe convenzioni e a rischio d’impopolarità! Quanto varrebbe da monito la sua lezione, oggi, specialmente quando rispetto alla guerra dice testualmente: “una agitazione, di popolo, non può che rivolgersi alle cause prime; imponendo l’immediata smobilitazione e il disarmo, l’abolizione di tutti i dazi e le dogane…”.
Ricordare Matteotti senza retorica vuol dire infine ricordare quel tenace antifascismo che per lui era questione fondamentale di incompatibilità etica e di istintiva antitesi. Nel ’21 al prefetto di Ferrara che lo chiamava in un momento critico della lotta agraria aveva risposto per telefono: “Qualunque colloquio tra noi è inutile. Se lei vuole conoscere le nostre intenzioni non ha bisogno di me perché ha le sue spie. E delle sue parole io non mi fido”.
Non fu mai visto cedere alle lusinghe degli uomini del potere. Pagherà con la morte! Come segretario del Partito socialista unitario aveva condotto la lotta contro il fascismo con la più ferma intransigenza. Rimane il suo volume, Un anno di dominazione fascista: un atto d’accusa completo, fatto in nome di una grande rivolta della coscienza del Paese. Non prevedeva alcuna collaborazione col fascismo per una pregiudiziale di repugnanza morale, per la necessità di dimostrare che restano quanti non si arrendono.
Come segretario del partito pensava e si adoperava al collegamento con le altre forze antifasciste, credeva nella forza di una battaglia comune, unitaria, animava le iniziative locali e le coordinava intorno a questa convinzione. Compariva dove il pericolo era più grave, talvolta in incognito, suo malgrado, per dare l’esempio, “perché la generazione che noi dobbiamo creare” ebbe a dire “è proprio questa, dei volontari della morte per ridare al proletariato la libertà perduta”.
Per tutte queste ragioni, ricordare Giacomo Matteotti vuol dire comprenderne ancora oggi l’attualità del messaggio! A nome mio personale e dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, un sincero grazie e un caro saluto a tutte e tutti!
Vincenzo Calò, componente della segreteria nazionale Anpi e responsabile area Centro e Sud
Pubblicato venerdì 10 Giugno 2022
Stampato il 25/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/matteotti-un-sovversivo-contro-la-guerra/