Bologna, Stazione centrale, comincia da lì il racconto del viaggio della memoria verso Marzabotto nell’80° della strage

Il viaggio verso Marzabotto inizia alle 7,17, in stazione Centrale, a Bologna. Ogni ora, da lì è possibile partire verso la memoria, in un pellegrinaggio laico che serve ai vivi perché là, in quei luoghi, la crudeltà della guerra ha ceduto il posto alla efferata spietatezza di carnefici senza umanità, senza pietà, che hanno trucidato inermi per la sola smania di sopraffazione. Quel sangue innocente è monito vitale, ci serve oggi per respingere ogni nazionalismo cieco, per non cadere nell’indifferenza, per far sì che dalla memoria sorga una civiltà degna di questo nome.

Questa 80ª celebrazione è un viaggio nel passato denso di emozioni, fatto anche di saluti amicali e sorrisi, di fazzoletti e vessilli al vento, di abbracci e presenza festosa di un popolo di pace che si ritrova non per rito, ma per un comune sentire. Eravamo in tanti, con i nostri fazzoletti Anpi e le bandiere di sezione, semplicemente perché sentivamo di dover essere lì, oggi, esattamente a ottanta anni dall’inizio del massacro che in 7 giorni strappò alla vita 770 civili inermi, di cui 216 bambini, 142 ultrasessantenni, 316 donne.

Il cardinale, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, Matteo Zuppi (Ifoto Quirinale)

Quei nomi, a distanza di tempo, sono ciascuno pietra di inciampo, sono le solide querce di Monte Sole che il Cardinale Zuppi ha richiamato a inizio di omelia, ricordando che ci insegnano a guardare oltre, “oltre l’odore di sangue, oltre lo scherno dei soldati tedeschi, oltre la soddisfazione dei governatori fascisti per il nemico eliminato, un nemico fatto di bambini, donne, vecchi. Mai dobbiamo smettere di chiedere giustizia – ha proseguito Zuppi – ma con un sentimento più forte della vendetta, e questo richiede inflessibilità per esigerla”. Sì, non sbaglia nell’invocare inflessibilità, per chi osa liquidare l’eccidio di Monte Sole come un fatto accidentale di guerra e per chi parla di “uccisione”, invece di ricordare come e con quali atroci torture si arrivò a trucidare quegli inermi. Il peso delle parole conta, e anche quello dei gesti, questo ci insegna la cerimonia di oggi attraverso i racconti struggenti dei superstiti, voci che fermano le lancette, capaci di riprendere il corso solo attraverso il festoso vociare dei ragazzi e dei loro insegnanti, parte attiva delle operose scuole di pace, sorte dal sacrificio dei nostri martiri laici.

Valter Cardi, presidente onoranze strage Marzabotto

La cerimonia civile che ha occupato l’intera mattinata è stata un crescendo di sollecitazioni, non solo commiato e cordoglio perenne, ma apertura verso la riconciliazione. Valter Cardi, presidente del Comitato regionale per le onoranze ai caduti di Marzabotto, ha valorizzato, in questo senso, l’importanza dei gesti, quelli che contano, come la compresenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier, perché in un momento storico in cui l’equilibrio del mondo è così delicato, avere a Marzabotto le più alte figure istituzionali vuol dire lanciare un messaggio di pace straordinario. “La pace – ha sottolineato Cardi – si costruisce con il dialogo, non con le armi ed essere in questi luoghi significa non dimenticare ma anche e soprattutto costruire un patto da opporre all’utilizzo delle armi e della guerra”. Il patto di cui parla Cardi è quello violato dagli stati europei moderni che avevano fondato le regole del vivere civile sul “Mai Più”. Un patto da ricostruire: per questo è importante dare spazio alle nuove generazioni di studenti, favorire i gemellaggi tra le scolaresche, come accade da tempo.

Valentina Cuppi, sindaco di Marzabotto, durante l’intervento per l’80° (foto Quirinale, Francesco Ammendola)

È con l’intervento di Valentina Cuppi, sindaca di Marzabotto, che la violenza di quel patto violato spalanca le porte dell’attualità: “La presenza dei due presidenti è significativa per fare memoria ma è soprattutto essenziale e potente perché continuano ad essere alimentati venti nazionalisti e sovranisti e perché neofascismo e neonazismo continuano ad essere ancora troppo presenti nelle nostre società”. Nelle parole della prima cittadina di Marzabotto abbiamo vissuto nuovamente la disumanità più feroce attuata da nazismo e fascismo, lo ha ricordato con forza e senza infingimenti: “Qui si fonda la condanna di quelle ideologie capaci di arrivare a far uccidere essere umani inermi e innocenti. La presenza dei due presidenti è un’assunzione di corresponsabilità di quella colpa che i nostri paesi, la Germania e l’Italia, condividono. Il fascismo, non ha colpe minori rispetto al nazismo e va condannato da tutti nella sua totalità”. A parere di chi scrive, parole che martellano le coscienze, risvegliando dal torpore di una visione edulcorata, mistificatoria, di quel male assoluto rispetto al quale oggi c’è chi non ha la capacità e lo spessore politico di porre le necessarie distanze.

Monumento in memoria della Strage (da memo.anpi.it)

La sindaca Cuppi, nel suo accorato e fermo intervento, ha sollecitato il nostro agire proprio perché iniziano a venir meno i testimoni diretti, e spetta a noi essere promotori di pace, partendo da quel massacro. Da quella barbarie discende il nostro impegno di combattere ogni forma di negazione delle libertà e dei diritti, di discriminazioni, di categorizzazione delle vite, come accade anche oggi. Su quei monti era stato possibile inculcare la convinzione che non ogni vita è meritevole di essere vissuta o salvata, ma anche oggi spesso vale questo principio. È significativa la visione offerta da Cuppi: “Quella strage è una lente di memoria e conoscenza, che filtra lo sguardo sul mondo e sulle scelte che si fanno, e pone l’interrogativo su come sia possibile ancora oggi non vedere organismi internazionali e Stati reagire con fermezza di fronte all’uccisione di civili, bambini in troppi teatri di guerra, quello di Gaza in primis”. Parole dirette, franche, accompagnate dallo sventolio delle numerose bandiere Anpi presenti, parole che fanno memoria e giungono con la loro concretezza fino ai giorni nostri e affermano il ripudio della guerra, consacrato nella nostra Costituzione. Oggi la comunità di Marzabotto ha invocato che i confini nazionali contino meno rispetto alla dignità delle vite e delle persone, una comunità nella quale ci siamo riconosciuti tutti come cittadini costruttori di pace.

Marzabotto, 29 settembre 2024. Il presidente Sergio Mattarella (foto Quirinale, Francesco Ammendola)

La cerimonia è proseguita su livelli altissimi di riflessione, con i due esemplari interventi dei presidenti, che è difficile sintetizzare, tanti e tali sono stati i moniti, le linee guida, le prese di posizione nette che hanno squarciato l’indifferenza che ancora si registra, sia in Italia sia in Germania. Sergio Mattarella ha ricordato a noi tutti – capo chino davanti alle vite crudelmente spezzate – che questa comunità non si è arresa di fronte alla voragine di disumana ferocia che il nazifascismo ha aperto su queste terre, ha ricordato che Italia e Germania sono state capaci di risorgere da quell’inferno, richiamando le responsabilità, ricostruendo dalle macerie materiali e morali che nazismo e fascismo ci avevano lasciato. Le responsabilità il nostro presidente della Repubblica le ha indicate senza indugio: “Il regime fascista fu complice di quella strategia di annientamento che accompagnò la volontà di dominio, il mito razziale, la sopraffazione nazionalista. Queste terre hanno conosciuto il terrorismo delle SS e dei brigatisti neri fascisti, non c’erano ragioni militari che potessero giustificare quell’eccidio, quella crudeltà, era la negazione radicale di ogni umanità”. Ha poi ricordato nel suo discorso Giuseppe Dossetti, capo partigiano, Costituente, sepolto in quel cimitero teatro del massacro dove si sosta senza trovare risposte al perché sia accaduto; eppure quel memoriale, su a Casaglia, smuove una irrisolta inquietudine: è accaduto e quindi può di nuovo accadere se dimentichiamo.

29 settembre 2024. Il presidente Sergio Mattarella e il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier a Marzabotto (foto Quirinale, Francesco Ammendola)

Il passaggio più sentito dalla piazza gremita è ancora quello che ci riporta all’oggi, ai conflitti in atto, ai luoghi della sofferenza dove – ribadisce Mattarella – “il diritto umanitario internazionale non trova applicazione, luoghi che ci richiamano bruscamente alla responsabilità di non essere né ciechi, né addormentanti, né immemori. Sbagliamo se pensiamo che il razzismo, l’antisemitismo, il nazionalismo aggressivo, la volontà di supremazia siano di un passato che non ci appartiene, quanto accade a confini della nostra Unione europea suona monito severo: i fantasmi dell’orrore non hanno lasciato la storia”. La ragione del pellegrinaggio laico in questi luoghi, definiti “fonti della nostra odierna convivenza civile e richiamo perenne alle follie degli uomini”, risiede nel fatto che Marzabotto e Monte Sole sono “pietre angolari della nostra Repubblica Italiana, sono simbolo e fondamento dell’intera Europa, prova del nostro destino comune, fondato sul primato della persona. Un’Europa dei popoli. Questo è un luogo che non separa più tedeschi e italiani, ma li unisce”.

I due presidenti insieme a Marzabotto (foto Quirinale, Francesco Ammendola)

La conclusione dell’intervento del nostro presidente trova continuità nel toccante, articolato discorso – letto interamente in italiano – dal presidente federale della Germania Frank-Walter Steinmeier. Il taccuino di chi scrive è fitto di appunti, neanche la commozione ha potuto frenare quel flusso ininterrotto di parole e applausi che davvero hanno unito il nostro popolo al suo. “Le parole in questo luogo si fanno piccole – ha detto – non bastano per descrivere quanto accadde qui a Monte Sole, così tanta crudeltà, così tanta sofferenza, così tanto dolore, così tante persone la cui vita venne annientata. La furia scatenata qui dalle truppe tedesche era più che vendicativa, erano spinti dalla volontà di sterminio, assetati di sangue, senza umanità, senza pietà. Io sono grato di questo invito, per la possibilità di percorrere anche oggi questo cammino, uniti nel dolore ma anche in profonda amicizia.

Sant’Anna di Stazzema, il monumento in memoria delle vittime della strage

È un cammino difficile venire in questo luogo dell’orrore e parlare a voi”. Ha parlato a noi, eredi delle vittime sacrificali, e l’ha fatto con umiltà e assunzione di colpa, non sua personale, ovvio, ma istituzionale, politica, e noi francamente non ci eravamo più abituati. Il presidente Steinmeier non si è fermato a Marzabotto, ha attraversato altri luoghi dell’orrore, ricordando Fivizzano, Sant’Anna di Stazzema, le Fosse Ardeatine, Civitella… “in tutte queste località le truppe naziste perpetrarono massacri, odio e fanatismo hanno segnato questi luoghi ancora sconosciuti in Germania, ed anche per questo io sono qui, oggi, e provo solo dolore e vergogna; mi inchino dinnanzi ai morti e a nome del mio Paese vi chiedo perdono”.

(foto Quirinale, Francesco Ammendola)

Quanta forza in queste parole, quanto spessore politico e umano, quanta consapevolezza di ciò che è stato e non deve accadere più. È straordinaria l’efficacia del suo intervento perché ha parlato di “diritto alla memoria”, e lo ha fatto come ospite di uno Stato in cui si discute ancora dell’asserita divisività del 25 Aprile. Sentire condanne così ferme dall’erede simbolico di quei carnefici ha acceso una speranza, sia perché non ha taciuto le responsabilità dei mandanti e degli esecutori sia perché ha svelato la seconda grande colpa che macchia le nostre coscienze: la maggior parte di quei crimini è rimasta impunita. Ci ha incitati a ricordare, per un senso del dovere nei confronti delle vittime, dei discendenti, dei familiari e per dare senso alla nostra sopravvivenza.

È significativo che un presidente tedesco dica che “la responsabilità non può essere archiviata” e che questo bisogna rammentarlo “molto consapevolmente perché viviamo un momento in cui anche nel mio Paese assistiamo a una recrudescenza di forze nazionaliste e di estrema destra”. Sono parole che non possono essere parafrasate, devono essere riportate nella loro interezza, nell’autenticità di ciò che rappresentano. L’intervento di Steinmeier ha smosso le coscienze e ogni passaggio si è fortificato nel conclusivo imperativo morale che deve guidarci ora e per sempre in futuro, monito e missione: “Vi prometto che farò di tutto perché noi tedeschi onoriamo questa responsabilità e il dono della riconciliazione, e per questo lotterò ogni singolo giorno”. Una lotta che ci vede schierati in prima linea pronti a credere in un mondo migliore e a lavorare ogni giorno insieme per la sua realizzazione, per noi e per gli inermi di quell’eccidio. Oggi, più di ieri, siamo tutti comunità di Marzabotto.

Hilde Petrocelli, articolo tratto da “Resistenza e nuove Resistenze”, periodico dell’Anpi provinciale di Bologna