Alba Bonetti, presidente di Amnesty Italia, interviene sul palco della Festa Anpi a Milano

Stiamo attraversando anni terribili per i diritti umani in tutto il mondo. Questo significa anni terribili per milioni di persone perché il rispetto dei diritti umani è il fondamento e la premessa di una vita libera, sicura e dignitosa. Amnesty International ha lanciato l’allarme: l’escalation dei conflitti e il totale disprezzo del diritto internazionale stanno provocando orribili conseguenze in Medio Oriente, Sudan, Afghanistan, Myanmar, Messico, Colombia e in molti altri paesi.

La famosa foto di Eleanor Roosevelt che mostra la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948

È un mondo in cui non ritroviamo i valori fondanti dell’umanità sanciti con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: gli stati che l’hanno sottoscritta nel 1948 sono i primi a indebolire le istituzioni fondate per difenderli.

Il percorso verso la Pace passa dal rispetto del diritto umanitario internazionale, lo ius in bello, vale a dire l’insieme di regole che disciplinano la condotta delle ostilità e, soprattutto, tutelano i civili in base ai principi di distinzione e proporzionalità. Appare molto difficile fermare le guerre, ma Amnesty International ritiene che, anche in quei contesti, si debba per prima cosa fare tutto il possibile per tutelare i diritti umani fondamentali e arginare le sofferenze dei civili.

Gaza, 2024

A fronte delle ripetute violazioni, da più parti si sente intonare il De Profundis per il diritto internazionale, ma in un mondo in cui sono in corso una sessantina di guerre i diritti vanno più che mai difesi. Non archiviati come articoli fuori moda. Le violazioni del diritto internazionale umanitario non solo mettono a repentaglio l’incolumità dei civili in tempo di guerra, ma prolungano le loro sofferenze in tempo di pace: la distruzione di case, scuole e ospedali, la mancata o insufficiente fornitura di alimenti e farmaci pregiudica le condizioni di chi riesce a sopravvivere.

Partigiane Friuli orientale (Archivio fotografico Anpi nazionale)

E quando una guerra è finita, da dove si comincia per costruire la pace?

Rimane pur sempre vero che non c’è pace senza giustizia. E per garantire la giustizia è necessario combattere l’impunità di chi si è macchiato di crimini particolarmente gravi, quali i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Per questo Amnesty International continua a raccogliere e a documentare le violazioni e i crimini commessi a danno dei civili che saranno a disposizione delle autorità che si occuperanno di costruire la pace fondata sulla verità e la giustizia.

Tavagnacco, “Interpretazione della vita del partigiano Aldo Bernardino, dalla Resistenza alla ricostruzione industriale in Friuli”; olio su tela, cm. 130×230, 1986

Un mese fa esatto, ero a Tolmezzo per le celebrazioni organizzate dall’Anpi di Udine per l’80° anniversario della Liberazione della Carnia. Nel luglio 1944 i partigiani instaurarono la Zona Libera e, tra i primi atti, decisero di abolire la pena di morte e di estendere il voto alle donne.

Partigiani friulani a Udine nel 1945 (Archivio fotografico Anpi nazionale)

È un episodio di grande significato: non avevano da mangiare, sopravvivevano in condizioni di totale precarietà e ben presto scoprirono che la libertà conquistata così a fatica sarebbe durata poco perché a fine agosto i nazisti mandarono i cosacchi a occupare il Friuli “ribelle”. Eppure, quei partigiani, che immagino poco più che ventenni, ci insegnano ancora oggi una profonda lezione: pur rischiando la vita tutti i giorni mentre facevano la guerra al nazifascismo, dedicavano tempo ed energie a costruire la pace. Con sguardo lungimirante, gettarono le basi per la nuova convivenza civile a cui anelavano a guerra finita.

Alba Bonetti

Questo episodio mostra, ancora una volta, che i diritti umani sono essenziali per la sopravvivenza quanto e più della sicurezza materiale. Per quanto il percorso di affermazione dei diritti umani non sia né lineare, né progressivo, incontri ostacoli e regressioni, è nondimeno inarrestabile: in tutto il mondo, milioni di persone continuano ancora a battersi e sono disposte a rischiare la libertà e anche la vita nella lotta contro l’oppressione e la discriminazione.

Per il semplice e fondamentale motivo che non possiamo immaginare un mondo, non possiamo immaginare un futuro senza giustizia e senza libertà.

Alba Bonetti, Presidente Amnesty International Italia