Quasi 800 persone inermi uccise in oltre 100 episodi, nell’arco di nemmeno una settimana. Una sequenza di eccidi che conosciamo come Massacro di Monte Sole o Strage di Marzabotto e che ricordiamo grazie alla testimonianza di storie e luoghi. Storie e luoghi di rovina che sono divenuti memoria e monumenti.
Quello spicchio montuoso sopra il paese di Marzabotto, chiuso fra la valle del Reno e quella del Setta, era, nell’autunno 1944, di grande importanza strategica per l’esercito occupante nazista.
A sud era a ridosso della linea del fronte, quella Linea Gotica così vicina che dalla vetta di Monte Sole con un buon binocolo si potevano discernerne i dettagli, mentre a nord si allunga e si assottiglia fin quasi a toccare Bologna. E con Bologna la pianura, le grandi vie di comunicazione: indispensabili sia ai rifornimenti che all’eventualità, sempre più probabile, di una ritirata ordinata oppure assolutamente vitali come direzioni di una fuga precipitosa.
“Mettere in sicurezza” quell’area era sinonimo, come avvenuto un paio di mesi prima a Sant’Anna di Stazzema, di eliminazione generale e indiscriminata di ogni essere umano. Certamente si vuole interrompere la serie di attacchi che i partigiani sferravano da mesi, l’obiettivo è però molto più ampio: devastare e spopolare tutta l’area.
Lo schema è salire da più direttrici, uccidere tutti, bruciare tutto. Necessitano truppe addestrate appositamente, veterani della contro-guerriglia con molta esperienza accumulata negli anni precedenti sul fronte orientale e qualcuno che conosca bene i luoghi e la lingua. Per quest’ultima occorrenza ci furono numerosi fascisti locali che, indossate divise tedesche, guidarono podere per podere le truppe tedesche e parteciparono attivamente alle uccisioni.
Sono oltre 30 i monumenti e le zone memoriali che punteggiano l’area di Monte Sole.
Cominciamo col dire che quel “mettere in sicurezza” era certamente una necessità di guerra. Ma il metodo — cioè il massacro degli inermi — ha motivazioni ideologiche precise. Ce lo ricorda il piccolo cimitero monumentale di Casaglia. La lapide affissa lì lo chiarisce fin dal primo rigo.
Hitler disse: “dobbiamo essere crudeli, dobbiamo esserlo con tranquilla coscienza, dobbiamo distruggere tecnicamente, scientificamente”.
In quel cimiterino furono piazzate mitragliatrici, sparavano basso per prendere anche i bambini. Tirarono bombe a mano perché l’esperienza aveva insegnato a quei soldati che chi sta nelle ultime file può essere protetto dai corpi di quelli delle prime. Tecnicamente, scientificamente.
Quei primi 115 morti a Casaglia venivano dalla chiesa, che è lì a due passi. Don Ubaldo Marchioni non aveva voluto lasciar sola la giovane Vittoria Nanni, paralitica, e venne ucciso con lei.
La piccola lapide dedicata a Vittoria venne messa lì, in alto sul muro che dà sulla strada, dal fratello Pietro. Pietro scamperà per caso all’eccidio di Ca’ di Beguzzi, sei giorni dopo, dove invece periranno il padre e lo zio. Sarà proprio lui a seppellirli nella vecchia carbonaia dove adesso c’è il monumento che li ricorda, i pochi resti 17 anni dopo verranno traslati nel Sacrario dei Martiri di Marzabotto.
Dall’altra valle, quella del Reno, le truppe salirono da Salvaro, passarono dalla Creda lasciando rovine fumanti e una scia ininterrotta di sangue.
Una realtà rurale fatta di pochi borghi non più grandi di una decina di case e molti poderi sparsi. I luoghi attorno a cui le comunità spesso si ritrovavano erano le chiese, oltre a quella di Casaglia c’erano la chiesa di San Martino e l’oratorio di Cerpiano. Non è un caso se i sacerdoti uccisi negli eccidi di Monte Sole sono numerosi. Don Marchioni a Casaglia non volle lasciar sola Vittoria, don Giovanni Fornasini a San Martino sfidò più volte gli occupanti e venne ucciso per dar sepoltura ai morti, padre Martino Cappelli e don Elia Comini non vollero abbandonare i prigionieri alla Botte di Pioppe, suor Maria Fiori — detta suor Ciclamino — uccisa con la sua famiglia a San Giovanni di Sotto. All’oratorio di Cerpiano sopravvive alla mitraglia e alle bombe l’orsolina Antonietta Benni, che gestiva l’asilo che dal fondovalle era stato spostato lì.
Sulla vetta di Monte Sole nel 1953 venne eretto il monumento che ricorda i partigiani della Stella Rossa. Una brigata che, a dispetto del nome, non aveva una identità politica netta e che invece era aggregata soprattutto da fattori locali: i partigiani erano in gran parte originari di quella zona e anche per quello ricevevano un generale appoggio dalla popolazione. Mario Musolesi — il comandante Lupo — con i fratelli, le sorelle e tutta la famiglia era stato fin dal primo momento il perno della brigata. Naturalmente si trattava di un gruppo militarmente di gran lunga inferiore alle truppe tedesche e della Repubblica Sociale stanziate nella zona, sia per numero che per quantità e qualità degli armamenti. Però l’attività continua di pressione, i sabotaggi e alcuni scontri diretti avevano fortemente minato la sicurezza delle comunicazioni e dei trasporti.
Resta il fatto che le truppe che realizzarono il Massacro di Monte Sole non cercavano loro, l’obiettivo non era eradicare la Resistenza ma lo sterminio, del resto fra le primissime vittime in ordine cronologico vi sono due donne con i propri bambini che scendevano a valle di mattina presto e che incrociarono per caso le avanguardie tedesche: tutti e dieci immediatamente eliminati. Una lapide fuori dal Sacrario dimostra seccamente questo fatto: dei 770 Caduti, gli uomini in grado di rappresentare un pericolo non costituiscono neppure un quarto del totale. Nelle parole del presidente federale tedesco Steinmeier, del 29 settembre 2024 a Marzabotto: fu bestiale la furia scatenata qui dalle truppe tedesche appartenenti alla 16a Divisione corazzata granatieri delle SS “Reichsführer-SS“. Con l’appoggio della Wehrmacht volevano vendicarsi per la Resistenza dei partigiani della Stella Rossa. Ma volevano molto di più della vendetta. Erano spinti dalla volontà di sterminio.
Tutte quelle memorie di pietra, che fanno del Parco di Monte Sole un museo a cielo aperto, possono essere consultate su MEMO. Potete sfogliare le foto, leggere le trascrizioni, consultare i link verso gli approfondimenti storici. Qui una lista delle principali:
- Sacrario dei Martiri di Marzabotto
- Monumento ai Martiri di Marzabotto
- Murale di Pioppe
- Monumento ai Martiri della Creda
- Rovine di San Martino
- Percorso per don Fornasini
- L’angelo in bicicletta
- Monumento per il massacro di Monte Sole
- Rovine di Caprara di Sopra
- Murale per la Stella Rossa
- Monumento alla Stella Rossa e ai caduti di Monte Sole
- Rovine della chiesa di Casaglia
- Cimitero di Casaglia
- Rovine dell’oratorio di Cerpiano
- Monumento agli uccisi di Ca’ di Beguzzi
La memoria è importante, nel 2023 e nel 2024 il governo ha disertato le ricorrenze di Sant’Anna di Stazzema. Sarà un caso?
MEMO è un progetto collaborativo di ANPI Nazionale, aperto a tutte e a tutti. Chiunque può contribuire alla sua realizzazione.
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Pubblicato mercoledì 23 Ottobre 2024
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/le-memorie-di-pietra-del-massacro-di-monte-sole/