Michele Carbone, direttore della Dia

“La lotta alle mafie registra un aumento cospicuo di sequestri di armi anche da guerra. E questo riguarda tutte le organizzazioni criminali». Parola del direttore della Direzione Investigativa Antimafia, Michele Carbone, che ha presentato, per il ministero dell’Interno, in conferenza stampa la relazione semestrale della Dia relativa al primo semestre 2023. Le armi da guerra circolano più che mai qui in Italia e nel resto del mondo. È questa l’inquietante novità. E dire che Zelensky pochi giorni fa aveva percorso 2.500 km per raggiungere Savelletri (Fasano), in provincia di Brindisi, e reiterare la sua ormai perenne richiesta di armi davanti ai “Grandi della terra”.

Dal G7 ha portato a casa il risultato: otterrà gli interessi sui 50 miliardi degli asset russi. Però neanche una parola in quel summit su un impegno per il negoziato. Ma questo è un altro discorso.

Nella relazione della Dia molte informazioni sul dilagante mercato delle armi da guerra anche nel nostro Paese

“Il sequestro delle armi è un dato comune a tutti i Paesi della Ue, non solo del territorio italiano ­– ha aggiunto Carbone –,­ anche se ci sono difficoltà investigative a collegare la provenienza delle armi. Emblematica è l’inchiesta svolta in Calabria dove è stato accertato che un gruppo di ’ndrangheta aveva offerto a criminali brasiliani un container di armi, approvvigionato da pakistani, in cambio di spedizione di cocaina verso il porto di Reggio Calabria”. Quasi un baratto, in cui compaiono per la prima volta armi da guerra.

I vecchi pizzini vanno in soffitta. Ora le organizzazioni criminali usano sempre di più intelligenza artificiale e crittografia

Ci sono altre new entry nella condotta delle organizzazioni criminali che non possono non adeguarsi ai tempi e non usufruire dell’intelligenza artificiale. Così i nuovi mafiosi hanno archiviato da tempo i foglietti scritti mano dai boss, i pizzini. Ora utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, la messaggistica istantanea e i social. “Dagli esiti delle indagini concluse nel semestre emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, al livello transnazionale, continui comunque ad essere il traffico di sostanze stupefacenti, a volte gestito mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web soprattutto nella fase dello smercio, dicono dalla Dia. “Questo aspetto di “internazionalizzazione” si manifesta a tutti i livelli, anche nell’attività di cessione al minuto, in qualche caso demandata a manovalanza straniera per compiti meramente ‘esecutivi’”.

(Imagoeconomica)

Ci sono poi anche conferme di un modus operandi delle varie mafie che si sono adattate negli anni al contesto socio-economico con “una vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, implementando le capacità relazionali e sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive”. “I gruppi criminali, inoltre, dimostrano una spiccata sensibilità nel cogliere talune indicazioni provenienti dal territorio, segnali che essi riscontrano e soddisfano dimostrando, sebbene in modo distorto e funzionale solo ai propri interessi, empatia e prossimità verso la comunità di cui fanno parte. In questo contesto, con il liberarsi dal modello di una mafia di vecchia generazione, aderendo piuttosto alla nuova ed accattivante immagine imprenditoriale”.

Il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo (Imagoeconomica, Andrea Panegrossi)

Il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, in occasione dell’audizione del 21 giugno 2023 davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere, aveva dichiarato: “Molti pensano che le mafie siano espressione di un tessuto economico debole e arretrato, una sorta di riflesso della povertà di quelle realtà. La realtà dimostra invece che le organizzazioni criminali sono espressione e strumento di accumulazione della ricchezza economica e di raffinati processi di espansione speculativa. Lo dimostrano, da un lato, le numerose indagini di contrasto condotte nell’ambito dell’accaparramento da parte dei sodalizi mafiosi di appalti e servizi pubblici e, dall’altro, gli omicidi commessi in contesti di mafia, soprattutto nel territorio campano e pugliese”.

(Imagoeconomica, Saverio De Giglio)

Il metodo per raggiungere questi scopi è sempre l’intimidazione nei confronti dei pubblici amministratori. Intimidazioni non sempre necessarie se gli amministratori sono conniventi. Indagini in tutta Italia forniscono numerosi esempi. “Significativi anche i segnali dell’inserimento delle consorterie nella gestione degli enti pubblici che altera il buon andamento della Pubblica Amministrazione”, scrivono ancora dalla Dia. “Al riguardo, non sono mancati, sebbene limitati a precise aree del meridione, anche nel semestre in rassegna, i provvedimenti di scioglimento per infiltrazione mafiosa di 3 Amministrazioni comunali in Sicilia, 2 in Calabria e 1 in Puglia, a dimostrazione di come sia ancora il contesto territoriale del meridione a essere maggiormente permeabile”.

Sequestro di banconote e droghe sintetiche (Imagoeconomica, Lanutti)

La lunghissima relazione della Dia (centinaia di pagine) affronta le evoluzioni delle mafie italiane. Ed emerge che la mafia non è ormai da tempo roba del Sud Italia. Qualche breve esempio tratto dalla relazione della Dia. In Calabria ha sempre la sua base logistica la ’ndrangheta che ha oggi traffici di droga anche con la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana. A questi Paesi si aggiunge di recente anche la Libia. Rapporti dimostrati anche con Stati Uniti e il Canada. “Nel Nord, ma anche nel Centro Italia, la ‘ndrangheta cerca di insinuarsi sempre più nel mondo dell’economia e della finanza. Le numerose segnalazioni di operazioni sospette sono il riflesso di una modalità operativa che punta a riciclare e reimpiegare rilevanti quantità di denaro nelle aree più produttive del Paese”. Cosa Nostra in Sicilia ha sempre occhi puntati sugli affari e sugli appalti, anche se continua a essere alla ricerca di una leadership.

La Campania, in particolare Napoli e Caserta, rimane il territorio a più alta e qualificata densità mafiosa con la camorra. “I più recenti esiti investigativi hanno evidenziato un crescente e diffuso interesse per le attività illecite ad alto profitto e con ridotto rischio giudiziario. Lo spaccio di droga, le estorsioni e l’usura permangono tuttavia i settori criminali maggiormente diffusi e più remunerativi per i gruppi camorristici”. Grande la disponibilità di armi, anche da guerra. In Puglia la Camorra barese è contraddistinta da una pluralità di clan che, come nel modello camorristico napoletano, operano in completa autonomia. La Sacra corona unita affonda le sue radici tra le province di Lecce, Brindisi e Taranto. “L’attuale operatività dell’organizzazione si basa su modalità consolidate di controllo del territorio e di accumulazione di risorse economiche, principalmente mediante il mercato degli stupefacenti e il perdurante, ancorché sommerso, fenomeno delle estorsioni.”

Roma, blitz della polizia a Villa Casamonica (Imagoeconomica, Carlo Lanutti)

Lazio. “Fra i gruppi criminali autoctoni che hanno acquisito nel corso degli anni maggiore autonomia, influenza e spessore criminale nel panorama laziale, e romano in particolare, emerge sicuramente il noto clan Casamonica, la cui presenza risale probabilmente agli anni 60 e, allo stato attuale, ormai radicata nelle aree inserite nel quadrante sud-est di Roma, che si estendono sino ai comuni dei Castelli romani e, per il tramite della parentela con gli Spada, anche a Ostia.

La ‘ndrangheta in Emilia Romagna

In Emilia Romagna, gli esiti delle attività di indagine hanno confermato la propensione delle organizzazioni mafiose ad infiltrarsi nell’economia legale e nella Pubblica Amministrazione. Nella regione sono presenti organizzazioni criminali di origine calabrese, campana e siciliana fino a quelle composte da soggetti stranieri. Friuli Venezia Giulia. Il florido tessuto economico della regione è da sempre esposto all’interesse delle consorterie criminali che, avendo a disposizione ingenti capitali da reinvestire, vedono nelle aree a maggior vocazione imprenditoriale un punto d’approdo per una azione silente di infiltrazione nell’economia legale. Liguria. Nella regione la mafia calabrese risulta strutturata. Lì insediate le cosche calabresi. Ma non mancano Cosa nostra e la Camorra.

Dalla relazione semestrale della Dia

Lombardia. Diffuso il traffico di stupefacenti. È affiorata la presenza, in posizioni di vertice, di alcune figure contigue a organizzazioni mafiose calabresi e campane attive nelle rispettive regioni di origine. Si conferma nel comparto del narcotraffico il ricorso a canali di comunicazione a elevata tecnologia nel tentativo di eludere l’azione di contrasto. Dark web e piattaforme di comunicazione cryptografate sono i nuovi strumenti in rapida diffusione tra narcotrafficanti e pusher per sottrarsi alle intercettazioni da parte degli investigatori.

Fanale dei porto di Livorno

Toscana. Nella regione si conferma la presenza e l’operatività di elementi contigui a organizzazioni criminali di tipo mafioso. Le attività di matrice camorristica si concentrano prevalentemente nei settori delle estorsioni, nella gestione del traffico e smaltimento illecito di rifiuti, in quello del traffico di stupefacenti fino a quello del riciclaggio. Il porto di Livorno si conferma, ormai da anni, un importante hub a cui la criminalità albanese riserva estremo interesse per l’ingresso in Italia di rilevanti carichi di cocaina ed eroina.

(Imagoeconomica)

Trentino Alto Adige. La posizione geografica strategica, unitamente a un tessuto economico vivace e aperto a investimenti, rendono la regione particolarmente sensibile ai tentativi di aggressione da parte di formazioni criminali come ‘ndrangheta e camorra. Umbria. Il territorio, caratterizzato da un fiorente tessuto economico-produttivo non evidenzia forme di radicamento stabile di strutture criminali di tipo mafioso, tuttavia, pregresse attività d’indagine hanno acclarato l’esistenza di proiezioni di ‘ndrangheta e camorra, infiltrate nel tessuto imprenditoriale locale ed attente a cogliere eventuali opportunità economico-finanziarie con il fine di riciclare capitali illeciti.

La ‘ndrangheta ha esteso i suoi traffici criminali anche in Valle d’Aosta

Veneto. Il territorio del Veneto è caratterizzato da un consolidato sistema economico e produttivo in continua crescita, in grado di attrarre investimenti sia statali che privati, destinati a potenziare ulteriormente la dotazione infrastrutturale e logistica della regione. Tale vivacità economica attira fortemente gli interessi delle organizzazioni criminali che trovano nella poliedricità del mondo produttivo del Veneto una buona fonte di redditualità, in un contesto che agevola, per una pluralità di fattori, il “mimetismo” delinquenziale. È soprattutto la ‘ndrangheta a essere riuscita, nel tempo, ad accrescere i suoi interessi illeciti nella regione creando anche delle forme stanziali, proiezioni delle cosche calabresi. In Valle d’Aosta negli ultimi anni sono state concluse diverse inchieste che hanno evidenziato la presenza di dinamiche criminali mafiose direttamente riconducibili a contesti ‘ndranghetisti. Ovunque il podio criminale se lo aggiudica la ‘ndrangheta e non solo in Italia.

(Imagoeconomica. Foto di Carlo Carino by Ai Mid)

Fuori dalla relazione della Dia, un dato di fatto verificato da decenni: a parte casi conclamati come, per esempio, quello degli Spada a Ostia (non è l’unico), mafiosi e fascisti si incontrano anche come modus operandi. I gruppi neofascisti, neonazisti, razzisti, utilizzano le piattaforme virtuali per una propaganda terrificante, anche utilizzando, come specchietto per le allodole, denominazioni che appaiono innocue per comunicare tra loro e soprattutto per reclutare nuovi adepti tra i giovanissimi.

Nando Dalla Chiesa (Imagoeconomica, Andrea Di Biagio)

Come spiegava Nando Dalla Chiesa: “Si incontrano nella pratica perché hanno un denominatore culturale comune che finisce per favorire le celebri convergenze. Sia l’uno sia l’altra non amano affatto la democrazia, che considerano una specie di guscio formale da svuotare e da prendere in ostaggio attraverso l’uso, anche solo minacciato, della forza, e prima ancora della corruzione. Mafia e fascismo pensano e praticano un mondo maschilista, in cui la donna sia sottomessa all’uomo, anche quando nel caso del fascismo l’esigenza di non perdere consensi elettorali porti a esibire donne in ruoli di potere. Per non parlare dei diritti umani e civili fondamentali, regolarmente violati appena il quadro politico-giuridico lo consenta. Non è senza significato che nel mondo troviamo così spesso alleanze sanguinarie tra estrema destra fascista e clan mafiosi, che incontriamo l’uno e l’altra insieme nella repressione dei moti di liberazione, contro i movimenti comunisti e socialisti, contro i sindacati, contro gli indigeni. Fascismo e mafia sono fenomeni diversi, ma si direbbe, a volte, che si assomiglino. Quasi due sosia”.

Giancarlo Caselli (Imagoeconomica, Canio Romaniello)

Ribadiva già tempo fa Giancarlo Caselli: “Hanno significativi punti di contatto. A cominciare dalla “cultura” (se è concesso usare questa parola) che le anima e le muove. Il mafioso e l’eversore fascista vivono per praticare sistematicamente un metodo di violenza, prepotenza, intimidazione e assoggettamento capace di condizionare momenti significativi della vita politico-economica del Paese. In questo modo l’uno e l’altro si mettono sotto le scarpe tutti i valori della Costituzione e si pongono fuori della sua area, in quanto negatori assoluti e al tempo stesso nemici esiziali dei principi di libertà e uguaglianza sanciti nell’articolo 3 della Carta”.

Aggiungendo: “Anche sul piano psicologico mafiosi ed eversori fascisti si assomigliano: sono infatti convinti, con sfumature diverse, di appartenere a una razza speciale, nella quale rientrano soltanto coloro che sono davvero uomini. Tutti gli altri sono esseri disumanizzati, non persone ma oggetti da assoggettare. Non deve quindi stupire se alcuni momenti della nostra storia li vedono insieme, uniti nell’elaborare e a praticare piani criminali. In sintesi, vi è tutta una sequenza di elementi (‘culturali’, psicologici e storici) che si esaltano e si danno forza a vicenda e che alla fine potremmo racchiudere nella frase: non possiamo permetterci il lusso – mai – di escludere o sottovalutare la possibilità di contiguità o collusioni fra eversione fascista e organizzazioni criminali mafiose. Ne va della qualità stessa della nostra democrazia”.