Episodi di razzismo e aggressioni a sfondo xenofobo continuano ad aggiungersi alle decine di violenze che le persone di colore subiscono in Italia. Italiani o stranieri poco importa. Le notizie riportate nelle ultime settimane dai mezzi di informazione – poco prima della crisi di governo – riguardano migranti presi a sassate mentre andavano a lavoro nei campi della provincia di Foggia. Si tratta di più vicende nel corso delle quali un uomo ha riportato un trauma cranico e altri sono stati feriti. Non solo. Anche chi vuole prestare soccorso a queste persone diventa oggetto di insulti e minacce. È successo a Milano. Una donna è stata insultata e minacciata da uomini e donne italiani che hanno anche inveito contro barconi e stranieri. Voleva solo aiutare un ragazzo ecuadoriano visibilmente in difficoltà, sdraiato a faccia in giù.
Ancora più elevati sono i picchi di disumanità raggiunti online. “Buon appetito pesci” o “se non partono non muoiono” sono solo alcuni dei commenti che la rete ha accolto con consenso rispetto al naufragio del 25 luglio di 150 migranti a poche miglia dalle coste libiche. Il peggior naufragio registrato dal 2017. «I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere veramente pericolosi; sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e a obbedire senza discutere», scriveva Primo Levi in Se questo è un uomo.
Un processo di promozione dell’insulto da bar fomentato dal razzismo normativo e istituzionale anche del Decreto sicurezza bis – in vigore dal 15 giugno – che criminalizza le organizzazioni della società civile impegnate nelle attività di ricerca e salvataggio dei migranti in mare e per cui le Nazioni Unite hanno espresso “forte preoccupazione”. Per questo, l’Alto Commissariato dell’Onu per i diritti umani ha condannato il ministro dell’Interno Matteo Salvini per la violazione dei diritti fondamentali dei migranti e delle norme internazionali sui salvataggi in mare. Infine, non per ordine di importanza, mentre si contano i morti dell’ennesimo naufragio a largo della Libia, il ministro Salvini in accordo con i colleghi alle Infrastrutture, Toninelli, e alla Difesa, Trenta, firma il divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane per la nave Eleonore della ong Lifeline, che il 26 agosto ha soccorso 100 migranti su un gommone in avaria al largo di al-Khoms, in acque libiche.
«La paura dei barbari è ciò che rischia di renderci barbari – scriveva il filosofo e antropologo Tzvetan Todorov (La paura dei barbari. Oltre lo scontro delle civiltà, Garzanti 2009) –. E il male che ci faremo sarà maggiore di quello che temevamo di subire. La storia insegna: il rimedio può essere peggiore del male. I totalitarismi si sono presentati come un mezzo per guarire la società borghese dai suoi vizi, eppure hanno dato vita a un mondo più pericoloso di quello che combattevano».
In questo quadro, la cultura ha un ruolo. Enorme. Non solo nelle prese di posizioni di artisti, intellettuali, filosofi, personaggi dello spettacolo, scrittori e giornalisti che sempre più si espongono allarmati dal clima di crescente intolleranza xenofoba, ma anche in una parte della società civile che dal basso solidarizza e crea percorsi di accoglienza e processi di integrazione. E lo fa con arte, creatività e bellezza.
Un esempio arriva da Roma con le Passeggiate Sonore delle Guide Invisibili. Ragazzi migranti diventati invisibili a causa del cosiddetto decreto Salvini che ha abrogato il permesso di soggiorno umanitario e che ha visto la cancellazione di queste persone dai registri comunali di residenza, con la conseguente perdita dei diritti previsti dalla Costituzione, come quello all’assistenza medica. E invisibili anche perché di queste guide si sente solo la loro voce.
«Ierelombaria! Sono Alì dalla Costa d’Avorio, parlo dioula e nella mia lingua uno ierelombaria è qualcuno che non si conosce e che non si sa chi è. Alza gli occhi e guarda il muro. Vedi quella scritta in latino che io non riesco a pronunciare? È la favola “La cornacchia superba e il pavone”. La conosci?». Cuffie alle orecchie e giovani, anziani, donne e uomini seguono le voci degli insoliti ciceroni che li conducono nei vicoli del centro della Capitale, arricchendo la narrazione di riferimenti culturali e politici dei loro paesi di provenienza. Così piazza di Spagna diventa un luogo di riflessione sulla visione del turismo che si ha in Europa rispetto a quella del Sud del mondo, Fontana di Trevi un momento di confronto sul ruolo dell’acqua nelle diverse società e l’iconografia femminile degli affreschi della galleria Sciarra si fa racconto del ruolo politico delle donne nelle manifestazioni contro le dittature africane. Un viaggio in città che si alterna al viaggio virtuale nei Paesi di origine delle Guide Invisibili. Di sottofondo le musiche dei percussionisti realizzate ad hoc.
Costa d’Avorio, Nigeria e Mali sono alcune delle nazionalità presenti all’interno del gruppo. Dal 2016, a cadenza settimanale, nella sede dell’associazione Laboratorio53 si tiene un percorso radiofonico dove i partecipanti lavorano insieme ai tutor ad una mappatura partecipata e narrativa di alcuni quartieri di Roma. Interviste, narrazioni autobiografiche, ricette di cucina e fiction radiofoniche realizzate dai ragazzi sono poi fuse, dando vita alle Passeggiate Sonore che intendono così dare centralità ai vissuti dei nuovi cittadini, potenziando la loro voce e trasformandoli in soggetti attivi d’informazione. «L’idea è di raccontare il migrante in maniera diversa rispetto all’immagine stereotipata. È una storia individuale che è anche una storia collettiva, quella della migrazione. Questi percorsi dovrebbero far capire che dietro la targhetta “migranti” ci sono singole storie, diverse le une dalle altre. Facciamo avvicinare le persone attraverso la condivisione di emozioni e di storie. È il dono magico dell’empatia» spiega Marco Stefanelli, uno dei formatori di Laboratorio53.
Alla fine dell’itinerario nel centro romano, l’ascoltatore-viaggiatore incontra gli autori. Domande, curiosità, riflessioni. «Sono molto grato all’Italia», dice Alì, 25 anni, una delle voci del percorso. «Qui ho la possibilità di costruirmi una nuova vita, ma diventa davvero difficile per il clima razzista che si respira».
E infatti l’indice di inclusione MIPEX – prodotto da un consorzio di organizzazioni guidate dal British Council e dal Migration Policy Group e che mette a sistema i vari indicatori di inclusione dello straniero (lavoro, salute, scuola e politiche sociali) nei 28 Stati membri dell’Unione europea – evidenzia la mediocrità dell’Italia in fatto di politiche d’accoglienza: se la buona performance del sistema ospedaliero e in materia di riunificazione familiare alza il punteggio, il nostro Paese si dimostra particolarmente ostile riguardo alle politiche dell’educazione, strumento fondamentale per l’inclusione. Inclusione vuol dire coinvolgimento nel circuito istituzionale e nelle comunità locali, rafforzando le interazioni interculturali, interpersonali e, di conseguenza, il tessuto sociale.
«L’intercultura riconosce l’importanza del ruolo della cultura per costruire delle comunità coese, facilitare l’accesso ai diritti e offrire nuove opportunità. Pone l’accento sulla necessità di permettere a ogni cultura di sopravvivere e di fiorire, ma sottolinea al contempo il diritto di tutte le culture di fornire il loro contributo al paesaggio culturale della società nella quale si trovano a coesistere». Così il Consiglio d’Europa definisce l’intercultura. La sfida è questa.
Il laboratorio radiofonico è stato finanziato dalla fondazione Alta Mane e Intersos-UNHCR. Fino a settembre le Passeggiate Sonore saranno all’interno del programma Estate romana del Comune di Roma.
Mariangela Di Marco, insegnante
Pubblicato mercoledì 18 Settembre 2019
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