Ben più di un racconto biografico. È stata la narrazione di un Paese che c’è e non si è smarrito, l’incontro a Chianciano Terme dedicato dal Consiglio nazionale Anpi a Luciano Guerzoni, il Vice Presidente Vicario dell’Associazione scomparso lo scorso agosto nella sua Modena, dove era nato ottantadue anni fa.
La sera del 4 novembre, in una sala affollata e in diretta facebook, familiari, amici, compagni di impegno politico e civile hanno rievocato la personalità, il pensiero e soprattutto l’infaticabile lavoro di un dirigente prezioso e generoso, un gentiluomo vecchio stampo stimato persino dagli avversari.
Ad aprire e condurre la commemorazione è stata la neoeletta Presidente nazionale dell’Associazione dei partigiani, Carla Nespolo, che in occasione dei funerali aveva già tenuto l’orazione in memoria:
«L’obiettivo del suo grande operato – esordisce commossa – era aprire una sezione associativa in ogni capoluogo italiano e in una manciata di anni c’è riuscito. Luciano era un uomo del fare e dai pensieri lunghi, con l’assillo costante di dare ai giovani un futuro di felicità».
E un ragazzo di neppure vent’anni è Pietro Gianasi, il maggiore dei due nipoti di Guerzoni, che – pescando nella memoria di bambino – accenna all’incredulità nell’immaginare quel nonno pacato e garbato, amante della lettura, della letteratura, sempre circondato dai giornali, in un Parlamento mostrato in tv soprattutto per «fatti poco edificanti».
Sono gli anni di Tangentopoli e del primo governo Berlusconi, con la Lega nord di Bossi. Sono anche gli anni delle battaglie per la verità sull’occultamento dei fascicoli sui crimini nazifascisti, sepolti per quasi mezzo secolo nei labirinti di un palazzo di giustizia. Un impegno al quale Guerzoni si dedicherà fino all’ultimo con il lavoro per la mozione sulle stragi commesse tra il’43 e il ’45, approvata dall’Aula di Montecitorio nel dicembre 2016, e per il progetto dell’Archivio Partigiani prodigandosi, anche in qualità di Vice Presidente della Confederazione tra le Associazioni Combattentistiche, nel reperire i fondi necessari a realizzare l’inventario completo dell’immenso fondo versato dal Ministero della Difesa all’Archivio centrale dello Stato.
Gian Carlo Muzzarelli è il Sindaco di Modena. Lì, Guerzoni era nato nel 1935, quando l’Emilia Romagna benestante, addirittura opulenta, ancora non esisteva, era una terra di contadini, soprattutto. Bambino durante l’occupazione nazifascista, Guerzoni era però cresciuto respirando l’afflato di libertà della città medaglia d’oro al valor militare per la Resistenza e il vento della Ricostruzione. Conosceva tutti, partigiani, antifascisti, la gente comune di quella roccaforte di democrazia. Muzzarelli porta il saluto di Aude Pacchioni, la Presidente dell’Anpi provinciale, e i suoi ricordi di Guerzoni: il dirigente politico che coniugava umanità, un’immensa fiducia nelle istituzioni repubblicane sorte dalle macerie della guerra, da difendere sempre, e la capacità di guardare avanti per dare sostanza ai principi di solidarietà ed uguaglianza conquistati con tanto sacrificio. In un periodo in cui i partiti di massa esercitavano un grande ruolo di guida della società, la militanza fu una scelta precoce e naturale.
«Uomo molto riservato; pare si definisse impegnato “a titolo permanente” nella Fgci», racconta Muzzarelli, appartenente a una generazione più giovane. Le prime tappe: segretario cittadino e in seguito nazionale dell’organizzazione giovanile comunista, poi segretario del Pci modenese, apprezzato consigliere comunale dal 1964 al 1980. Sono anni di grandi mutamenti globali che la politica locale deve interpretare e fare propri: Modena durante quelle amministrazioni si trasforma da paesone povero e arretrato in una delle locomotive economiche del Paese (nella classifica del reddito procapite, l’area passa dal 40° posto negli anni 50 al 28° nel 1965, per svettare al vertice della classifica nell’80, divenendo una delle più ricche d’Europa). Sul piano civile e sociale è il momento della ripresa delle lotte operaie e dei consigli di fabbrica, dello Statuto dei lavoratori, dei “villaggi artigiani” e dell’adozione della strategia cooperativa. Sul piano dei diritti, la città non è da meno: nel 1974 il No nel referendum abrogativo del divorzio vince con il 74%, la media nazionale si attesta al 59. La “buona politica” ottiene grandi consensi. Qualche numero, per chiarire: se nel ’68 il Pci modenese contava 71.800 iscritti, nell’80 alle elezioni amministrative ottiene oltre il 54 per cento dei voti. Sono i risultati di un lavoro intenso: «Da tutti Guerzoni pretendeva concentrazione, studio e una condotta irreprensibile». Nel rispetto delle radici ideali che la sua città, oggi continua a onorare: Modena celebrerà solennemente il 70° dell’onorificenza per la Resistenza, in Consiglio comunale; e, anticipa alla platea dell’Anpi il primo cittadino modenese, il 25 aprile 2018, debutterà una “guida” digitale completa, QrCode, dell’intero patrimonio monumentale tributato ai partigiani, fruibile da smartphone e tablet.
Anche tra il Presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e Guerzoni – suo predecessore a viale Aldo Moro – era grande il divario di età. «Guerzoni è stato un dirigente politico e un amministratore che interpretava con estremo rigore il senso del dovere», rammenta Bonaccini. Quando lasciò il mandato alla Presidenza dell’Emilia Romagna, alla domanda di cosa lo avesse reso più fiero di quell’esperienza, rispose: la legge sulle scuole dell’infanzia, che permetteva alle donne di andare a lavorare, e la legge sul paesaggio in tutela del territorio. Meticoloso e pragmatico, nel periodo parlamentare – 14 anni in Senato, vicepresidente del gruppo Pds, componente delle commissioni Affari costituzionali e Affari regionali, più tardi della Commissione d’inchiesta sull’armadio della vergogna – informava in tempo reale il maggior numero possibile di persone interessate. In un’era senza pc e internet, per ogni provvedimento varato spediva via fax i documenti (facendo impazzire le segretarie del partito, sorride Bonaccini). Poi, a fine anno, pubblicava un enorme volume con tutti i dettagli del lavoro svolto. Ed era pure ironico. Solitamente di poche parole, durante un’iniziativa politica tenne un discorso introduttivo di quasi due ore e altrettanto lungo nelle conclusioni: «Provai a lamentarmi – confessa Boccaccini –. Lui replicò con il solito candore: “significa che avevo tante cose da dire”». Il ricordo più recente e intenso del Presidente dell’Emilia Romagna è legato alla legge regionale sulla “Memoria del Novecento”, approvata nel marzo 2016, scritta con partigiani, istituti storici, amministratori locali. «Guerzoni, Vice presidente vicario dell’Anpi ne fu molto contento e orgoglioso». La memoria, ancora una volta. «Per lui una bussola per guardare al futuro», conclude Bonaccini.
Anche Lanfranco Turci, già parlamentare e Presidente della Regione Emilia Romagna considerava Guerzoni un fratello maggiore. Alla platea di Chianciano, a quanti hanno condiviso l’ultimo tratto dell’intensa vita di Guerzoni, racconta una scelta e un metodo di vita che ha dell’eccezionale all’occhio di oggi. Il giovane Guerzoni, segretario modenese della Fgci, ammirato da operai e mezzadri per aver avuto il coraggio di lasciare il lavoro di tecnico nelle fabbriche per antonomasia, la Fiat, e divenire un funzionario di partito: «Convinse anche me, appena finiti gli studi liceali, a dedicarmi a tempo pieno alla politica». Un’attività che non conosceva orari e soste, ogni sera della settimana – ignorando pioggia, freddo o nebbia – si andava casa per casa, sezione per sezione a incontrare i compagni. Forse quell’attitudine al confronto unita alla capacità di scrutare la realtà, Guerzoni l’ha temprata allora. L’ufficio sia alla Regione sia a Palazzo Madama era quasi una seconda casa: «Lo lasciavo a scrivere lettere a prefetti e ministri, a preparare interrogazioni, a rispondere a chi lo aveva investito di qualche problema. Ricordo la sua grafia fitta e sottile». L’allontanamento dall’attività nel partito non fermerà l’impegno e l’energia in favore della collettività e della democrazia, come bene sanno all’Anpi.
Claudio Betti, Presidente della Confederazione tra le associazioni combattentistiche e partigiane, di cui Guerzoni era Vice Presidente Vicario, ha voluto esprimere forte riconoscenza a quell’uomo antico e moderno al contempo per le energie riservate in favore delle attività delle associazioni «rispettandone la diversità».
Infine Carlo Smuraglia, Presidente Emerito dell’Anpi, ha ricordato il grande debito che l’Associazione dei partigiani ha tuttora nei confronti di Guerzoni. “La nuova stagione”, inaugurata nel 2006, lo vede protagonista nell’apertura alle nuove generazioni antifasciste. Un periodo di lavoro gigantesco: i contatti con ministeri e parlamentari per l’approvazione della mozione sulle stragi nazifasciste, il progetto dell’Archivio dei partigiani, interrotto dalla malattia, e soprattutto la grande visione che aveva del futuro dell’Anpi. Guerzoni fu tra i primi a considerare una lacuna della storia democratica italiana, il contributo del Sud alla Liberazione del Paese. Una mancanza a cui oggi sta riparando la storiografia più attenta. «Questa la ragione profonda – spiega Smuraglia – che lo ha portato a trascorrere anni dividendosi tra Roma-Modena e ogni località italiana dove non era presente una sede dell’Associazione, recandosi personalmente in quei luoghi per portare a buon fine un lavoro avviato con centinaia di telefonate ed e-mail ». L’idea tenacemente perseguita di dare vita a un Comitato provinciale Anpi in ogni provincia d’Italia, oggi è una realtà. «Se nel Consiglio nazionale Anpi la Calabria e la Sicilia sono finalmente rappresentante è grazie a Guerzoni. Non dimentichiamolo mai».
Pubblicato giovedì 16 Novembre 2017
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