È il messaggio che veicolano tutte le destre e quella al governo presieduta da Giorgia Meloni non è da meno: le persone straniere costituiscono un pericolo per la società che le accoglie. L’associazione flussi migratori-insicurezza è stata addirittura istituzionalizzata nel 2018 dai cosiddetti Decreti Sicurezza dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in una scelta dettata dal calcolo politico e dall’emotività, finendo per alimentare un circolo vizioso tra percezione di pericolo e decisione pubblica, che a sua volta insegue la percezione di insicurezza e al contempo genera percezione di mal sicurezza. Una escalation di cui non si vede la fine.
Ma davvero le persone straniere costituiscono un pericolo? Secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, che si occupa di tutelare i diritti delle persone che si trovano in carcere, rispetto al totale della popolazione detenuta in Italia – pari a 56.674 unità tra donne e uomini al 30.04.2023 – le persone detenute straniere corrispondono a 17.723 unità, con una percentuale rispetto al totale pari al 31,3% (sostanzialmente identica al medesimo dato rilevato lo scorso anno). “Si può dedurre – specifica il rapporto – come il dato sia stazionario e non si denotino tratti particolarmente rilevanti né in aumento né in diminuzione della popolazione detenuta straniera nel territorio, il che ulteriormente conferma come la narrazione del fenomeno sia poi di fatto poco rispondente alla realtà”.
Invasione e sostituzione etnica. Di questa visione securitaria si è fatto portavoce a più riprese anche il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, affermando “Non possiamo arrenderci all’idea della sostituzione etnica”, “Dobbiamo difendere l’etnia italiana” e “Bisogna investire su quel ceppo al quale apparteniamo come italiani”. La teoria della sostituzione è una tesi cospirativa definita mito neonazista dallo stesso sito del governo, a cui però rispondono i numeri: gli stranieri, tra regolari e irregolari stimati in Italia, sono circa il 10% della popolazione, come attesta la fondazione Ismu, l’ente scientifico indipendente che studia i fenomeni migratori, e che indica che le presenze degli irregolari, dei regolari e dei residenti è rimasta quasi del tutto invariata dal 2018 (vedi in calce all’articolo il Rapporto Ismu in pdf).
Quello che varia è il trend degli sbarchi, sempre molto dinamico, che però non si tramutano in presenze stabili nel nostro Paese, e questo il governo dovrebbe saperlo perché l’Italia risulta al terzo posto per domande di protezione internazionale ricevute – dopo Germania e Francia – con 40mila esiti positivi (il 10% del totale UE). Per inciso, nell’art.3 della Costituzione tutte le persone “sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” perché, molto saggiamente, i nostri Costituenti hanno voluto che non venisse dimenticato che, per dirla con Primo Levi, “ciascuno è l’ebreo di qualcun altro” e ci si ricordasse “che questo è stato”: le leggi razziali del 1938 a cui fecero da cornice il Manifesto della Razza e la Dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del Fascismo e tutto l mito neonazistaorrore delle persecuzioni che ne conseguì.
“La presenza delle navi Ong nel Mediterraneo continua a rappresentare un fattore di attrazione sia per i migranti, sia per i trafficanti di uomini”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. È davvero così? I dati elaborati dall’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, sono chiarissimi: dall’inizio del governo Meloni ad oggi, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, gli sbarchi sono aumentati del 150% anche se i salvataggi compiuti dalle Ong sono crollati dal 20 al 7% del totale.
Fa specie rilevare come i porti costituiscano un pericolo per l’arrivo delle Ong mentre invece sono luoghi aperti, nostro malgrado, per la geografia criminale, come indica la relazione presentata dalla Direzione centrale per i servizi antidroga è emerso che nel 2022 sono state sequestrate 26,1 tonnellate di cocaina, un numero da record considerando che si tratta del 22% in più rispetto all’ammontare sequestrato nel 2021.
Vengono qui a rubarci il lavoro. Per la propaganda rappresentano il centro del problema occupazionale, ma in realtà sono una risorsa preziosa per il Paese: il loro contributo all’economia vale quasi 144 miliardi, il 9 per cento del Pil, come attesta la Fondazione Leone Moressa, nel Rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione. Dalla salute alla scuola, dai servizi sociali all’assistenza, il rapporto calcola i costi medi della presenza straniera ovvero l’incidenza sulla spesa pubblica, e la confronta con il gettito fiscale e contributivo generato dagli immigrati.
Dati che aiutano “a sfatare il luogo comune secondo cui la presenza immigrata in Italia sia principalmente un costo per lo Stato”. “Ci sono sempre più persone da mantenere e sempre meno persone che lavorano. Il modo del governo non è risolverlo con i migranti ma con quella grande riserva femminile inutilizzata, lavorando sulla demografia”, ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Ma donne e migranti non sono così intercambiabili sul lavoro. E soprattutto non bastano, come ragiona in una intervista a Repubblica la statistica Linda Laura Sabbadini, tra le fondatrici di Donne per la Salvezza-Half of it, il movimento che chiede di mettere l’occupazione femminile al centro del Recovery Plan, si batte perché le donne siano considerate una risorsa per la rinascita sociale ed economica del Paese. Secondo la statista a capo del Dipartimento metodi e nuove tecnologie dell’Istat, anche se ci fosse una ripresa di nascite, ci vorrebbero decenni perché possa tradursi in crescita delle persone di età lavorativa: almeno 25 anni.
“La protezione speciale è una protezione ulteriore rispetto a quello che accade in tutta Europa”, ha affermato la presidente Meloni, argomentando le ragioni dell’esecutivo che ha smantellato, attraverso il cosiddetto Decreto Cutro, questo tipo di permesso di soggiorno che viene rilasciato alle persone straniere che per varie ragioni non possono ottenere la protezione internazionale, ma per le quali sussiste il rischio di persecuzione o di tortura in caso di rientro nel Paese di origine. Basta guardare i dati Eurostat del 2022 per dimostrare che la protezione speciale in Italia non rappresenta un unicum: sono infatti 18 su 27 i Paesi europei che prevedono protezioni complementari come quella speciale e, tra questi, lo scorso anno, Germania, Francia e Spagna hanno ricevuto il triplo delle richieste rispetto al nostro Paese. Come riporta l’associazione Magistratura Democratica, questa cancellazione di fatto estrometterà circa 10mila persone che “si trovano già in Italia, dove lavorano con contratti regolari, hanno un’abitazione e spesso avevano qui trasferito anche la famiglia. Persone, insomma, ormai parte integrante del sistema sociale del nostro Paese”.
La conseguenza immediata, riporta ancora Magistratura democratica, “potrà essere quella di produrre un esercito di irregolari che non potranno essere allontanati, in mancanza di accordi per il rimpatrio con la maggioranza dei paesi dai quali provengono, e che andranno ad alimentare il mercato del lavoro nero e dello sfruttamento o della criminalità”. Avere dunque un Paese in cui ci sono persone costrette a vivere nella clandestinità ci rende più sicuri?
E chissà se Meloni ricorderà il suo tweet del 19 aprile del 2015, nel quale, a seguito delle ennesime morti in mare, scriveva “Naufragio nel Canale di Sicilia: il Governo Renzi dovrebbe essere indagato per reato di strage colposa”. Dovrebbe, perché mentre sono in corso le indagini su Cutro, il collettivo di giornalisti dell’organizzazione no-profit Lighthouse Reports ha condotto un’inchiesta insieme alle testate Doman, Süddeutsche Zeitung, Le Monde, El Pais e Sky News ricostruendo, grazie a documenti inediti, testimonianze dirette e immagini satellitari, quanto avvenuto nel tragico naufragio in Calabria. “L’Italia ha mentito sul suo ruolo in un naufragio che ha ucciso 95 persone – tra cui 35 bambini – e l’agenzia di frontiera dell’UE Frontex ha contribuito a insabbiare tutto”.
Il recente stato di emergenza per la gestione dei flussi migratori – annunciato l’11 aprile e pubblicato diversi giorni dopo sulla Gazzetta Ufficiale – conferma l’approccio emergenziale di un fenomeno, quello delle migrazioni, che, ormai è noto a tutti, è epocale. Lo stato di emergenza da parte del governo Meloni conferma l’approccio ideologico e securitario poiché, tra le altre cose, prevede la mobilitazione delle Forze Armate e di polizia per il trasporto delle persone migranti, spostando dunque nell’ambito della sicurezza quella che dovrebbe essere una politica sociale e di integrazione. Come spiega lo storico del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Michele Colucci in Storia dell’immigrazione straniera in Italia (Carocci editore, 2018), lo stato di emergenza è stato adottato per la prima volta nel 1997 con gli sbarchi degli albanesi in Puglia, l’ultima nel 2011 con il governo Berlusconi per gestire gli arrivi straordinari dal Nord Africa in seguito alle primavere arabe: è servito – e continua a farlo – per mettere in mano alle prefetture la costruzione dei centri e la loro gestione, liberando tutte le gare di appalto dalle norme e dalle procedure. Da qui ne sono nate diverse inchieste giudiziarie, la più famosa è Mafia Capitale. Il governo ha immediatamente stanziato 5 milioni di euro, cui si aggiungeranno altre risorse nei prossimi sei mesi, che serviranno a creare nuovi centri di accoglienza, e soprattutto i centri di permanenza e rimpatrio. Il governo ne prevede uno per ogni regione.
“Sia chiaro – ha detto il ministro del Mare, Nello Musumeci – non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo a un intervento consapevole e responsabile dell’Unione Europea”. Tutti gli oneri legati all’immigrazione dipendono dal regolamento di Dublino che è stato ratificato nel 2003 e l’Italia, con l’allora governo Berlusconi II, che avrebbe potuto esercitare il diritto di veto e bloccarlo, lo ha firmato. E che sancisce un principio: “Se il richiedente asilo ha varcato illegalmente la frontiera di uno Stato membro, è quello Stato membro che deve farsene carico”. E non serviranno gli accordi che in questi mesi si susseguono con i Paesi terzi per bloccare i flussi perché si tratta di un fenomeno che necessita non di emergenze-tampone ma di una visione a medio-lungo termine che non è più rimandabile.
Mariangela Di Marco
XVIII RAPPORTO ISMU SULLE MIGRAZIONI
Pubblicato martedì 11 Luglio 2023
Stampato il 23/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/immigrazione-tutte-le-fake-news-del-governo/