“Questo incontro è stato pensato come appuntamento di lavoro su temi che da sempre vedono impegnata l’Anpi nella salvaguardia e attuazione della Costituzione, partendo da un punto di vista che interseca le disuguaglianze, la disparità di genere e il divario nord-sud del nostro Paese”. Lo ha premesso Tamara Ferretti, responsabile Coordinamento nazionale donne, nell’introduzione ai lavori (per la relazione completa clicca qui), sottolineando come la mancanza di infrastrutture e di servizi, la disoccupazione (in particolare giovanile e femminile), il deterioramento ambientale e la presenza di reti e organizzazioni criminali – oggi ramificate in tutto il Paese – ma che mantengono una significativa presenza nei territori di origine”, acuiscano quel divario. Bisogna contrastare la povertà, l’abbandono scolastico e l’emigrazione, che dal 2001 al 2022 ha visto partire verso il centro-nord 2 milioni e mezzo di meridionali, soprattutto giovani (dati Svimez).
“La scelta dell’Anpi di investire nel radicamento e nella crescita dell’associazione nelle regioni del Mezzogiorno – premiata dall’aumento degli iscritti e delle iscritte, dalla crescita di tante donne nei gruppi dirigenti e alla guida dell’Associazione, insieme alla nascita di nuovi coordinamenti donne – ha stimolato la ricerca di un approccio nuovo a quei temi, che faccia valore della differenza di genere, per rimuovere disparità e divari”. Nel rimarcare come l’applicazione della scellerata legge 86 sull’autonomia differenziata aggraverebbe la condizione di vita delle persone e porterebbe a una frantumazione del Paese, Ferretti ha ricordato come nel XVII Congresso dell’Anpi fosse stata posta la questione del rilancio del modello sociale universalistico e solidale, contrapposta all’idea di stato sociale considerato solo come costo, e non opportunità.
“Un’idea e una pratica — ha proseguito la responsabile del Coordinamento nazionale Donne Anpi — che in questi anni, insieme al sistematico depotenziamento del Sistema Sanitario, al progressivo smantellamento dei servizi alla persona e all’esponenziale crescita della povertà delle persone e delle famiglie, ha portato alla compressione della spesa sociale e favorito l’espansione di un modello assistenziale privatistico, corporativo e assicurativo, riservato a chi può permetterselo. Noi invece pensiamo che sia proprio il riconoscimento dell’universalità dei diritti sociali (e civili), a segnare i confini della cittadinanza e l’appartenenza ad una comunità”.
E per questo, nel XVII Congresso, era stato posto anche il tema della parità di genere come questione di democrazia, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, che non solo conferisce a tutti i cittadini pari dignità, ma assegna alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ogni ordine che ne limitano libertà e uguaglianza, impedendone lo sviluppo. Un articolo che viene spesso eluso, così come l’art.1 (lavoro); il 2 (diritti inviolabili); il 10 (diritto d’asilo); l’11 (ripudio della guerra), nonostante rappresentino la struttura portante dei principi fondamentali della nostra Carta e dei valori che ne hanno ispirato la stesura (persona, lavoro, dignità, libertà, uguaglianza, laicità, etica, democrazia, legalità). “Valori garantiti anche da quella separazione di poteri — legislativo, esecutivo e giudiziario —alla base di ogni ordinamento democratico, ma particolarmente sgraditi agli assertori di quel populismo autocratico di cui anche il Governo italiano fa sfoggio, attaccando la Magistratura e la libertà d’informazione, mortificando sistematicamente il Parlamento, con la spasmodica produzione di decreti legge approvati a colpi di voti di fiducia”.
Ferretti ha rimarcato come l’Assemblea sia solo l’inizio di un percorso sul Sud, sul Coordinamento donne nel suo complesso e sull’Anpi. Proprio da questa assemblea, Il Sud delle donne, nel suo duplice significato di donne del Sud nelle tante lotte di Resistenza e di riscatto, e di un Sud delle disparità, che accomuna la condizione di vita di tutte le donne, vogliamo trasmettere un messaggio di volontà e di fiducia, che nasce dalla storia delle donne che sono state, sono e saranno protagoniste del cambiamento: le nostre Partigiane, le nostre Costituenti, le donne che hanno contribuito alla ricostruzione e alla rinascita del Paese. Lo vogliamo dedicare al coraggio delle donne che vivono in contesti di guerra, di povertà, di sopraffazione e di violenza”.
“La Resistenza al Sud — ha affermato Isabella Insolvibile, storica, docente di Storia contemporanea all’Università telematica Mercatorum — non è sufficientemente conosciuta e studiata e ancor meno lo è quella delle donne: escludendo le 4 giornate di Napoli (ma molti altri sono gli episodi di Resistenza), la Resistenza in Abruzzo, occupato fino al giugno del 1944 e in Puglia, delle altre regioni poco si parla. Eppure la Resistenza femminile è avvenuta in diverse forme: le donne sono state le prime, numerose vittime della guerra totale, che non distingue tra chi combatte al fronte e chi è a casa sotto i bombardamenti.
“Noi storici — ha spiegato Insolvibile — parliamo di Resistenze al plurale. Pensiamo agli stupri, sia dei tedeschi, che degli stessi eserciti di liberazione, le cui denunce, spesso innescavano assassinii. Le donne continueranno la Resistenza anche dopo la guerra, con l’occupazione delle terre e la rivendicazione dei propri diritti: sarà uno scatto, da cui non si tornerà più indietro. A completamento, arriveranno gli anni Sessanta, le battaglie femministe, una nuova generazione che camminerà sui passi delle proprie madri, così come noi continueremo a camminare sui passi di chi ci ha preceduto, poiché ci attendono anni di Resistenza e di riscatto”.
Carmela Ferro di Libera, ha testimoniato una vicenda drammatica, vissuta in giovane età, che le ha segnato l’intera esistenza. Ha raccontato di come il suo fidanzato, Giuseppe Valarioti, giovane professore idealista di Rosarno, iscritto al Partito Comunista, ritenesse che gli strumenti per il riscatto dei calabresi fossero la cultura, il lavoro, la politica, contro la ‘Ndrangheta, che controllava buona parte delle attività economiche della piana di Gioia Tauro. L’11 giugno del 1980, dopo il successo del suo partito alle elezioni, all’uscita dal ristorante, fu raggiunto da due colpi di lupara: primo omicidio politico-mafioso in Calabria.
“Fu dal quel momento — ha rammentato l’esponente di Libera — che iniziò anche la mia Resistenza: mi chiedevo se avesse senso rimanere ancora in Calabria, in un ambiente che aveva lasciato me e la famiglia di Peppe in isolamento, ma decisi di restare. La mia restanza ebbe implicazioni affettive e morali drammatiche: cominciai a parlare ai miei alunni dei soprusi che molti subivano a causa della ‘Ndrangheta e di come ciò fosse un freno per lo sviluppo, rendendo necessario ribellarsi, sia singolarmente, che come società. Di recente, col sostegno di Libera, ho iniziato a raccontare questa storia nelle scuole e, insieme alla sua famiglia, abbiamo riaperto a Rosarno la casa natale di Peppe, divenuta presidio di legalità e sede di eventi culturali e sociali. Giovani calabresi registi e videomaker dedicheranno alla sua storia un docu-film. La memoria aiuta a riscattare storie altrimenti dimenticate e può contribuire in maniera determinate a rigenerare la mentalità e la cultura calabrese. Come spesso fa il professor Costabile (Pedagogia dell’antimafia Università di Cosenza), che parla di memoria trasformativa e cita Saramago: noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. La memoria è la linfa vitale per trasformare le coscienze, innescando la consapevolezza che in Calabria c’è stata da sempre una forma di Resistenza alla ‘Ndrangheta, di coloro che non si sono piegati: imprenditori, sacerdoti, giornalisti. Il 21 marzo di ogni anno Libera lo dedica alle vittime di mafia: l’anno prossimo si intitolerà, Il vento della memoria semina giustizia”.
Antonella Morga ha riportato l’esperienza dell’Osservatorio regionale neofascismi Regione Puglia, di cui è coordinatrice, sottolineando come i fenomeni neofascisti, sempre più incalzanti e agguerriti, stiano sconvolgendo il nostro vivere quotidiano. Nel report pubblicato a inizio anno, si evidenzia la similitudine tra mafia e fascismo, fenomeni interconnessi su cui urge riflettere. “Non è un tempo buono per le donne, né per la nostra Costituzione, non è un tempo buono per le nuove generazioni, per i bambini, sempre più poveri e soli e sempre più dipendenti patologici, di una società che pare non tenere conto del valore del loro futuro. Non è un buon tempo per il lavoro, sfruttato, precarizzato, per cui si muore da schiavi. Non è un buon tempo per la pace, mentre è molto buono per le armi, per la guerra, per la destra e per le donne di destra, che crescono in maniera preoccupante. La presenza delle donne e il loro ruolo nelle formazioni neofasciste, sono un tema ancora troppo trascurato, sia dai sociologi che dal giornalismo d’inchiesta.
Il fatto che Fratelli d’Italia — ha sotttolineato Morga — abbia designato due donne (Giorgia e Arianna Meloni) ai vertici del partito, è elemento di assoluta novità. Nel Msi le donne assumono progressivamente rilievo a partire dalla segreteria di Gianfranco Fini, come testimonia l’incarico da ministro di Adriana Poli Bortone, nel primo Governo Berlusconi. Tra i motivi della presenza femminile nelle formazioni neofasciste: la provenienza socio-culturale, a volte la posizione economica privilegiata, l’accettazione del machismo a cui ci si conforma, talvolta illudendosi di emanciparsi, persino la solitudine. È indispensabile che l’Anpi moltiplichi il suo impegno nei luoghi della formazione, così da contribuire alla formazione degli anticorpi necessari alla nostra democrazia”.
La storica Maria Saveria Borrelli, nell’evidenziare l’indivisibilità tra memoria e storia, poiché la memoria è la fonte inesauribile della storia, ha sottolineato come la Resistenza delle donne del Sud, pur non essendosi organizzata militarmente, sia stata ugualmente efficace.
Stefania Fratto (Associazione Donne e Diritti di San Giovanni in Fiore): “Stiamo lottando duramente dal 2020 per la prevenzione sanitaria e nel 2023 finalmente la nostra associazione ha inaugurato il mammografo. Non si può essere considerati cittadini di serie B se si vive in un’area interna: cerchiamo di dare dignità alle donne invisibili, attraverso laboratori e centri antiviolenza. Il cammino è lungo, ma intendiamo rafforzarci ed estendere il nostro modello facendo rete. È necessario diffondere la cultura antifascista, parlare della Resistenza e dei danni che farà l’autonomia differenziata: i ricchi potranno studiare e curarsi, i meno abbienti no, e dovranno adattarsi ai mestieri dei genitori”.
In videocollegamento Albertina Soliani, presidente Istituto Cervi e vicepresidene nazionale Anpi, ha ricordato come l’Anpi sia sorta 80 anni fa (6/6/44, Roma ndr), nel segno dell’unità delle forze antifasciste e che oggi mentre la Storia sembra andare al contrario bisogna ritrovare quell’unità anche tra Nord e Sud per tenere accesa la luce nel buio che stiamo vivendo. “In questo momento storico abbiamo la responsabilità del Paese. L’Italia e l’Europa sono traballanti, perciò bisogna pensare a un’Unione europea che tenga insieme diritti, solidarietà, democrazia. I partigiani aprirono il varco e oggi, che tutto ciò viene messo in discussione, dobbiamo raccogliere la sfida. Le donne devono farsi messaggere dei valori democratici”.
Durante l’assemblea, due gruppi di lavoro, ognuno composto da circa 40 donne, hanno discusso di “Autonomia differenziata e Stato sociale e solidale” (coordinato Betty Leone) e di “Parità di genere, una questione di democrazia” (coordinato da Gianna Lai), per sollecitare l’intervento civile e delle istituzioni, sull’impegno delle donne nel welfare e nel contrasto al maschilismo del sistema patriarcale. Per leggere o caricare i documenti clicca qui per la relazione del primo gruppo di lavoro e qui per il secondo.
Betty Leone, vicepresidente nazionale Anpi, coordinatrice del gruppo che si è occupato di Welfare, ha riportato in plenaria, i risultati delle riflessioni e messo in evidenza come l’autonomia differenziata, che deriva dal neoliberismo degli anni Novanta (competizione regionale), ricadrà soprattutto sulle spalle delle donne, perciò sarebbe auspicabile un’alleanza tra le donne del Sud e quelle del Nord: l’autonomia toglierà libertà a entrambe. All’autonomia bisogna contrapporre il modello sociale di economia della Costituzione, ovvero l’economia della cura, necessaria al nostro Paese per riprendere una crescita complessiva del Nord, del Centro e del Sud.
Le donne non lo fanno per una vocazione o per missione, ma poiché ci è stato assegnato storicamente questo compito, abbiamo acquisito competenza: sappiamo curare la storia, l’ambiente, le relazioni, le persone. Sappiamo contrapporre alla competizione la cooperazione, che è più della solidarietà. Alle donne del Nord, che non è più quello florido a cui eravamo abituati a pensare, diciamo che, se è vero che l’autonomia ci colpirà di più perché abbiamo un peggiore welfare, nell’insieme, con l’aumento delle privatizzazioni anche al Nord a partire dalla sanità, peggiorerà la vita di tutte, in termini di libertà e autonomia.
Gianna Lai, presidente Anpi sezione cittadina di Cagliari e componente del Comitato nazionale, coordinatrice del secondo gruppo di lavoro dell’assemblea di Lamezia, ha riferito dei risultati a cominciare dalla domanda in cosa differisca il governo femminile di Meloni, visto che le donne scimmiottano gli atteggiamenti maschili. L’esortazione è che dai Coordinamenti provinciali si inizi a sviluppare un lavoro per dare dignità e protagonismo al ruolo femminile, partendo dall’impegno per consentire alle donne una più massiccia presenza nel mondo lavorativo, in linea con il resto d’Europa.
“Le donne del Sud — ha segnalato Lai — sono quelle più penalizzate nel mercato del lavoro, a cui si aggiunge un welfare debole. A completare il quadro, un governo a trazione neofascista con pulsioni di natura bellica, che pretende, mentre il Paese è andato avanti, di azzerare decenni di battaglie femministe e di conciliare natalità, famiglia e crisi demografica, mentre aderisce alle guerre in atto. E se il convegno ribadisce la conquista dei diritti sociali come vero confine della cittadinanza, per la ripresa del movimento, si può attingere, ancora una volta, al nostro patrimonio di diversità, al ripudio della guerra, alla lotta per l’uguaglianza, che ci hanno sempre visto crescere fortemente unite”.
Vogliamo inoltre segnalare che alla due giorni di Lamezia Terme hanno partecipato molti uomini, giovani e meno giovani, ed è un segnale importante che arriva dal Sud. Dell’ampio dibattito, moderato da Mario Vallone, coordinatore Anpi Calabria, per esigenze di spazio, si riportano gli interventi sintetizzati. Tutti di donne, ovviamente.
Caterina Pollichino, Anpi Palermo, nel rivendicare come anche Corleone abbia i suoi partigiani, si è soffermata sulla resistenza delle donne corleonesi alla mafia. “Una lotta che parte dal movimento dei Fasci siciliani e dal suo leader, Bernardino Verro (ndr, sindacalista e politico, assassinato dalla mafia) nel quale comparvero attivamente le donne col movimento femminista. Le donne crearono le sezioni femminili dei Fasci e portarono avanti le lotte per rivendicare i diritti contro la sopraffazione mafiosa, e, avendo capito l’importanza dell’unione fra poveri, insegnavano ai loro bambini il socialismo”.
Pollichino ha parlato di “donne di popolo animate dalla forza dei sentimenti, come fu per Rosa Mannino, madre del partigiano e sindacalista Placido Rizzotto, la quale sfidò gli assassini del figlio a viso aperto. Biagia Lanza, moglie del mafioso Luciano Raia, scelse di collaborare con la giustizia (soprannominata Peppina la coraggiosa), mentre Maria Paternostro, vedova della guardia campestre Calogero Comaianni, ucciso dalla mafia il 28 marzo 1945, denunciò gli assassini del marito, ma fu delusa dalla giustizia, che li assolse. Biagia Birtone, moglie di un contadino, madre di 7 figli fu eletta (prima consigliera comunale di Corleone) nell’ottobre del 1946 nel Pci, e lottò con Rizzotto per l’occupazione delle terre”.
Rosaria Lopedote, Anpi Bari, mettendo l’accento sulla necessità di smantellare la cultura degli armamenti a favore di pace e disarmo, ha evidenziato come i grandi cambiamenti (Liberazione, voto, divorzio, aborto, etc.) del nostro Paese, siano dovuti al contributo trasversale delle donne, che hanno consentito un salto di civiltà. Oggi, nella fase di grave pericolo e incertezza democratica, sociale ed economica, “serve l’alleanza democratica antifascista di forze sociali e politiche per la difesa della Costituzione. Aggiungo che bisogna fare l’alleanza tra donne italiane e immigrate, poiché in ogni Nord e in ogni Sud c’è un altro Sud, nonché, un’alleanza tra donne di diverse generazioni e differenti latitudini”.
Lucia Bonacci, Anpi Catanzaro, si è chiesta se sia “possibile una nuova narrazione del femminile. Le donne calabresi hanno avuto un ruolo da protagoniste nella formazione della coscienza di classe. A Cosenza, nel 1877 un gruppo di cosentine fondò il giornale La margherita, finalizzato all’istruzione femminile. Tra le due Guerre e nel periodo della migrazione degli uomini, le donne hanno sostenuto le famiglie, spesso sopportando la pietosa condizione di vedove bianche.
Il dopoguerra ha visto nuovamente protagoniste le donne calabresi: “Nel 1946 Giuditta Levato (di Alvisi), pagò con la vita le sue lotte per la terra, così come Angelina Maura, Melissa e Filomena Marra, tutte accomunate dal desiderio di una nazione libera e giusta. La prima sindaca d’Italia (1946) fu Caterina Tufarelli Palumbo, che ricostruì le macerie lasciate dalla guerra, tra cui l’orologio cittadino, affinché le persone sapessero quanto lavoravano per non superare le ore effettivamente pagate. Adele Cambria, femminista radicale, giornalista, si batté per il divorzio e l’aborto. Bisogna riscoprire la sorellanza, rimettersi in rete, non rimanere isolate, trovare spazi di condivisione”.
Giuliana Buzzone, Anpi Caltagirone, ha raccontato come il comitato provinciale Anpi di Catania sia intitolato a Salvatrice Benincasa, staffetta partigiana di Catania uccisa dai nazifascisti per essersi rifiutata di tradire i compagni. Partendo dalla nonna, che nel 1946 si recò alle urne con entusiasmo, ha evidenziato come: “Oggi circa sei donne su dieci non votano, collegando l’astensionismo alle loro condizioni economiche e sociali. Oggi le donne non hanno il tempo per la partecipazione politica, le assemblee, gli incontri: sono schiacciate tra il peso della cura della famiglia e il lavoro. Il Sud delle donne può emergere se le donne partecipano in maniera massiccia facendo la propria parte per conquistare e difendere i propri diritti”.
Claudia Cammarata (Anpi Caltanissetta): “L’asse della disuguaglianza è triplicata: diseguaglianza di genere (donna), generazionale (giovane) e territoriale (meridionale). Un gap anche culturale, da colmare con uno sguardo nuovo, partendo dalla Memoria. Penso alle lotte di resistenza delle donne siciliane contro la guerra e il fascismo, sui territori di appartenenza o nei luoghi in cui erano emigrate per sfuggire alla povertà. Come fece Vincenza Noto, partigiana combattente di Mussomeli, emigrata a Torino, caduta per sfuggire ai tedeschi. O alle vicende che videro le donne protagoniste del movimento dei Fasci siciliani, che oscurano lo stereotipo della docilità e della mutezza delle donne. Donne che non si risparmiarono nella lotta per i diritti e la giustizia sociale dei lavoratori. Ricordo Felicia Bartolotta Impastato e Rita Borsellino, che hanno lottato contro la mafia, per costruire un futuro migliore per le giovani generazioni. Lotte di resistenza e riscatto che dimostrano che, quando la condiscendenza viene meno, liberandosi dalle gabbie della paura, è assai potente. E se questa liberazione avvenisse nel segno della solidarietà con le altre donne, sarebbe invincibile. Serve una nuova ispirazione culturale, capace di creare nuove visioni delle donne, affinché possano trovare la propria indipendenza”.
Antonella Giosa (Anpi Potenza), ha raccontato che il Coordinamento Donne Basilicata è nato l’8 marzo 2021, in piena pandemia ed ha svolto un ruolo chiave in diverse iniziative sulla salute. Nel ricordare ciò che diceva la staffetta partigiana Tina Anselmi – esserci per cambiare il mondo – ha raccomandato l’ascolto e l’interazione continua con i giovani, ai quali trasferire i valori dell’antifascismo e il senso della lotta condivisa.
Mirta Čok, vicepresidente Anpi Trieste, ci ha tenuto a precisare che arriva da una città multiculturale che ha accolto persone di ogni parte d’Europa. Ed è a Trieste che è nata la prima partigiana italiana caduta nella Resistenza ((28 giugno 1943), Alma Vivoda, la quale aveva organizzato una rete che andava oltre i confini linguistici e culturali, rompendo ogni dicotomia, anche tra privato e pubblico. “La nostra Costituzione è basata sul filo conduttore della solidarietà: dobbiamo riprenderci il tempo per pensare e tornare nelle piazze pubbliche”.
Marina Pierlorenzi (Presidente Anpi Provinciale Roma), nel puntualizzare come le aree interne, sempre più in via di spopolamento, necessitino di attenzione e di resistenza, ha posto l’accento sull’insopportabile discriminazione tra chi è stato in un territorio invece che in un altro, per essere considerati: “Caterina Martinelli, Concetta Piazza e molte altre donne, hanno partecipato drammaticamente alla Resistenza: siamo riusciti a trovare i nomi, poiché se non si è nominati, si è inesistenti”.
Monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, durante il saluto all’Assemblea, ha sottolineato come le spese militari e le guerre stiano prendendo il sopravvento a scapito di scuola e welfare e come occorra smaschilizzare la società e la Chiesa, promuovendo la pace e il disarmo. Ha inoltre parlato di necessità di antifascismo in questo momento storico.
Vincenzo Calò, coordinatore Anpi Sud: “L’assemblea dei coordinamenti Anpi delle donne del Sud è stato un avvenimento arricchente, sul piano della conoscenza, del lavoro e umano. Piuttosto che delle donne del Sud, si è parlato del Sud delle donne, assumendoci la grossa responsabilità di invertire il corso delle cose. Un atto di coraggio, un progetto di lavoro, un impegno, di cui andare fieri! Abbiamo deciso di cimentarci sul ruolo delle donne nella storia del Sud, per farlo sul ruolo delle donne in generale, e continueremo a farlo, per valorizzare i tanti atti di ribellione di ogni donna in qualsiasi parte del mondo, perché dietro ogni piccola conquista femminile, ci sono concreti atti di ribellione allo stato di cose, alla supremazia dell’uomo e del suo ego, alle logiche discriminatorie. Ora bisogna dimostrare d’essere realmente capaci di guardare con occhi diversi la realtà, avendo compreso che il riscatto di ogni donna, passa non solo per la propria realizzazione personale, ma per aver contribuito a renderci migliori”.
Tea Sisto, presidente sezione Anpi Brindisi e componente del Coordinamento nazionale Donne Anpi: “Noi siamo contenti dei turisti, spiega Tea Sisto, ma è chiaro che non si può comprendere il Sud solo dopo un paio di settimane trascorse a Tropea o a Gallipoli o in Sicilia. Un Sud che subisce la desertificazione, non solo perché, anche volendo, ci si pensa dieci volte prima di fare un figlio, ma perché quelli che ci sono emigrano, cercano lavoro da Roma in su, se non all’estero. È innegabile: il Sud ha qualche problema in più del Nord. E gli esempi sono tanti, a cominciare dal precariato e dalla disoccupazione, ma non serve fare vittimismi. Bisogna però avere chiaro che qui le vittime non sono solo i migranti, ma ancora e ancora le donne dei paesi italiani più poveri. Per sgomberare il campo da equivoci sulle lagnanze stereotipate e sul vittimismo, dico che il Sud Italia è solo un esempio di periferia, perché esiste sempre un Sud del Sud. La periferia è ovunque. In questo quadro già drammatico, il governo di destra (i fascisti hanno sempre approfittato del disagio sociale e della povertà) si è aperto un varco con leggi sciagurate. Parlo ovviamente dell’autonomia differenziata. E questo ci riguarda tutte e tutti, a ogni latitudine. Non approfondisco perché ne hanno parlato già in tante. Allora non ci resta che provare a ribaltare tale situazione, capovolgere lo stato di fatto, cambiare l’ordine delle cose, rispondere colpo su colpo agli attacchi alla democrazia. E questo impegno, come da sempre dice l’Anpi, deve riguardare tutte e tutti, dal Nord al Sud. Noi donne, noi compagne, noi antifasciste possiamo fare molto anche rafforzando le nostre sezioni del Sud e i nostri comitati provinciali. Ma, per sconfiggere questa politica deleteria, serve una alleanza con le compagne e le antifasciste di tutta Italia. È arrivata l’ora di riscoprire la sorellanza”.
Il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, in un excursus storico-sociale e politico, ha evidenziato come siamo ben oltre la democrazia liberale: disoccupazione, lavoro povero o sommerso, disuguaglianze, discriminazioni, morti sul lavoro, negazione della dignità di chi lavora, soprattutto se donna e del Sud, sono pratiche diffuse, che contraddicono il dettato costituzionale. “Calamandrei parlava di Costituzione come rivoluzione promessa, ovvero di un processo che trasforma il Paese in una democrazia di liberi ed eguali. La democrazia è un lungo percorso che si accresce nel suo divenire istituzionale e sociale. I fenomeni di degrado della democrazia liberale fanno intravedere una tecnocrazia in mano a giganteschi poteri finanziari, già prima di Elon Musk, che per ricchezza ed interferenze nelle politiche statali, è uno scandalo vivente.
Pagliarulo ha affondato: “La vera domanda è: perché operai bianchi americani, proletari, sottoproletari di origine araba, portoricana o gente di colore, nonché tante donne, hanno votato Trump? I ceti popolari e la middle class americana, vittime dell’inflazione e ostili alla guerra, non si sono più sentiti rappresentati dai Democratici. Qualcosa di analogo sta avvenendo anche in Europa, con la differenza che, mentre in America c’è stata un’affluenza record alle urne, in Italia, avviene il contrario. Occorre che le forze popolari democratiche riprendano in mano le due bandiere storiche, della pace e del lavoro, ricordando, come ben chiaro nella Costituzione, che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e che ripudia la guerra”.
Il presidente nazionale Anpi si è soffermnato sulla gravissima situazione internazionale: “Ancora oggi Gramsci ci offre spunti di riflessione, quando parla dei mostri che si formano mentre il vecchio mondo sta morendo e il nuovo tarda a comparire. Sta nascendo un mondo multipolare nel quale bisogna difendere la democrazia, evitando l’errore di esportarla in situazioni, circostanze e Paesi, con storie completamente diverse. Nei chiaroscuri intravediamo il rischio di nazionalismi, fascismi, autoritarismi, e quello più grave, alto e reale, di una guerra generalizzata. Bisogna sapere che si sta militarizzando la società italiana a partire dalla scuola, mentre la battaglia dell’Anpi è, all’opposto, per la completa smilitarizzazione. Per la tragedia palestinese, su cui l’Occidente ha una doppia morale, sia della politica che dei media (non parla, non vede, non sente), ci stiamo mobilitando per la sottoscrizione a favore di una clinica di Emergency a Gaza e invitiamo le amministrazioni comunali ad approvare risoluzioni per il riconoscimento dello Stato di Palestina”.
Nell’esortare a lavorare sui temi della pace e dell’unità popolare, Pagliarulo ha invitato giovani e donne a iscriversi all’Anpi e ha illustrato gli ultimi dati che riguardano l’associazione dei partigiani dal punto di vista del genere e della presenza nel Mezzogiorno: dei poco più dei 153mila iscritti del 2023, le donne sono più di 62.000, pari quasi al 41 per cento. Il totale di iscritti al Sud supera i 15.000, di cui 5.860 donne, equivalenti al 38 per cento.
Ha auspicato, infine, che l’attuale fase di Resistenza portata avanti con l’arma della pace, conduca verso una nuova Liberazione, un 25 Aprile del nuovo secolo e un terzo Risorgimento, nel quale l’umanità ritorni al centro, in un rapporto virtuoso con la natura, per un nuovo inizio.
Floriana Mastandrea
Pubblicato martedì 19 Novembre 2024
Stampato il 12/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/il-sud-delle-donne-lotte-di-resistenza-e-di-riscatto/