Sarà il sindaco di Pavia libera dall’aprile 1945 alle elezioni amministrative dell’aprile 1946. Sarà lui, Angelo Grassi, figlio di contadini, operaio, comunista, senza scuole – ha frequentato solo il primo anno dell’istituto tecnico – autodidatta, che deve la propria formazione a quella scuola di antifascismo e di rivoluzione che fu la galera del regime, a far fronte, accanto al maggiore Philips del comando alleato, alle necessità prime del dopoguerra.
Nominato sindaco dal CLN, su indicazione di Beniamino Zucchella, già combattente di Spagna e inflessibile dirigente e organizzatore del partito comunista della clandestinità e della Resistenza, l’operaio Angelo Grassi non ha tempo per scrivere. Ha da pensare al rifornimento delle scorte alimentari. Frutta e verdura si trovano solo in collina; e il pesce, quello, bisogna andare a comperarlo fino a Foggia.
L’operaio Angelo Grassi non ha tempo per raccontare: per sfamare la città, deve requisire la carne, andandola a cercare nelle cascine, e affidarne la vendita all’ufficio comunale dell’annona, così da stroncare il mercato nero. L’operaio Angelo Grassi non ha tempo per raccontare la propria breve esperienza amministrativa. Forse perché, uomo schivo e modesto, è convinto che la sua parte sia solo un piccolo tassello del titanico sforzo che il suo partito sta realizzando per il Paese dentro le traballanti istituzioni ereditate dal vecchio mondo. Così, per i dodici mesi del suo mandato, l’operaio Angelo Grassi andrà a cercare la legna per scaldare le case, e nel “Libro di Santa Corona” (una sorta di anagrafe comunale dei poveri) andrà a cercare i nomi dei disoccupati, e dei più disgraziati, per cercare di garantire loro una vita, e una dignità non piegata all’accattonaggio.
Poi, un giorno di aprile ’46, l’operaio Angelo Grassi chiuderà la porta del suo ufficio di sindaco e se ne andrà da Palazzo Mezzabarba: l’unità antifascista si sta sgretolando, e il tempo della normalizzazione incalza, premiando anche a Pavia il partito moderato e cattolico. No, non ci sono recriminazioni nelle parole con cui Grassi racconta questo passaggio, consegnato alla nostra memoria in una delle rare testimonianze che ha lasciato, raccolte dal prof. Guderzo e dal professor Lombardi (Istoreco fondo personale Angelo Grassi b. 11 f. 10.).
Nato a Belgioioso il 3 febbraio 1903, Angelo Grassi continuerà la lunga marcia dei militanti comunisti nelle fabbriche, nei quartieri, nei bar, nelle osterie, in ogni luogo dove è possibile incontrare un lavoratore e uno sfruttato. È una marcia che ha iniziato nel 1921, quando, giovane iscritto comunista, ha visto i fascisti ammazzare l’altrettanto giovane segretario del partito nato a Livorno, Ferruccio Ghinaglia; e con pochi altri compagni, altrettanto giovani, come Secondo Respizzi, Pietro Arbasini, Mario Viazzoli, ha deciso di raccoglierne il testimone.
Angelo Grassi percorrerà le tappe comuni a molti comunisti della sua generazione: il licenziamento dalla fabbrica Snia nel 1924, per aver scritto Viva Lenin; la estenuante tessitura della organizzazione clandestina del partito che ha i suoi luoghi di incontro nelle osterie e nelle campagne; l’arresto, su delazione, nel 1927; il coltello piantato alla gola durante gli interrogatori in carcere a Pavia; il processo del Tribunale Speciale istituito dalla dittatura che – Roma 6 luglio 1928 – lo vede alla sbarra, imputato di “attività sovversiva ai danni dello Stato” con altri 32 compagni, dei quali 23 sono operai, e 19 non hanno ancora compiuto 30 anni; la condanna a tre anni di carcere, scontati a Regina Coeli, più altri tre di vigilanza speciale, schedato dalla questura di Pavia (Clemente Ferrario “Le origini del partito comunista nel pavese” ed. riuniti). Poi, il penoso buio degli anni 30, quando il fascismo, forte dell’accordo con la chiesa cattolica, e incoronato il Savoia come imperatore, sembra voler durare per sempre, e gli antifascisti sembrano destinati a sparire dalla storia.
Per tutto il decennio, e oltre l’operaio Angelo Grassi lavorerà in Necchi, con la qualifica di assistente edile. Sarà la relativa mobilità di questo lavoro a definirne il ruolo nella clandestinità della lotta antifascista – tappa feroce del cammino di una rivoluzione che non sarebbe stata.
L’operaio Angelo Grassi potrà spostarsi nella città blindata, senza tregua organizzando gli scioperi delle fabbriche, i sabotaggi sulla linea di produzione bellica della fabbrica Arsenale, sulle linee telefoniche e sulle linee elettriche, in costante contatto con i piccoli gruppi partigiani di Mirabello (Pv), Torre d’Isola e Spessa Po. L’operaio Angelo Grassi non terrà un diario di questi suoi giorni collocati tra il ’43 e il ’45; forse perché non ne ha il tempo. Con l’aiuto di un carrettiere sposta il ciclostile della fabbrica in magazzino, segretamente agisce sulla manovella, riproduce le matrici de l’Unità, e, quando suona la sirena di fine turno, esce in fretta per affidare la stampa clandestina alle mani di Mario Viazzoli, autista sulla corriera Pavia-Milano, che tiene contatti con i gappisti, e con il centro del partito. Lo arresteranno una seconda volta, mentre battono le ore dell’ultimo Natale di guerra, dicembre 1944. Condannato dal Tribunale militare a quattro mesi scontati nelle carceri di Pavia, uscirà il 18 aprile 1945, quando la Liberazione d’Europa è vicina.
Eccolo: sta per diventare Sindaco di una città che dimenticherà presto l’uomo mingherlino e modesto che era; quello che, di suo pugno, scrisse di sé poche pagine, solo per dire: “per vent’anni eravamo rimasti saldi nella nostra idea… per tutti noi era il partito che contava, ciascuno faceva quello che riteneva il proprio dovere”. (cit. fondo personale Angelo Grassi b. 11 f. 10, Istoreco).
Annalisa Alessio, vicepresidente Comitato provinciale Anpi Pavia
A Pavia, poco tempo fa, il Consiglio comunale ha votato l’intitolazione di “una strada, piazza o giardino” a Norma Cossetto, accentuando la narrazione tossica e revisionista degli avvenimenti storici dei confini orientali. Chi firma questo pezzo non conosce “strade piazze giardini” intitolate ad Angelo Grassi. Fa commuovente eccezione, il circolo Arci di via Amati a San Pietro, che, anno 1996, gli venne dedicato grazie anche all’impegno di Umberto Respizzi (Consiglio di quartiere Pavia Est ) nipote di quel Secondo Respizzi, che abbiamo citato in questa storia.
Pubblicato giovedì 21 Gennaio 2021
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