Joe Biden pensa che Vladimir Putin sia un killer e che pagherà il prezzo delle intromissioni russe nelle elezioni americane. Mosca ritira l’ambasciatore da Washington e promette rappresaglie. L’Occidente vara sanzioni contro la Russia per la repressione dei dissidenti e contro la Cina per la repressione dei musulmani uighuri. Il leader della Nato chiede all’Europa maggiori sforzi contro Russia e Cina.
Il capo di stato maggiore dell’esercito americano annuncia nuovi supermissili che volano a 5.000 chilometri l’ora. La Russia e la Cina reagiscono insieme contro l’Europa, il ministro degli esteri russo Lavrov dichiara “la morte dei rapporti tra Russia e Ue come organizzazione”, sanzioni di rappresaglia della Cina che vieta l’ingresso a una decina di esponenti della Ue…
Cosa diavolo sta succedendo – e in una sola settimana?
Ci fu chi pensava che l’epidemia globale avrebbe provocato una risposta globale, un affratellamento d’emergenza, magari coatto ma pur sempre un avvicinamento. Tutti colpiti, tutti atterrati, quindi tutti insieme per cercare di rialzarsi. Beh, scordiamocelo. E dopo oltre un anno di pandemia, 124 milioni di contagiati e 2,73 milioni di morti, questa è una certezza. Il Covid-19 ha colpito all’ingrosso come più non poteva ma la risposta è stata al dettaglio: la prosecuzione della competizione con altri mezzi. E la prosecuzione con altri mezzi, secondo la celeberrima definizione di Von Clausewitz, in politica ha un nome preciso. Si chiama guerra.
Joseph Robinette Biden non ha detto guerra. Non ha detto nemmeno “killer”, per la verità. Il presidente degli Stati Uniti ha risposto “Sì, lo penso” alla domanda se ritenesse il leader russo Vladimir Putin un assassino. L’anchorman della Abc George Stephanopoulos aveva preparato la perfetta intervista da prima serata: migranti alle porte sul Rio Grande, vaccini in massa negli Usa e col contagocce altrove, il crescente numero di sederi toccati dal governatore di New York Andrew Cuomo, il ritiro delle truppe dall’Afghanistan negoziato con i talebani (i talebani!) dopo quasi vent’anni di guerra (vent’anni!)… Tutto sparito, sepolto da “Lei conosce Vladimir Putin, pensa che sia un killer?”. “Mmmh, I do”. Lo penso. Domanda concordata quant’altre mai.
Ma perché? Perché ora?
Guerra fredda, ancora
Non chiamiamola seconda, nuova, altra guerra fredda. Il primo a usare l’espressione “Second cold war” fu uno storico di Stanford nel 1972, dopo Nixon, Mao e le celebri partite di ping pong, e sono passati cinquant’anni… “New cold war” lo usò la diplomazia americana nel 1998 dopo l’ingresso nella Nato dei primi ex satelliti di Mosca, più di vent’anni fa. Persino “Cold war 2.0” è già stato usato, da un economista di Yale che commentava le prime cornate fra Trump e Pechino. Toccherà inventarsi un nuovo termine, perché guerra oggi significa molte più cose delle cannonate prussiane di Clausewitz – e qualsiasi cosa sia, non è più fredda.
È la nuova fase della competizione tra superpotenze, uno scontro ibrido (e “guerra ibrida” è la definizione proposta dagli studiosi di materie belliche) che abbraccia aspetti militari, trans-militari e non-militari delle attività umane – in poche parole quasi tutto. Stati Uniti, Russia e Cina non hanno mai davvero smesso di combattersi su questo terreno. E mentre promettevano di svuotare gli arsenali li hanno invece diversificati e poi riempiti di nuovo. Su almeno quattro fronti: le armi nucleari, il cyber-warfare, le grandi infrastrutture come i gasdotti, i vaccini (sì, anche i vaccini sono ormai “continuazione con altri mezzi”).
Missili
L’11 marzo scorso il generale James C. McConville, capo di stato maggiore dell’esercito americano, in un meeting di esperti nella scuola d’élite di politica della George Washington University ha annunciato l’imminente spiegamento di nuovi supermissili, imprendibili ordigni ipersonici che vanno a Mach 5, con la creazione di una task force in Europa (con basi di lancio probabilmente in Polonia e Romania) e due nel Pacifico. La Lockheed Martin, ha detto il generale, “li sta costruendo mentre parliamo”. Ma – che sorpresa! – anche la Russia sta arrivando agli stessi sistemi d’arma, così come la Cina.
Usciti dalla porta dei trattati Start, i missili rientrano dalla finestra delle nuove tecnologie. Vista la velocità cinque volte superiore al suono, la decisione di fare fuoco non sarà affidata a un lento essere umano ma con ogni probabilità a un computer. Il dottor Stranamore sarà un algoritmo.
Cyber-warfare
Il 16 marzo il direttore della National Intelligence americana ha desecretato un rapporto in cui si afferma ufficialmente che la Russia e l’Iran hanno cercato di influenzare le presidenziali del 2020 – non alterando il numero di voti, come nelle deliranti accuse di Donald Trump, ma avvelenando il clima e seminando bugie politicamente redditizie, Teheran contro Trump e Mosca contro Biden.
È il seguito degli assodati tentativi russi di spingere le elezioni del 2016 a favore di Trump. Che sia a base di panzane scientificamente diffuse sui social media oppure di cimici sia russe che americane piantate nelle rispettive reti elettriche e in grado di manometterle (non è fantascienza o fake news: lo ha scritto il New York Times e il Pentagono non ha smentito), il conflitto corre sui fili del telefono o della corrente elettrica più ancora che sulle rampe di lancio. E senza trattati, regolamenti, lacci e laccioli che imbrigliano invece il potenziale delle armi propriamente dette.
Pochi giorni senza internet ridurrebbero alla fame qualsiasi metropoli cresciuta nell’era del just in time e dell’abolizione dei magazzini. E qualsiasi guerra a misura del presente non punta tanto a uccidere migliaia di soldati quanto a devastare le vite di milioni di civili disarmati, per piegare un’élite sconfitta al quadro politico del vincitore.
Gasdotti
Per alcuni, come l’eccellente Alberto Negri sul manifesto, sono i gasdotti il vero motivo della sparata su Putin il killer. Ultimato al 90%, il gasdotto Nord Stream 2 tra Russia e Germania è l’ultimo e più poderoso frutto di una ventennale guerra di idrocarburi tra la Russia che vuole vendere il suo gas all’Europa, e in offerta speciale, e gli Stati Uniti che vogliono mantenere la dipendenza energetica del vecchio continente.
Dopo il Greenstream con la Libia interrotto dai bombardamenti su Gheddafi dieci anni fa, dopo il Blue Stream fatto da Eni e Gazprom, dopo il South Stream tra Russia e Ue fatto saltare dalle sanzioni americane (la scusa fu l’invasione russa della Crimea) e il TurkStream che garantì al leader turco Erdogan calorie russe col 6% di sconto e l’ira di Washington, sul Nord Stream 2 Washington gioca pesante e senza paraventi, annunciando sanzioni contro le società che ci lavorano (sanzioni vuol dire sparire dalla legalità finanziaria mondiale, cioè fare la fine di Cuba o del Venezuela). La gleba europea, pure se atlantica, ricca e potente come la Germania, dovrebbe insomma adeguarsi o perire. E soprattutto smettere di comprare gas da “quell’assassino”.
Vaccini
L’illusione di sospendere i brevetti dell’arma-di-fine-di-mondo contro il Covid-19 è durata poco, giusto il tempo di abbuffarsi di finanziamenti pubblici e rialzi in borsa, poi ogni pezzo di Big Pharma è andato per sé. I singoli stati hanno prima operato per immunizzare i propri cittadini, quindi si sono occupati dell’uso politico di queste autentiche munizioni biologiche. Il vaccino russo Sputnik V ha già 56 paesi acquirenti che l’hanno registrato o stanno svolgendo le pratiche per farlo, e il 23 marzo – nel giorno in Putin stesso si è fatto inoculare il preparato a vettore virale – la Russia ha annunciato di mettere a disposizione del resto del mondo 700 milioni di dosi.
Il cinese Sinopharm sta seguendo una traiettoria analoga, e anche se i cinesi da vaccinare sono parecchi, la vaccine diplomacy di Pechino ha il vento in poppa soprattutto tra i paesi di Africa e Asia, poveri di tutto tranne che di materie prime, tagliati fuori dalla furia vaccinale dell’Occidente (il Canada avrebbe acquistato più dosi del numero dei suoi abitanti, scippando 5 milioni di vaccini persino al programma Covax per i Paesi poveri). È un altro motivo di conflitto con gli Stati Uniti, che avrebbero voluto commercializzare i vaccini delle proprie aziende in santa pace e ora si ritrovano temibili e funzionanti concorrenti.
L’Europa
Jens Stoltenberg è il segretario generale della Nato. Oggi e domani a Bruxelles, davanti ai ministri degli esteri dell’Ue, presenterà i piani dell’Alleanza Atlantica da qui al 2030 – piani che hanno già raccolto il grandissimo entusiasmo di tutti i dirigenti europei, da Ursula von der Leyen che fu ministro della difesa tedesco al presidente del Consiglio Ue Charles Michel passando, nel suo piccolo, per Mario Draghi. La parola d’ordine della nuova Nato è “autonomia strategica” e significherebbe decine di miliardi di euro per cybersicurezza, “minacce ibride”, mobilità, droni, comunicazioni, traffico spaziale… Ma “autonomia” è una parola vuota. La Nato sono 30 Paesi, 22 dei quali sono membri della Ue, il 90% degli europei vive in paesi Nato. Però il socio non-europeo è anche – e di gran lunga – quello che ci mette più money e quindi pretende value: gli Stati Uniti di Joe Biden. Presentando il meeting insieme al segretario di stato americano Tony Blinken, Stoltenberg è stato quindi chiarissimo: “Le attività destabilizzanti della Russia” e “l’ascesa della Cina” sono nel mirino della nuova Nato, che difenderà “l’ordine internazionale sfidato da potenze autoritarie”. Putin è un killer? “Putin è il responsabile di tutte le azioni dello stato russo, incluse le eliminazioni mirate di oppositori”.
Il trattato “Della guerra” di Von Clausewitz è del 1808. Nel 1999 due colonnelli cinesi dell’Esercito popolare (già Armata Rossa) scrissero “Guerra senza limiti – L’arte della guerra asimmetrica tra terrorismo e globalizzazione”. Due anni dopo le Torri gemelle crollavano a New York, il mondo prendeva fuoco e Qiao Liang e Wang Xiangsui diventavano i profeti dell’arte bellica. La bordata su Putin killer e il suo rovente seguito internazionale significa, con buona probabilità, che è in atto la campagna di arruolamento della nuova “guerra senza limiti”: gli Usa decisi a pretendere di nuovo la guida del “mondo libero” (e potendo anche dell’altro), e potenze autoritarie decise a mantenere ma ancora meglio a espandere la propria influenza. La prosecuzione dell’economia con altri mezzi.
Roberto Zanini
Pubblicato giovedì 25 Marzo 2021
Stampato il 25/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/il-risiko-del-mondo-libero-al-tempo-del-covid/