Proseguiamo con questa intervista il nostro viaggio nella memoria dei protagonisti della lotta partigiana nell’anno dell’80° della Liberazione dal nazifascismo (1945-2025).
Tonino Malossi, come ti sei avvicinato alla lotta partigiana?
Ero militare. Avevo vent’anni quando, nel 1942, mi hanno chiamato per andare in guerra. Fino ad allora avevo lavorato come falegname. Poi mi hanno arruolato nei bersaglieri, diventai persino sergente! Mi sono congedato dall’esercito con la fine del conflitto, quando sono andato in pensione però ho visto che figuravano anche un po’ di contributi da militare, e anche ora li mantengo, ma ci prendo sì e no un caffè…
Quindi eri un militare, cosa hai fatto l’8 settembre del 1943?
L’unica cosa che mi è sembrata ragionevole: sono scappato a casa mia. L’alternativa era venire catturato o ucciso dai tedeschi.
Come hai vissuto in quei mesi?
È stato un periodo bruttissimo. Non potevo, ovviamente, portare i miei abiti militari, quindi mi sono vestito in borghese e sono andato ad aiutare un contadino della zona. Era il contadino del prete e, in cambio del mio aiuto, mi ricompensava con qualcosa da mangiare. Sono rimasto a casa fino a gennaio del 1944, poi mi sono unito alla Resistenza.
In che zone e in che brigata hai operato?
Ho militato nel battaglione Cirillo della 4a Brigata Venturoli Garibaldi a Bentivoglio, il mio paese, e a Castel Maggiore. Ho avuto due ben due nomi di battaglia “Leo” e “Fracassa”.
Mi racconti qualche tuo ricordo?
Quella volta che sono arrivati gli aerei alleati a bombardare! Me lo ricordo come fosse ieri: volavano alti per evitare la contraerea, ma un aereo ebbe un guasto ai motori e i piloti si sono dovuti lanciare. I tedeschi ne hanno fermato uno dei due. L’altro invece, caduto più distante, è riuscito a scappare. La gente comune lo ha nascosto e gli hanno dato vestiti per togliersi di dosso quelli militari. È successo tra Budrio e Altedo a Minerbio. E purtroppo non mancavano le spie, provavano a infiltrarsi nelle formazioni, alcuni erano ragazzi molto più giovani di me. Una volta in due si presentarono come una coppia di fidanzatini, visi puliti, eppure erano delatori. Per fortuna abbiamo capito e sono stati allontanati. Ma provo tanta tristezza a ripensarci.
E voi partigiani che attività svolgevate?
Abbiamo fatto diverse cose. Una volta, era alla fine del 1944, verso Natale, in paese i fascisti avevano installato una linea telefonica per comunicare tra loro. Noi di notte andavamo a tagliargli i fili. Lo abbiamo fatto per una decina di volte e così i tedeschi hanno messo uno di loro in motocicletta per controllare. Noi comunque, sempre, in un modo o in un altro, riuscivamo a eludere quella sorveglianza e a tagliare i fili. Ma poi ho partecipato anche ad azioni armate.
Me ne racconti una?
Una sera un gruppo di 3 o 4 soldati tedeschi volevano portare via le bestie a un gruppo di contadini. Evidentemente volevano mangiarle. Uno di questi contadini era però un partigiano e ci ha avvisato della loro intenzione. Quindi andammo! Eravamo una squadra di circa 10 partigiani, loro erano in 3. Siamo riusciti a disarmarli senza troppa difficoltà. I contadini, ringraziandoci, si sono portati a casa le bestie. Mi ricordo ancora l’agitazione, ma almeno quella volta non ero da solo.
Hai fatto anche azioni da solo?
Si, come quella volta che sono andato a prendere le munizioni. Avevo con me una sporta, in cui misi le bombe a mano, e una pistola, che però non mi dava molta sicurezza perché è decisamente meno potente di un fucile. Nonostante qualche inconveniente, come un camion non militare parcheggiato dal quale mi sono dovuto nascondere e che mi ha fatto perdere tempo. Sono riuscito a tornare dagli altri e a distribuire le munizioni che avevo preso a chi ne aveva bisogno. La paura era tantissima, per un’azione del genere, se scoperti, si rischiava l’immediata fucilazione.
Gabriele Bartolini
Pubblicato venerdì 17 Gennaio 2025
Stampato il 17/01/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/il-partigiano-con-le-piume-sul-cappello-il-racconto-di-tonino-malossi/