Il mio corpo, la mia scelta. Così le donne polacche si sono espresse lunedì 3 ottobre manifestando nelle piazze principali del Paese – 30mila nella sola Varsavia – e ricevendo la solidarietà da più parti contro la proposta di legge per vietare l’aborto in ogni caso. Lo sciopero ha avuto successo perché il parlamento polacco ha rigettato la legge qualche giorno dopo. Durante il “lunedì nero” sei milioni di donne tra operaie, commesse, studentesse, casalinghe, impiegate, manager si sono prese un giorno libero e, vestite di nero, hanno protestato ispirandosi alle donne islandesi che, per dimostrare l’importanza del loro ruolo nella società, il 24 ottobre del 1975 si astennero dal lavoro e bloccarono il Paese.
La #CzarnyProtest, cioè protesta in nero (questo l’hashtag su twitter usato per le manifestazioni), è iniziata a fine settembre quando il Parlamento ha respinto la proposta di liberalizzare l’aborto. Nella cattolicissima Polonia infatti l’aborto è consentito fino alla 25ª settimana di gravidanza solo se ci sono danni gravi al feto, se è minacciata irrimediabilmente la salute della madre e per stupro o incesto. Dato che si tratta di una delle leggi sull’aborto tra le più restrittive al mondo, molte donne polacche si recano all’estero per abortire, in Slovacchia, Germania, Repubblica Ceca, Ucraina oppure ricorrono all’aborto clandestino (sarebbero tra le 100mila e le 200mila secondo le organizzazioni femministe). In piazza molte donne infatti sono scese impugnando una gruccia di metallo simbolo dell’aborto clandestino: in Polonia gli aborti illegali sono in crescita.
Il Pis (Diritto e giustizia), partito cattolico conservatore al governo, avrebbe voluto vietare del tutto l’aborto con una nuova legge. Però la massiccia protesta delle donne nei giorni scorsi – che ha ricevuto solidarietà in Europa e anche negli Stati Uniti – è stata un successo inaspettato.
La Commissione giustizia e diritti umani del Parlamento polacco ha raccomandato all’assemblea di respingere la legge proprio a seguito delle proteste di massa. Il partito di destra Diritto e Giustizia (Pis), attualmente al potere e che ha la maggioranza assoluta in Parlamento, ha subìto quindi un’umiliazione. Secondo l’ex prima ministra liberale Ewa Kopacz, come riportato dal Guardian, “sono stati spaventati dalle donne che hanno lottato e protestato nelle strade”. Gazeta Wyborcza, il giornale liberale polacco, ha parlato di scene drammatiche, di urla e caos in commissione dopo il dietro front sulla legge da parte dei membri del Pis. La proposta di legge in realtà ha avuto origine da una petizione di cittadini che hanno raccolto 450mila firme supportati dal gruppo conservatore Ordo Iuris e dalla coalizione Stop Abortion, nonché dalla Conferenza episcopale polacca, e che prevedeva anche pene detentive fino a 5 anni per i medici che praticavano l’aborto e per le donne che sceglievano questa strada. Invece la coalizione femminista Save Women aveva proposto una legge alternativa per liberalizzare l’aborto e dare alle donne diritto di scelta.
La prima ministra Beata Szydlo e il leader del Pis Jarosław Kaczyński, avevano dato il loro supporto alla legge per il divieto di aborto in ogni caso, ma il governo ha dovuto riconsiderare la questione a seguito delle forti proteste. La situazione resta comunque molto tesa, le donne polacche non abbassano la guardia. Tra le manifestazioni di solidarietà spicca quella della ong olandese Women on Waves che ha fatto sapere attraverso la sua fondatrice Rebecca Gomperts che sono pronte a garantire la presenza continuativa di una nave-clinica per aborti davanti alla costa polacca, nel caso le cose dovessero peggiorare. L’anno scorso la stessa ong, per fornire alle donne polacche la pillola abortiva – che ovviamente è vietata nel Paese – aveva fatto partire un drone dalla Germania con i medicinali.
Per il momento il pericolo di una legge ancora più restrittiva per le donne polacche è scongiurato. Secondo un sondaggio di opinione il 67% dei polacchi era contro questa legge. Questa ritrattazione ha scontentato molto i cattolici conservatori che sono la maggioranza dell’elettorato del Pis. “Vogliamo dottori, non missionari” gridavano le donne in corteo a Varsavia: le polacche hanno manifestato, hanno chiesto diritti e hanno ottenuto risultati. La strada per un pieno diritto di scelta però è ancora lunga da percorrere in Polonia, che comunque ha una legge sull’aborto restrittiva come, restando in Europa, quella di Irlanda, Irlanda del Nord, Andorra, San Marino, Liechtestein. A Malta e Stato del Vaticano invece l’aborto è illegale.
Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. Ha lavorato al settimanale La Rinascita della sinistra scrivendo di politica estera e società. Collabora con Linkiesta.it e si occupa di formazione giornalistica per ragazzi
Pubblicato giovedì 13 Ottobre 2016
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