Dobbiamo essere tutti grati all’ANPI per quello che la storica associazione dei partigiani rappresenta per tutti gli italiani. La nostra democrazia è frutto delle lotte partigiane e del sacrificio di una generazione che si è battuta per la difesa della libertà, della tolleranza, dell’unità del Paese. È un patrimonio di idee, di valori, di passione civile che non bisogna disperdere, ma che anzi bisogna continuare a trasmettere ai giovani, nelle scuole, nel mondo del lavoro ed in tutti gli ambiti della nostra società. L’ANPI è stata sempre un punto di riferimento costante, un argine alla xenofobia, una barriera culturale nei confronti di chi attacca la convivenza dei popoli, il diritto all’accoglienza e la solidarietà, di quanti oggi cercano di minare il disegno di una Europa unita nei valori della libertà, della tolleranza, dell’integrazione pacifica.
Sono gli stessi princìpi che insieme al diritto al lavoro ed alla valorizzazione della persona umana, ritroviamo nella Costituzione e su cui si fonda la nostra Repubblica.
Senza lavoro non c’è sviluppo, progresso, libertà. Purtroppo questo tema così importante non ha quella attenzione che merita da parte del mondo della politica ed in generale di quanti hanno responsabilità istituzionali. In Italia ci sono quasi tre milioni di persone disoccupate, di cui quasi la metà sono tanti giovani che non riescono a trovare una opportunità di crescita ed una occasione di riscatto civile e sociale, soprattutto nel Mezzogiorno. Indubbiamente ci sono stati dei segnali positivi con la decontribuzione e gli sgravi fiscali dell’ultima legge di stabilità, con quasi 800mila assunzioni stabili che non sono poca cosa di fronte ai dati negativi dello scorso anno. Ma bisogna fare molto di più.
Il Governo deve impegnarsi in Europa, ricercando le giuste alleanze per far cambiare le politiche di rigore che hanno fatto aumentare le diseguaglianze sociali e l’area della povertà. Ma bisogna concentrarsi di più anche sulle questioni della crescita, la politica industriale, le nuove infrastrutture, l’energia pulita, la tutela del territorio, con i necessari investimenti in innovazione, ricerca, formazione. Per fare tutto questo è indispensabile un “patto sociale” ed una maggiore coesione sociale. È un’illusione pensare che le riforme si possano fare saltando la mediazione dei corpi sociali. Le società complesse non si governano solo con le istituzioni politiche. Anche i Governi più forti ed autorevoli hanno bisogno di favorire la massima condivisione sulle scelte per rendere davvero efficaci le riforme. Il ruolo di sintesi del sindacato e dei corpi intermedi è fondamentale in una società frammentata, dove ci sono tante diseguaglianze, tante persone che non hanno voce, rappresentanza, titolo per esprimere la voglia di cambiamento e di progresso.
Certo, anche il sindacato deve adeguarsi ai cambiamenti della società e del mercato del lavoro. Rappresentare i giovani significa aprirsi anche agli inevitabili cambiamenti generazionali. Ma le condizioni di vita delle persone possono cambiarsi solo attraverso la via della rappresentanza e della responsabilità, come ci insegna anche la storia dell’ANPI, altrimenti rischia di prevalere l’antagonismo, il populismo, una concezione in cui prevale solo la logica del più forte sui deboli.
Annamaria Furlan, Segretaria Generale CISL
Pubblicato lunedì 7 Marzo 2016
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