(Imagoeconomica, Clemente Marmorino)

L’equazione persone straniere uguale pericolo – anche in merito alla conservazione del colore della pelle – è uno standard securitario veicolato da tutte le destre e quella al governo presieduta da Giorgia Meloni non è da meno (e va a avanti senza freni: in ultimo la stretta con il decreto flussi, già ribattezzato “affoga-naufraghi”, approvato con voto di fiducia). I dati ci dicono tuttavia il contrario: in Italia risiedono 5 milioni di cittadini e cittadine straniere, comunitari e non comunitari e rappresentano l’8,7% del totale dei residenti, come attesta Noi Italia 2024 (Noi Italia 2024 – home, Istat.it), un report pubblicato dall’istituto di statistica con cadenza annuale dal 2008, che contiene una serie di indicatori sulla realtà del nostro Paese (ambientali, demografici, economici e sociali), sulle differenze regionali in un più ampio quadro europeo.

(Imagoeconomica, Clemente Marmorino)

Rispetto alla sicurezza, il rapporto annuale dell’associazione Antigone conferma una presenza straniera pressoché stabile nelle sovraffollate carceri italiane, con una percentuale rispetto al totale pari al 31,3% (È vietata la tortura – XIX Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione, rapportoantigone.it).

Lo studioso di semiotica e scrittore Umberto Eco, 1932-2016 (imagoeconomica, Sergio Oliverio)

Sull’uso politico della paura, Umberto Eco scriveva che “avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci uno ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori, e mostrare nell’affrontarlo, il valore nostro. Non avendo un’ideologia comune per aumentare la nostra coesione sociale abbiamo enfatizzato le differenze rispetto agli altri”.

Giorgia Meloni (Imagoeconomica, Sara Minelli)

Fatta chiarezza su questo punto, il crescente interventismo della politica nell’insegnamento e nella divulgazione della storia rappresenta un pericolo esiziale: non solo perché la storia, intesa come disciplina critica e analitica del passato, non può sottostare ad alcun vincolo dei dettami del politico di turno, ma anche perché l’identitarismo passa proprio da una sua manipolazione e falsificazione.

Cartina dell’Impero Romano. Sopra la testata della rivista “Science” (nostra composizione)

È importante dunque ricordare che “l’Italico Popolo” ha discendenze più varie che mai, come mostra uno studio internazionale condotto dalle Università di Stanford, di Vienna e de La Sapienza di Roma, studio che si è guadagnato la copertina della prestigiosa rivista scientifica Science (“Ancient Rome: A genetic crossroads of Europe and the Mediterranean”, Science).

“Il mercato degli schiavi”. Gustave Boulanger, olio su tela, 1886

La ricerca ha analizzato 127 genomi degli antichi Romani (e dei loro contesti archeologici, 29 in tutto) lungo 12mila anni di storia, rivelando una diversità genetica già al tempo delle origini dell’Urbe: mentre l’Impero Romano si espandeva nel Mar Mediterraneo, migranti dal Vicino Oriente, Europa e Nord Africa si sono stabiliti a Roma, cambiando sensibilmente il volto di una delle prime grandi città del mondo antico.

Raffaello, “Incoronazione di Carlo Magno”

Con la scissione dell’Impero, il trasferimento della capitale a Costantinopoli (l’odierna Istanbul), i regni romano-barbarici, l’ascesa del Sacro Romano Impero, vi è stato un afflusso di tratti genetici dalle popolazioni dell’Europa centrale e settentrionale.

Calzatura araba da uomo

E se non bastasse la scienza, ci pensa la linguistica: il nostro vocabolario è ricchissimo di lasciti da parte di altri popoli, legati alle dominazioni politiche che l’Italia ha subito a partire dalla caduta dell’Impero romano. Così ciabatta, prima di essere una calzatura dimessa e familiare, era il nome turco di una scarpa bassa di origine persiana (turco čabata, XIV secolo); gondola, approdata a Venezia insieme ai bizantini: dal greco kondûra, tipo di barca, e il verbo italiano “(d)ondola(re)”.

Supplì

E poi tutta la schiera di arabismi che rivelano i campi in cui queste genti eccellevano: il commercio (dogana, magazzino, tariffa, quintale, rotolo, risma); la vita marinaresca (ammiraglio, dall’arabo amir; arsenale e darsena, entrambi derivanti dall’arabo dar-sina’a “fabbrica”); la chimica (alambicco, alcali, alchimia, elisir); la matematica (algebra, algoritmo, cifra e zero; questi ultimi due derivano entrambi dall’arabo šifr); l’astronomia (azimut, zenit, almanacco, dall’arabo al-manah, “il tempo”). Anche il supplì, pietanza indiscutibilmente capitolina, deve l’origine del suo nome al francese surprise, sorpresa (qui Mediterranea ArteTradizioni | Facebook o qui @mediterranea_artetradizioni • Foto e video di Instagram la storia).

Statua della Madonna del Soccorso (San Severo)

Come del resto anche le icone religiose dalla “pelle nera” – Madonna Nera di Viggiano, patrona della Basilicata, San Nicola di Bari, Madonna Nera di Oropa, in Piemonte – venerate con la stessa sacralità e devozione di tutte le altre, che mostrano quanto le contaminazioni facciano parte del bagaglio culturale presente da secoli in Italia, dove più che le civiltà sono stati gli uomini e le donne ad incontrarsi, dove le diversità culturali hanno acquistato una rilevanza eccezionale. E dimostrano di essere la ricchezza più significativa dell’umanità.

Mariangela Di Marco, giornalista