Il Congresso nazionale dell’ANPI che si svolgerà a Rimini nei prossimi giorni è il sedicesimo di una serie che si snoda a partire dal primo Congresso del 1947: una distanza temporale che può apparire abissale ai più giovani, ma che dà di per sé la dimensione non solo cronologica ma anche e soprattutto storica e politica, di quanto l’ANPI sia stata insieme protagonista e testimone della vita della nostra Repubblica.
Uno sguardo retrospettivo sui congressi nazionali offre pertanto più di uno spunto utile a ricostruire un percorso che è storia di idee e di programmi e, insieme, storia di donne e uomini, i cui nomi, elencati negli organigrammi e nelle liste dei delegati congressuali, sono sufficienti a evocare la statura umana e morale di un ceto politico (usiamo questa espressione nel suo significato più ampio) emerso dalla persecuzioni, dalle macerie della guerra e dalla lotta antifascista con il fermo proposito di promuovere il più radicale ed esteso rinnovamento civile e istituzionale mai conosciuto nella storia del nostro Paese dall’unificazione in avanti.
Una ragionata fiducia nella forza unificatrice della tensione antifascista è il filo conduttore che attraversa i primi congressi dell’Associazione, accompagnato, però, dalla consapevolezza che la Liberazione, la Repubblica e la Costituzione (di cui si è da poco finito di discutere al momento in cui si riunisce il primo Congresso, nel dicembre 1947) hanno condotto a realizzazioni storiche, ma non irreversibili, e già rimesse in discussione dal revanscismo delle componenti reazionarie e filofasciste, ancora presenti nella società e nelle istituzioni malgrado la sconfitta subita il 25 aprile 1945, alle quali la guerra fredda e la contrapposizione tra Est e Ovest offrono nuove e insperate opportunità di riorganizzazione e di rivincita.
L’ANPI non resterà certo estranea ai condizionamenti del bipolarismo, e, anzi, come, se non più di altri soggetti, ne subirà le conseguenze: non solo le divisioni attraversano anche il movimento di Liberazione (il secondo Congresso dell’ANPI, nel 1949, prenderà atto dell’abbandono dell’associazione da parte di Parri e di alcuni partigiani azionisti ed osovani), ma la volontà di fare tabula rasa della storia recente del nostro Paese si tradurrà nella persecuzione giudiziaria verso i partigiani, primo di molti tentativi di delegittimazione della Resistenza, posto in essere da quanti, nel mondo politico e nelle istituzioni, guardavano con nostalgia al passato fascista e prefascista.
È peraltro la costante sottolineatura dello spirito unitario e solidale dell’antifascismo espresso nella Costituzione, ribadita nei congressi del 1949 e del 1952, a consentire all’ANPI di continuare a rappresentare uno dei pochi canali aperti di dialogo e di confronto tra correnti ormai schierate su fronti opposti, e di guardare oltre le divisioni di un presente gravato da tensioni internazionali ed interne sempre più minacciose; il 1956, l’anno della destalinizzazione e dell’Ungheria, nonché della crisi di Suez, un vero spartiacque nella storia del dopoguerra, è anche l’anno nel quale il 4° Congresso nazionale segna la ripresa del cammino unitario della Resistenza nell’impegno a dare piena attuazione alla Carta costituzionale, imprimendo una netta inversione di tendenza rispetto all’orientamento immobilista prevalso nella prima legislatura repubblicana.
L’impegno per l’attuazione della Costituzione costituisce il terreno privilegiato sul quale Arrigo Boldrini, presidente dell’ANPI dal 1947 al 2006, prospetta la riunificazione delle componenti delle diverse anime del movimento di Liberazione, in occasione del congresso di Torino nel 1959, anticipando con la sua proposta l’afflato unitario che porterà il Consiglio federativo della Resistenza, nato anche per impulso dell’assise torinese, a essere punto di riferimento del moto antifascista che, nel luglio 1960, porterà alla caduta del governo Tambroni, il monocolore democristiano sorretto dai voti del partito neofascista, che avrebbe dovuto costituire il fulcro di una soluzione autoritaria alla crisi politica in cui si dibatteva il Paese.
Tentativi in tal senso, peraltro, si riproporranno con cadenze ravvicinate, nei venti anni seguenti: dal “tintinnio di sciabole” del 1964 alla strage di Piazza Fontana, all’attentato alla stazione di Bologna.
Contro la strategia della tensione e lo stragismo neofascista, l’ANPI si adopererà attivamente indicando, sia in occasione del congresso nazionale del 1964 sia in quello successivo del 1971, nell’unità antifascista in difesa della Costituzione repubblicana, il punto focale di convergenza per tutte le forze realmente interessate alla difesa della democrazia.
In queste stesse occasioni, tra l’altro, l’ANPI si apre ancor più che in passato ai temi della politica internazionale, rivolgendo una particolare attenzione ai movimenti di liberazione del Terzo Mondo e ai tentativi di articolare la dialettica tra le nazioni e i popoli oltre le strettoie del bipolarismo, e rafforzando un orientamento europeista di cui lo stesso presidente Boldrini si era fatto convinto promotore.
È peraltro una caratteristica dell’Associazione e dei suoi congressi quella di estendere progressivamente il proprio sguardo su tutti i temi della vita politica e sociale (numerosi congressi nazionali, ad esempio, dedicano parti non secondarie delle discussioni e delle deliberazioni ai temi della scuola, dell’informazione e della libertà di stampa) affinché la riaffermazione dei valori della Resistenza e della Costituzione non si riduca ad una mera enunciazione di principi, ma si commisuri sempre alle condizioni reali del Paese e alle sue criticità: già i congressi del 1976 e del 1981, e soprattutto quest’ultimo, lanciano un monito particolarmente lungimirante sui rischi impliciti nei primi e non disinteressati progetti di revisione costituzionale e sottolineano l’esigenza di riforme che muovano nella opposta direzione della piena attuazione dei principi della Carta del 1948, soprattutto nei settori della difesa e della pubblica sicurezza, oggetto di un forte e diffuso allarme sociale a fronte delle crescenti minacce del terrorismo (tra i due congressi si colloca, nel 1978, l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse) e della criminalità organizzata.
Il congresso del 1986 ed ancora di più quello del 1991 segnaleranno anche con viva preoccupazione i rischi impliciti nel progressivo degrado della vita pubblica, la diffusione dei fenomeni di corruzione e l’azione corrosiva di forze occulte, come la Loggia P2, miranti a rimettere in discussione le conquiste democratiche realizzate dalla Resistenza e codificate nella Costituzione; tutti fenomeni che sono alla base della crisi politica e istituzionale dei primi anni 90, e che inquadrano anche l’offensiva di un revisionismo storico-politico particolarmente aggressivo, che fa della denigrazione sistematica della Resistenza una componente non secondaria di una strategia più generale di delegittimazione della Repubblica nata da quella lotta.
Sono gli anni delle trasformazioni epocali delle relazioni internazionali, con la fine del blocco sovietico, del bipolarismo e della guerra fredda, con il rilancio dell’unità europea e con l’apertura di scenari inediti e difficilmente decifrabili, ai quali corrisponde, sul piano interno, una radicale ristrutturazione del sistema politico e l’apertura di una fase di incertezza ed instabilità politica che difficilmente può dirsi ancora oggi conclusa. È un contesto nel quale l’ANPI assume il compito di rispondere alle forti e persistenti domande di rinnovamento provenienti dalle istituzioni e dalla società civile, senza cedere alle tentazioni di un “nuovismo” basato sull’intreccio tra autoritarismo politico e ultraliberismo economico, incarnato nella classe dirigente espressa dal centrodestra, ma spesso assecondato da un centrosinistra in crisi di identità e di idee.
Sono questi i temi sui quali si misurano i congressi del nuovo secolo: dal congresso del 2001 che, nel denunciare i processi di degenerazione del sistema democratico, si conclude con un appassionato appello in favore di un rinnovato senso di partecipazione democratica per contrastare i fenomeni di astensionismo e di disaffezione per la politica, al congresso del 2006, che, oltre a denunciare vigorosamente le implicazioni autoritarie della revisione costituzionale elaborata dalla maggioranza di centrodestra, poi sconfitta dal voto referendario, dà seguito all’appello del precedente congresso e vara una modifica statutaria densa di importanti implicazioni politiche, in quanto consente l’iscrizione all’ANPI alle generazioni più giovani, a coloro i quali, pur non avendo vissuto la Resistenza, ne condividono i valori e l’ispirazione politica e morale. Un’apertura i cui risultati verranno valutati dal 15° Congresso del 2011 – il congresso del 150° anniversario dell’Unità nazionale – in modo più che lusinghiero, non soltanto per i risultati conseguiti sul piano del rafforzamento organizzativo della compagine associativa, ma soprattutto in termini politici.
Con la riforma statutaria del 2006, l’ANPI, come è stato giustamente affermato, è diventata “la casa di tutti gli antifascisti che credono nel valore della Costituzione”, e il principale canale di trasmissione tra le generazioni della memoria e dei valori della Resistenza.
L’ANPI giunge al suo 16° Congresso con un bagaglio di realizzazioni importanti. Non crediamo di fare facile trionfalismo, dicendo che in questi anni la sua autorevolezza e la sua credibilità si sono accresciute, per la volontà di guardare al passato con spirito critico, contrastando con l’analisi storica e la riflessione politica le mistificazioni di un revisionismo fazioso e strumentale, e per la capacità di misurarsi in modo equilibrato e ispirato a un forte senso delle istituzioni, con le sfide di una società attraversata da persistenti spinte al cambiamento e con le non facili scadenze che il nostro Paese si accinge ad affrontare.
C’è più di un motivo, dunque, per ritenere che l’ANPI uscirà ulteriormente rafforzata dal suo 16° Congresso, in continuità con un passato che è parte integrante e rilevante della storia della Repubblica, giunta a celebrare il settantesimo compleanno in un clima denso di interrogativi, ma anche di speranza, sul suo più o meno prossimo futuro.
Pubblicato mercoledì 11 Maggio 2016
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