La corona deposta nel Cimitero di Hildesheim

Il 26 marzo 1945, sulla piazza del mercato di Hildesheim ebbe inizio una serie di esecuzioni pubbliche, che proseguirono in quel luogo e altrove fino al 5 e 6 aprile. In totale, i feroci dittatori nazionalsocialisti fecero assassinare 209 persone e gettarono poi i corpi in una fossa comune. Con una sola eccezione. Si trattava di prigionieri di guerra stranieri e lavoratori forzati, per lo più italiani. In occasione dell’80° anniversario delle uccisioni arbitrarie avvenute poco prima della fine della guerra, la città di Hildesheim, insieme all’Associazione Italo-Tedesca, ha organizzato una cerimonia commemorativa che ha avuto luogo il 27 marzo scorso nel cimitero di Nordfriedhof, dove oggi si trova la lapide con la scritta “208 ignoti” apposta nel 1959 e di fronte a essa il monumento con la scritta “Ai Caduti Italiani”, inaugurato il 23 marzo 1969, fatto erigere dal Consolato italiano ad Hannover.

27 marzo 2025, la commemorazione della strage del ’45

Le 208 persone assassinate erano cittadini stranieri che furono sepolti in una fossa comune nella sezione stranieri di quello che allora era il Cimitero Centrale; uno era tedesco, e venne sotterrato a parte. Oltre al sindaco di Hildesheim, il dottor Ingo Meyer e il Console Generale d’Italia, David Michelut, insieme ad altre autorità, era presente anche Enzo Iacovozzi, presidente dell’Associazione Italo-Tedesca, il quale mantiene i contatti con alcuni discendenti delle vittime.

Francesco Paolo Potena

Tra le vittime c’era anche un mio compaesano di Capracotta (IS), il sergente maggiore dell’Esercito italiano, Francesco Paolo Potena (nato a Capracotta, il 19 maggio 1910 – morto a Hildesheim, il 26 marzo 1945). Durante la Seconda guerra mondiale fu dislocato in Albania e successivamente in Grecia. Tra il 9 e il 20 settembre 1943 fu fatto prigioniero dall’esercito tedesco, condotto in Germania e internato nel campo di concentramento di Hildesheim, vicino ad Hannover. Il 22 marzo 1945 la città fu bombardata dagli americani e dagli inglesi e furono colpite le vie di comunicazione e i depositi di cibo.

Dai vari lager si fanno confluire i lavoratori coatti e i prigionieri per rimuovere le macerie. Si tenta di creare alcuni passaggi attraverso i cumuli di mattoni e rottami. A questo punto ha inizio la tragedia. Il 26 marzo, lunedì delle Palme, verso le 16,30, un gruppo di 500 italiani, dopo aver consumato il rancio, invece di tornare al vicino paese di Barienrode, dove erano stati trasferiti i loro lager, passa in ordine sparso accanto al magazzino militare della Wehrmacht sulla Wachsmuthstrasse, di fianco alla stazione ferroviaria, dove gli incendi stanno distruggendo grosse quantità di viveri, tra cui casse di formaggi. Il magazzino è sorvegliato da poliziotti tedeschi che invitano connazionali e stranieri a prelevare qualcosa prima che tutto vada perduto.

Veduta aerea della citta di Hildesheim nel 1945

Un centinaio di italiani, guidati dal sergente maggiore Francesco Paolo Potena, rimangono radunati per qualche momento nei pressi della stazione ferroviaria e vengono circondati da reparti delle SS posti in allarme, e lo stesso capita ad altri piccoli gruppi. Il prelevamento di viveri da un edificio pubblico o privato è considerato sciacallaggio e viene punito dai nazisti con la morte. Ai posti di blocco comincia la perquisizione dei gruppi. I primi vengono rilasciati: per esempio, Lucio Mazzini, di Rocca Malatina, in provincia di Modena, che si libera in tempo di ciò che aveva preso, e Ulderico Berzegotti, di Macerata Feltria, in provincia di Pesaro, insieme a quelli che sono riusciti a liberarsi di quanto avevano prelevato. Gli altri, quasi tutti, che hanno in tasca 2, 5, 10 scatolette di formaggio, vengono condotti, scortati da agenti della Gestapo e delle SS, nel carcere ausiliario della città, dove sono già state rinchiuse un centinaio di persone: russi, polacchi, francesi, austriaci, uomini e donne, tra cui anche un milanese, un certo Merlotto, che riuscirà a sopravvivere.

La piazza del mercato di Hildesheim

Nella piazza del mercato, dove si era radunata una piccola folla plaudente, incominciarono le impiccagioni, con modalità raccapriccianti. I prigionieri venivano fatti sdraiare faccia a terra, in attesa di andare al patibolo. Quando arrivava il loro turno, prima dovevano partecipare al recupero della salma di chi li aveva preceduti e poi erano costretti a salire su un bidone alto sessanta centimetri. A questo punto, un funzionario della Gestapo, o lo stesso Huck (un componente delle autorità locali del regime nazionalsocialista) metteva loro un cappio intorno al collo, il bidone veniva spostato e iniziava l’agonia del condannato. Per velocizzare le operazioni, un aiutante del boia tirava i prigionieri per le gambe. Gli ultimi cadaveri vennero lasciati penzolare dalla forca, con un cartello in cui era scritto: «Chi saccheggia muore».

27 marzo 2025. Ricevimento nella sede del Comune di Hildesheim

Il caso volle, che essendo stato un dirigente nazionale, prima della Confederazione dei Sindacati Tedeschi (DGB) e poi del Sindacato Nazionale dei Lavoratori del Settore Minerario, Chimico, Energetico (IG BCE), il Primo Maggio 2015 ebbi l’onore in rappresentanza della DGB di fare l’intervento politico principale ad Hildesheim, città di oltre 100.000 abitanti, proprio nella Piazza dove avvenne l’eccidio, non mancando ovviamente con grande emozione di citare il tragico e triste evento. Qualche anno dopo, il 27 marzo del 2017, organizzammo assieme al Consolato Generale d’Italia di Hannover, la DGB provinciale e l’Associazione Italo Tedesca di Hildesheim, un grande evento in memoria dei Caduti e in modo particolare di Francesco Paolo Potena, depositando in presenza del figlio Lorenzo e il nipote Paolo due corone sulla fossa comune nel cimitero di Hildesheim.

Ingo Meyer (1969), avvocato e politico è sindaco di Hildesheim

Dopodiché fummo ricevuti dal sindaco della città, dottor Ingo Meyer, il quale in occasione si scusò pubblicamente in nome di tutta la cittadinanza di Hildesheim nei confronti dei presenti familiari per il male e il dolore causato dai tedeschi alla famiglia Potena. “La migliore assicurazione contro l’odio internazionale, il fascismo e il nazionalsocialismo è e rimane la memoria viva e l’impegno con la storia”, così il dottor Meyer. Evento molto toccante che non dimenticherò mai!

E proprio per tener viva la memoria, la giovanissima pronipote di Paolo, Francesca Paola, ha organizzato quest’anno una mostra presso il liceo linguistico “Le Filandiere” di San Vito al Tagliamento che lei frequenta, raccontando la triste storia del suo bisnonno davanti al pannello a lui dedicato.

Giovanni Pollice


Testi consultati

*R. Lazzero, Gli schiavi di Hitler. I deportati in Germania nella Seconda guerra mondiale, Mondadori, Milano 1996, pp. 241-242.

*L. Di Nucci, Ultimi fuochi di ferocia nazista. Il massacro degli internati militari italiani di Hildesheim nel marzo 1945, in «Ricerche di Storia politica», XIV:1, Bologna, aprile 2011, pp. 87-98.