È passato un anno dal 10 febbraio 2016, giornata nella quale ogni anno viene commemorato il Giorno del ricordo, istituito con una legge dal 2004. Una delle tante manifestazioni si svolge anche a Gorizia, in Friuli Venezia-Giulia. In quella occasione presenziano autorità civili e militari: il Sindaco della città di Gorizia, Ettore Romoli, forzista con trascorsi missini; il Presidente della Provincia di Gorizia, Enrico Ghergetta, PD con militanza nel PCI; gli assessori regionali PD Sara Vito e Gianni Torrenti. Nel corso della manifestazione Luca Urizio, Presidente provinciale della Lega Nazionale, rivela un fatto sconvolgente: “l’archivio del Ministero degli Esteri ha celato per oltre 70 anni un documento sconosciuto (1) che confermerebbe l’esistenza di una foiba a Corno di Rosazzo. Nella cavità carsica naturale, situata nel cuore dei Colli orientali a cavallo tra le provincie di Udine e Gorizia, sarebbero state gettate nel 1945 tra le 200 e le 800 persone” (il Messaggero Veneto 11.02.2016). Urizio, riporta ancora quel giornale, ha poi “espressamente citato il partigiano Sasso (il gradiscano Mario Fantini) e il partigiano Vanni (al secolo Giovanni Padoan di Cormons), coinvolti anche nell’eccidio di Porzus”.
Si tratta di una notizia che, oltre ad avere pesante rilevanza penale per gli ipotetici attori della strage, li ha anche nei confronti di chi ha fatto i loro nomi, che incorrono nell’ipotesi di reato di diffamazione. La stampa locale, e non solo essa, approfitta della sensazionale notizia per scatenare nei mesi successivi una campagna stampa di cui si riportano solo alcuni indicativi titoli:
«La fossa comune di Rosazzo. Ci sono i testimoni» (il Messaggero Veneto 19.02.2016);
«Il figlio del testimone: “Così venivano uccisi nella vecchia cjasate”» (2). (il Messaggero Veneto 26.02.2016);
«Il caso della fossa comune: a Rosazzo sono due i luoghi degli eccidi» (il Messaggero Veneto 02.03.2016);
«Il caso della fossa comune: ecco la casa di Truda, il secondo mattatoio» (il Messaggero Veneto 03.03.2016);
«Friuli, spunta una nuova ‘foiba’: lì dentro almeno duecento morti» (il Primato Nazionale 04.03.2016);
«Questa zona? È un cimitero: Nuove rivelazioni su fosse comuni» (il Gazzettino 14.03.2016);
«Le carte di Premariacco: ecco i nomi dei morti» (il Messaggero Veneto 03.05.2016).
Sono avviate le indagini e la ricerca del sito in cui trovare i resti umani dell’eccidio. Il territorio individuato per l’ubicazione della “foiba”, in un primo tempo circoscritto a una singola frazione, si estende nei due comuni di Manzano e Corno di Rosazzo e nei mesi successivi alla rivelazione è battuto in lungo e in largo, ispezionando ogni possibile anfratto, anche con l’ausilio di gruppi di speleologi. Nel frattempo spuntano “testimoni” che hanno sentito dire…
Le indagini però non si limitano a questo. Si tratta di fatti di rilevanza penale, quindi la Magistratura estende il suo lavoro anche a Roma, negli archivi dei Ministeri agli Esteri e alla Difesa, dello Stato Maggiore dell’Esercito e dei Servizi Segreti, ma nulla emerge da tali ricerche, tant’è che, dopo dieci mesi di infruttuose ricerche, il fascicolo sulla “Foiba di Rosazzo” viene archiviato.
C’è da sottolineare il fatto che il Comune di Gorizia ha finanziato l’operazione di ricerca del signor Urizio con fondi pubblici, spesi, in questi tempi di “vacche magre”, per una “bufala”. Il sensazionale documento prodotto da Urizio non è affatto un documento sconosciuto e di ciò dobbiamo gratitudine al gruppo di “Resistenza Storica” (3), che ha dimostrato come questo fosse già stato vagliato dalla Magistratura in occasione del cosiddetto “processo sulle foibe” promosso avanti la Corte d’Assise di Roma nei confronti di Oskar Piskulic e altri (il processo, dopo essersi dimostrato insostenibile, finì annullato per incompetenza territoriale). Il documento – una semplice informativa, come si può ben vedere dall’allegato – non è allora ritenuto attendibile ed è quindi privo di valore. Eliminata quindi la possibile rilevanza penale nei confronti di “Sasso” e di “Vanni”, resterebbe un’ipotesi di rilevanza penale nei confronti del Sig. Luca Urizio, Presidente della Lega Nazionale.
Questo esempio, che per la pubblica opinione nel resto d’Italia potrebbe apparire come un caso sporadico, è all’ordine del giorno qui, al confine orientale, dove in prima linea si sono vissute le terribili vicende non solo della “Grande guerra” e della Seconda guerra mondiale, ma anche il lungo periodo della “Guerra fredda”, che per decenni ha condizionato e, come appare evidente in questa vicenda, condiziona tuttora lo sviluppo socio-politico, con pesanti ripercussioni, in particolare, sui diritti della minoranza slovena presente in regione. Un territorio nel quale genti di lingue diverse hanno convissuto per secoli senza tensioni nazionalistiche è stato oggetto della violenza ideologica, politica, sociale dettata dall’assunto dell’«italianità», cardine del fascismo di frontiera. Un territorio sottoposto a servitù militari per quasi la metà della superficie regionale, che hanno condizionato e penalizzato con vincoli, divieti e restrizioni lo sviluppo economico. Un territorio che ha subito una vera sclerotizzazione sul piano politico per la presenza delle strutture della organizzazione segreta Gladio, fino alla nuova stagione delle frontiere aperte tra paesi comunitari.
Nel clima sopra descritto i partigiani, quelli appartenenti alle Brigate Garibaldi, hanno subito pesantissime discriminazioni, ingiurie, processi. Alcuni hanno dovuto fuggire all’estero, altri sono dovuti sparire dalla vita sociale e pubblica nella speranza, vana, che rendendosi invisibili non sarebbero stati perseguitati. Con un’opera di diffamazione perseguita con sistematica pervicacia, si tenta, ancora oggi, di trascinare nel fango l’intero movimento resistenziale friulano che, a fronte di qualche ombra, ha invece espresso momenti memorabili di lotte unitarie tra le diverse anime della resistenza e con il movimento di liberazione jugoslavo. Un movimento che, quando la lotta si era fatta più dura, si mostrava capace di avviare esperienze di amministrazione civile e democratica, come quelle delle Zone Libere della Carnia e del Friuli Orientale in un territorio, annesso al Terzo Reich, nel quale si consumavano le brutali repressioni naziste e dei repubblichini: in prima fila la Decima MAS del golpista Valerio Borghese, i cui reduci vengono ricevuti ogni anno, in forma solenne, nella Residenza municipale di Gorizia dal Sindaco Ettore Romoli.
Ora, di fronte alla verità oggettiva della non esistenza della fossa e degli eccidi (notizia riportata sulla stampa in secondo piano), ci si aspetta, da coloro che presenziarono a quella manifestazione e che, pur appartenendo al PD, non sentirono un moto di repulsione di fronte alle affermazioni denigratorie nei confronti di due noti ed eroici capi partigiani, una dichiarazione di scuse e di disappunto. Nei confronti degli autori delle affermazioni diffamatorie ci si aspetta invece un’azione penale d’ufficio, per essere state formulate in presenza del viceprefetto di Gorizia Antonino Gulletta.
Luciano Marcolini Provenza, dell’ANPI Cividale del Friuli
Note
1) Il documento citato proviene dall’Ufficio Informazioni Nucleo Stralcio, I sezione – gruppo speciale (ex I Gruppo della Calderini) dei Servizi segreti;
2) Cjasate in lingua friulana sta per casa brutta, fatiscente;
3) Resistenza storica: rimandiamo per maggiori informazioni e approfondimenti al sito www.diecifebbraio.info
Pubblicato venerdì 17 Febbraio 2017
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