Pubblichiamo uno stralcio della relazione del magistrato Carlo Brusco svolta il 9 gennaio 2016, al seminario sul tema “Per uno Stato pienamente antifascista” promosso dall’ANPI nazionale e dall’Istituto Alcide Cervi a Gattatico (Reggio Emilia).

Una delle tante manifestazioni di neofascismo razzista allo stadio (da http://crampisportivi.altervista.org/wp-content/uploads/2014/05/striscionelazio.jpg)
Una delle tante manifestazioni di neofascismo razzista allo stadio (da http://crampisportivi.altervista.org/wp-content/uploads/2014/05/striscionelazio.jpg)

Esistono due argomenti distinti che occorre esaminare separatamente dal punto di vista normativo e dell’applicazione giurisprudenziale.

Il primo riguarda in particolare la normativa sulla ricostituzione del disciolto partito fascista che la disposizione XII delle disposizioni transitorie e finali della Costituzione vieta “sotto qualsiasi forma”. In applicazione di questa norma costituzionale fu approvata, nel 1952, la cosiddetta “legge Scelba” (l. 20 giugno 1952 n. 645). Questa legge precisa (art. 1) che cosa si intende per “riorganizzazione del disciolto partito fascista” che si ha quando un movimento “persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione…”; la legge prevede pesanti sanzioni penali per chi venga condannato per questo reato e sanzioni di minor gravità per i reati di apologia del fascismo e di manifestazioni fasciste.

Il secondo tema è quello disciplinato dalla legge 13 ottobre 1975 n. 654 (ratifica della convenzione di New York del 7 marzo 1966 contro la discriminazione razziale) e dalla legge 25 giugno 1993 n. 205 (cosiddetta legge “Mancino” che ha convertito il d.l. 26 aprile 1993 n. 122 contenente misure urgenti in tema di discriminazione razziale, etnica e religiosa, riformulando anche l’art. 3 della legge del 1975). In sintesi questa normativa punisce chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale, istiga a commettere discriminazioni ecc.; ovvero organizza movimenti che hanno tra i loro scopi quelli indicati o partecipa ad essi.

Naturalmente i temi che queste normative trattano spesso si sovrappongono e si pone il problema di verificare quale sia la normativa applicabile nel caso specifico.

Non sono frequentissime le applicazioni giurisprudenziali di queste normative ma, prima di esaminarne alcune, è opportuno ricordare che la Corte Costituzionale, già nel 1957 e nel 1958 (con le sentenze 16 gennaio 1957 n. 1 e 25 novembre 1958 n. 74) ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della legge Scelba con riferimento agli artt. 4 e 5 (apologia di fascismo e manifestazioni fasciste) ma con argomentazioni di carattere generale che riguardano l’intero impianto della legge. La legge “Mancino” non è stata mai esaminata dal giudice delle leggi perché le relative questioni di costituzionalità sono state sempre ritenute manifestamente infondate dai giudici di merito e di legittimità che le hanno esaminate.

Corte Cassazione-RomaTra le decisioni della Corte di Cassazione che hanno affrontato i temi più rilevanti di questo corpo di norme introdotte al fine di affrontare sul piano penale le forme organizzate di tipo fascista o dirette alla discriminazione razziale mi sembra opportuno segnalare le seguenti.

La sentenza 24 gennaio 2001 n. 31655 della V sezione (imp. Gariglio e altri) è importante perché affronta per la prima volta la questione di legittimità costituzionale della legge “Mancino”, rilevando come questa normativa non violi il diritto di associazione garantito dalla Costituzione perché il divieto stabilito dalla legge è strumentale per evitare che l’incitamento alla discriminazione e alla violenza comprimano, nei confronti di altre persone, il libero esercizio dei diritti civili. Neppure può ritenersi violato il diritto di liberamente manifestare il proprio pensiero perché la condotta di istigazione realizza qualcosa di più rispetto alla semplice manifestazione di opinioni.

Altre sentenze della Corte di Cassazione si sono occupate dell’inquadramento giuridico delle manifestazioni di natura fascista confermando le sentenze di condanna intervenute in questi processi. Possono ricordarsi: la sentenza sez. III 10 luglio 2007 n. 37390, imp. Sposato (relativa al caso di una bandiera esposta durante una partita di calcio e portante al centro l’immagine del fascio littorio) che ha ritenuto integrato il reato previsto dall’art. 2 comma 1 della legge Mancino; la sentenza sez. I, 25 marzo 2014 n. 37577, imp. Bonazza e altro (relativa al saluto romano e all’uso della parola “presente” urlata in coro nel corso di una manifestazione di “CasaPound”). In questo caso era stata contestata l’ipotesi prevista dall’art. 5 della legge Scelba (manifestazioni fasciste) e la Corte ha confermato la condanna degli imputati precisando che «non è la manifestazione esteriore in quanto tale ad essere oggetto di incriminazione, bensì il suo venire in essere in condizioni di “pubblicità” tali da rappresentare un concreto tentativo di raccogliere adesioni ad un progetto di ricostituzione, il che esclude ogni contrasto con gli invocati parametri costituzionali».

Di grande interesse è poi la sentenza della terza sezione 24 aprile 2013 n. 33179, imp. Scarpino, che ha affrontato, in sede cautelare, il tema della diffusione on line, tramite un blog, di incitamenti alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi. In questo caso era stata contestata l’ipotesi di reato prevista dall’art. 3 della l. 654 del 1975 (modificata dall’art. 1 della legge Mancino).

L’interesse particolare di questa sentenza è costituito dalla circostanza che la propaganda razzista era svolta, in questo caso, esclusivamente tramite l’uso del blog. Il problema di maggiore complessità era dunque costituito dal problema relativo alla possibilità di ritenere esistente l’organizzazione o il movimento sanzionati dalla legge del 1975.

Ebbene la Cassazione perviene all’affermazione dell’esistenza di questo apparato organizzativo ravvisandolo nella comunità virtuale operante via internet perché destinata:

– a tenere i contatti tra gli aderenti;

– a compiere opera di proselitismo con la diffusione di documenti e testi a contenuto razzista;

– a programmare azioni dimostrative o violente aventi contenuto razzista;

– alla raccolta di fondi ed elargizioni;

– all’individuazione degli avversari individuati in coloro che “avevano operato a favore dell’uguaglianza e dell’integrazione degli immigrati”.

Carlo Brusco, magistrato, già Presidente di sezione della Corte di Cassazione