Alla fine del giugno 1944 vennero commessi da parte dei tedeschi gravissimi crimini di guerra nella zona che va da Arezzo al lago Trasimeno. I comuni presi di mira dalla furia dei militari nazisti (appoggiati anche da manipoli di fascisti italiani) furono Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio, i quali si trovano nella regione collinosa compresa fra la Val di Chiana e la Val d’Ambra, a una quindicina di chilometri a sudovest di Arezzo. Secondo le fonti “Il territorio di Civitella risultava presidiato stabilmente dai reparti della Fallschirm Panzer Division “Hermann Göring” dal giugno al 17 luglio 1944 (in questa data l’unità venne richiamata a combattere sul Fronte Orientale). Secondo le testimonianze raccolte e gli esiti processuali l’eccidio di Civitella Val di Chiana sono addebitabili all’unità di polizia militare Feldgendarmerie Trupp (Mot) 1000 della Panzer Division “Hermann Göring” e ad altri reparti della stessa divisione oltre che, probabilmente, anche ad elementi della prima divisione paracadutisti”.
Il pretesto per questi eccidi furono le azioni dei partigiani locali. Infatti in quella zona, sulle colline di Civitella, era attiva la “Banda Renzino” guidata dal giovane Edoardo Succhielli, un ex sottotenente dei paracadutisti. Questa banda era caratterizzata da un’impronta fortemente militare e da un marcato isolamento. Tra le sue azioni documentate vi sono: il disarmo di stazioni di polizia, aggressioni a danno di fascisti, e, seppur in rare occasioni, attacchi contro soldati e mezzi in transito lungo la via, che collegava Monte San Savino a Bucine, usata dalla divisione “Hermann Göring” come strada principale per le sue truppe e i rifornimenti.
La banda entrò in azione la sera del 18 giugno, legittimata da una riunione preventiva con gli elementi antifascisti del paese. Quella sera, un gruppo di paracadutisti tedeschi, in ritarata dal fronte, prese alloggio in una casa colonica ai piedi del villaggio di Civitella, per poi recarsi a bere nel locale del Dopolavoro del paese. L’obbiettivo della “Banda Renzino” era quello di disarmarli, tuttavia durante l’aggressione due soldati morirono sul colpo, uno rimase gravemente ferito e sarebbe morto poco dopo, mentre il quarto, grazie all’aiuto degli abitanti, riuscì a nascondersi salvandosi la vita. Il 21 giugno, la banda, tra Monte San Savino e Bucine al di sotto del borgo di Cornia, aggredì un sottufficiale della Feldgendarmerie al seguito della “Hermann Göring”.
Nell’operazione i partigiani lo ferirono gravemente, morirà successivamente, e inoltre riuscirono a catturare due soldati. Il 23 giugno i tedeschi attaccarono il vicino quartier generale dei partigiani, dove riuscirono a liberare i due prigionieri perdendo un soldato nello scontro. Inoltre arrestarono un contadino del posto e una settimana dopo lo impiccarono alle porte di Monte San Savino. Lo storico Carlo Gentile ha osservato: “Degno di nota è il fatto che i rapporti sui soldati caduti il 21 e il 23 giugno non indicano i luoghi in cui i tedeschi erano effettivamente stati uccisi […] ma parlano invece del villaggio di San Pancrazio, che distava circa otto chilometri. Non si può escludere che fossero quelle indicazioni imprecise a far includere il villaggio, che non si era mai segnalato per un’attività partigiana particolarmente intensa, nel novero dei centri interessati dall’azione di rappresaglia preparate dalla divisione «Hermann Göring»”.
In merito al 29 giugno inoltre aggiunse: “Ordini e documenti originali sono andati perduti, per cui non è più possibile stabilire se l’azione vada ricondotta al LXXVI Panzerkorps oppure alla divisione. Senza dubbio, sempre secondo Gentile, la divisione si occupò di pianificare la spedizione. Il comando dell’operazione era affidato al capo della Feldgendarmerie, che dirigeva un gruppo tattico misto”. Il 29 giugno alle prime luci dell’alba le truppe tedesche rastrellarono il paese di Civitella, le prime vittime vennero uccise entrando in paese, poi entrarono nelle case trascinando fuori gli uomini e subito dopo le donne e i bambini, che non ebbero neppure il tempo di vestirsi o di prendere con sé i propri effetti personali. Dopo la prelevazione forzata i tedeschi bruciarono le case.
Quel giorno era la festa dei Santi patroni Pietro e Paolo, e molti civitellini si trovarono per le celebrazioni alla chiesa, dove all’uscita trovarono i tedeschi bene armati ad aspettarli. Nella piazza del paese furono divisi per sesso e per età, così le donne e i bambini furono spinti via, mentre gli uomini, radunati in gruppi di cinque, furono portati sul retro della scuola e colpiti da un colpo di pistola alla nuca. Due uomini riuscirono a sopravvivere, uno gravemente ferito e l’altro mettendosi in salvo all’ultimo momento. Quanto avvenne all’interno delle mura di Civitella fu un massacro sistematico e pianificato dell’intera popolazione maschile adulta. Al di fuori delle mura di Civitella, i massacri non avvenerò sempre soltanto nei confronti dei maschi adulti. Infatti a Cornia i tedeschi massacrarono tutti gli abitanti che incontrarono.
Da notare come alcuni testimoni riportarono che alla strage parteciparono anche fascisti della zona mascherati. La maggior parte delle vittime di Cornia furono donne e bambini, le prime spesso vittima di violenza sessuale prima dell’uccisione. Gloriano Rossi, la vittima più giovane, fu ucciso, insieme alla madre, alla sola età di un anno. Nel villaggio di San Pancrazio i soldati tedeschi entrarono alle 6 del mattino, e rastrellarono ogni casa dai suoi abitanti. Gli abitanti del villaggio furono divisi: gli uomini in una piazza e le donne con i bambini altrove. Rimasero tutti prigionieri per ore, strettamente sorvegliati, fino a quando, nel primo pomeriggio, un portaordini proveniente da Civitella consegnò un documento scritto che dette il via al massacro.
Le donne e i bambini furono allontanati con la forza dal villaggio, mentre gli uomini vennero scortati all’interno di un grande edificio e fatti scendere in cantina. Qui vennero uccisi uno alla volta con un colpo di pistola alla nuca. Dopo averne uccisi circa la metà, i tedeschi fecero una breve pausa in cui invitarono i prigionieri a rivelare informazioni suoi partigiani in cambio della vita. Sei promisero di parlare, così i tedeschi, dopo aver ucciso gli altri, li portarono a Monte San Savino presso la sede della Feldgendarmerie, dove vennero interrogati e successivamente deferiti a un campo di raccolta per lavoratori coatti.
Prima dell’inizio del massacro, il parroco di San Pancrazio, don Giuseppe Torelli, arrivò a offrire la propria vita in cambio di quella dei suoi compaesani, ma lo scambio venne rifiutato e il religioso fu a sua volta ucciso. Si calcola che circa 244 civili persero la vita durante questi massacri del 29 giugno 1944. Anni dopo, il comune di Civitella fu insignito, nel 1963, della medaglia d’oro al valor civile, cosi come il confinante comune di Bucine per la strage della frazione di San Pancrazio e altre nel proprio territorio.
Il 25 aprile 2024, in occasione dell’anniversario dalla Liberazione d’Italia dal regime e dall’occupazione nazi-fascista, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato Civitella partecipando alle celebrazioni e tenendo un discorso pubblico. In quell’occasione i familiari delle vittime delle stragi, presentarono tramite lettera, un’ultima richiesta al Presidente della Repubblica in cui chiesero lo sblocco dei risarcimenti per le stragi naziste.
Tra le vittime civili vi era anche Metello Ricciarini, il primo per il quale, a distanza di 80 anni dalla morte, è scattato il primo risarcimento: 900mila euro ottenuti dall’avvocato Roberto Alboni, che non ha mai smesso di cercare giustizia. Una cifra che è la somma di 200mila euro per ognuno dei quattro figli superstiti e che è stata svincolata dal fondo creato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2022 e che presto verrà accreditata. Il risarcimento è dovuto alla sentenza in Cassazione del 2008, che condannava all’ergastolo Max Josef Milde, l’ufficiale che comandava il reparto che eseguì la strage. L’avvocatura dello Stato si era però sempre opposta, chiamando in causa la prescrizione dei reati. Questo primo sblocco si deve quindi al fatto che l’avvocato Alboni aveva seguito un altro percorso procedurale, citando in giudizio la Germania, e ottenendone la condanna. Il sì al risarcimento da speranza alle altre 170 famiglie di Civitella in attesa di giustizia. Per tutti gli altri familiari delle vittime, rimane in piedi la battaglia contro la prescrizione.
Andrea Vitello, storico e scrittore, diplomato allo Yad Vashem. Autore, tra gli altri, del libro “Il nazista che salvò gli ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca”, pubblicato da Le Lettere con prefazione di Moni Ovadia
Fonti utilizzate per questo articolo
Partigiani, memoria sul sito della Regione Toscana;
C. Gentile, I crimini di guerra tedeschi in Italia, 1943-1945, Einaudi editore, Torino 2022.
Pubblicato lunedì 3 Giugno 2024
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/eccidio-nazifascista-della-val-di-chiana-dopo-80-anni-scatta-il-primo-risarcimento-per-una-delle-vittime/