Avviati il 14 gennaio scorso, a scadenza bisettimanale, proseguono a Bari “I martedì della Pace”, iniziativa promossa da Comune di Bari e Anpi provinciale rivolta a tutti i cittadini e in particolare agli studenti in una città “operatrice di pace” e “denuclearizzata” per decisione del Consiglio comunale. Nel prestigioso Palazzo municipale, ogni due settimane, con storici, giuristi, attivisti, sociologi, docenti universitari, esponenti nazionali e locali dell’Associazione dei partigiani si stanno affrontano i vari temi che riguardano la pace e il movimento pacifista.
Gli incontri, che andranno avanti fino al 27 maggio, hanno già avuto i contributi di Pasquale Martino e di Nicola Signorile dell’Anpi del capoluogo pugliese, di Luigi Marino, comitato nazionale Anpi, e del vicepresidente nazionale Anpi Ferdinando Pappalardo, e avranno quello della presidente dell’Istituto Cervi e vicepresidente nazionale Anpi, Albertina Soliani, di Dino Spanghero della segreteria nazionale Anpi, e di illustri personalità civili e anche religiose, tra le quali Luciana Castellina, monsignor Giovanni Ricchiuti, Eleonora Fiorenza, oltre a quelli di Anna Lepore, Luca Basso e Rosaria Lopedote dell’Anpi barese.
Vi proponiamo l’intervento di Luigi Marino del comitato nazionale Anpi.
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“Dentro la Guerra fredda – I Partigiani della Pace”
Luigi Marino, comitato nazionale Anpi
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Il 6 agosto 1945, 80 anni fa, nella città di Hiroshima una nuvola spaventosa a forma di fungo si alzò a un’altezza inimmaginabile. Era stata sganciata la prima bomba atomica, che produsse almeno 100.000 morti e tantissime migliaia di vittime ancora per molti anni successivi. La temperatura esterna arrivò a 3.000 gradi (gli organi interni dei corpi umani, si venne a sapere, si erano trasformati in vapore). Tre giorni dopo una seconda bomba atomica fu sganciata su Nagasaki. Morirono subito 70.000 persone e altre 70.000 successivamente. La guerra in Europa era finita il 9 maggio, ma il Giappone continuava a resistere pur essendo di fatto già sconfitto. La terribile decisione fu presa dagli Usa con l’avallo soltanto del premier inglese W. Churchill e fu giustificata con la necessità di porre fine una volta per tutte alla guerra. Tra gli altri anche il generale D. Eisenhover si dichiarò contrario all’uso dell’atomica! come ha rivelato ha rivelato Harry Truman.
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Quello che era avvenuto produsse sgomento, angoscia e orrore in tantissima parte della popolazione. Lacerante fu il travaglio interiore di alcuni dei costruttori della bomba. Grande il tormento. Tanti i rimorsi espressi. “Sento che abbiamo le mani macchiate di sangue”, disse il fisico Oppenheimer. Qualcuno cinicamente gli rispose: “Verrà via tutto sotto il rubinetto”.
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Il lancio dell’atomica conteneva anche un segnale di supremazia; stava a sottolineare la superiorità militare degli Usa, il che non poteva non incidere sui rapporti e nelle trattative con gli alleati. L’ex ambasciatore Sergio Romano – di formazione liberale – ha scritto “di avere pensato maliziosamente che Hiroshima e Nagasaki contenevano un messaggio per Mosca e più generalmente per l’intera comunità internazionale: gli Usa da quel momento erano la maggiore potenza internazionale”. Il clima di fiducia reciproca fece presto posto a reciproci sospetti.
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Quattro anni dopo i sovietici inaspettatamente ebbero la loro atomica. Di qui la risposta Usa con la superbomba all’idrogeno, molto più distruttiva dell’atomica sganciata sulle città giapponesi. Seguì quella di parte sovietica e quindi tutta una rincorsa a chi avrebbe posseduto l’arma più potente e micidiale. Per alcuni storici Hiroshima e Nagasaki segnano la data di inizio della Guerra Fredda: costituiscono il primo atto della “dottrina Truman”.
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Certamente l’essere costretti a rincorrere gli Usa per gli armamenti comportava ulteriori sacrifici per la stremata popolazione. Solo la pace poteva consentire una più rapida ricostruzione in Urss e nei Paesi che avevano subito immani distruzioni. Il “paradosso storico”, per cui il capitalismo più avanzato si era alleato con il bolscevismo per sconfiggere il nazifascismo, ben presto venne quindi a estinguersi. Malgrado gli impegni assunti a Yalta di “rimanere uniti in pace come in guerra”, già nell’immediato dopoguerra i due blocchi, reciprocamente ostili, si fronteggiarono realizzando quello che fu definito “l’equilibrio del terrore”.
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Il 4 aprile 1949 a Washington fu creata la Nato. In Italia alla cacciata dei comunisti e dei socialisti dal Governo seguì la scomunica dei comunisti e dei loro alleati da parte del Vaticano. In quello stesso anno si ebbe la ratifica da parte del Parlamento del Trattato del Nord Atlantico. Oltre all’ostruzionismo della sinistra, De Gasperi dovette vincere anche la battaglia contro i neutralisti e i pacifisti della Democrazia Cristiana (Dossetti, La Pira e altri). La Guerra fredda non riguardò solo i rapporti tra i Paesi diversamente schierati, bensì ebbe ripercussioni ed effetti sulla vita degli stessi cittadini e in particolare di quelli che furono attivi nei movimenti per la pace. In tutti gli Archivi di Stato vi è ampia documentazione – grazie ai versamenti sinora effettuati dalle questure e dalle prefetture – sull’attività dei Comitati per la Pace, sui dirigenti e gli attivisti sospettati che venivano considerati “agenti di una potenza straniera”.
È pur vero che l’organizzazione internazionale dei “Partigiani della Pace” fu promossa dall’Urss e dai partiti della sinistra per la messa al bando delle armi atomiche. Ma come dimenticare i 25 milioni di cittadini sovietici di tutte le repubbliche morti in guerra? E per ogni morto in guerra bisogna calcolare almeno il doppio tra feriti e invalidi sopravvissuti. A questi vanno aggiunti i circa 3.300.000 prigionieri sovietici, “i sottouomini slavi”, periti nei campi di sterminio nazisti, subito dopo i 6.000.000 di ebrei, insieme ai 500.000 del “campo degli zingari”, Testimoni di Geova, disabili e omosessuali (vedi “I prigionieri di guerra sovietici nel Terzo Reich”, saggio di Barbara Stelzl Marx, storica dell’Università di Graz, pubblicato sulla rivista “Giano” del compianto storico Luigi Cortesi). Chi più dell’Urss aveva il diritto e il dovere di ricordare la catastrofe umanitaria della Seconda Guerra mondiale e la necessità di salvaguardare la pace per tutto il genere umano? Chi più dell’Urss aveva bisogno della Pace per ricostruire tutto quello che la guerra aveva annientato?
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All’Appello di Stoccolma del 1950 per l’interdizione assoluta dell’arma atomica aderirono immediatamente Albert Einstein, Joliot Curie, Thomas Mann, Picasso, Matisse, Guttuso, Neruda, Pietro Nenni e tanti altri scienziati, artisti, giuristi, leader religiosi, prelati ed attivisti di diversa estrazione politica, ideologica e religiosa.
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Alla “caccia alle streghe” che imperversò negli Stati Uniti si contrappose il Comitato Internazionale per la Pace. Al Comitato italiano, presieduto tra gli altri da Arturo Labriola, aderirono Enrico De Nicola, Francesco Saverio Nitti, Vittorio Emanuele Orlando, Giovanni Gronchi, ma soprattutto tanti cittadini terrorizzati dal pericolo di una nuova guerra. Di qui la mobilitazione di massa con centinaia di migliaia di donne e uomini impegnati a raccogliere adesioni alla Petizione per la Pace sui posti di lavoro, nelle fabbriche e negli uffici, davanti ai luoghi di culto, alle fermate dei mezzi di trasporto e persino sulle spiagge. La Petizione per la Pace recava le firme di Arturo Carlo Jemolo, Ernesto De Martino, Giulio Einaudi, Salvatore Quasimodo, Cesare Musatti, Carlo Bo, Giuseppe Marotta, Renato Caccioppoli, Vasco Pratolini, Raffaele Viviani, Pietro Omodeo e di tanti altri. La mobilitazione fu imponente. In 72 Paesi furono raccolte 600 milioni di firme, 17 milioni in Italia.
Dopo l’adesione al Patto Atlantico l’attività dei Comitati e dei Partigiani della Pace venne di fatto considerata antinazionale. Il Comitato per la Petizione fu costretto più volte a denunciare gli arbitrii della polizia e delle stesse prefetture. Le delibere di adesione adottate dai Comuni venivano annullate con questa motivazione “vertendo su materia assolutamente estranea alle attribuzioni del Consiglio comunale, quindi illegittime”. Se un Comune si permetteva di esporre la bandiera “arcobaleno” della Pace, si esponeva a reprimende dei prefetti. Veniva vietata la raccolta di firme in luoghi pubblici. I promotori venivano diffidati a “non fare ricorso a sistemi di coazione morale”. Partigiani della Pace e attivisti spesso venivano condannati per direttissima con l’accusa di manifestazione sediziosa. Molte volte erano negate le autorizzazioni all’affissione dei manifesti. Per la diffusione di volantini non autorizzati venivano denunciati gli attivisti ai sensi dell’art. 113 del T.U.P.S.. Da qui i ricorsi e gli esposti alle Procure della Repubblica contro gli arbitrari interventi e abusi della Polizia.
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Il riarmo della Repubblica Federale Tedesca, la guerra di Corea (1950-’53), il lancio del satellite Sputnik nel 1957, che stava a significare il primato sovietico nei vettori con conseguente panico dell’ex presidente Truman, la crisi di Cuba (1962), la guerra nel Vietnam negli anni 60, segnarono l’apice della Guerra fredda. Per quanto riguarda il nostro Paese, malgrado il protocollo del 1956 tra i servizi segreti italiano e statunitense che diede luogo alla Gladio, un segnale di svolta si ebbe con il viaggio del Presidente Gronchi nel 1960 nell’Urss per ristabilire rapporti di reciproca comprensione tra Italia e Unione Sovietica, pur nell’appartenenza a due patti militari contrapposti. Nel 1961 si ebbe la prima Marcia Perugia/Assisi con Aldo Capitini e Danilo Dolci. Comitati e Marce della Pace cominciarono ad aver luogo in tutte le Regioni del Paese.
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In Puglia si svolse la Marcia Gravina/Altamura. Sulla Murgia erano stati installati missili nucleari nei pressi di Gravina, come in Turchia puntati contro l’Urss. La Puglia fu in prima linea sin dall’inizio del Movimento, come ora, con la Rete dei Comitati per la Pace, i diritti umani, il dialogo e la cooperazione tra i Paesi. Ma l’inizio di una nuova fase si ebbe quando nel marzo del 1963 Giovanni XXIII ricevette in Vaticano il comunista, genero di Chruščev, Adjubej con la moglie Rada. Papa Roncalli disse “di non avere il diritto di rompere quel filo misterioso della Provvidenza”. Poco prima di morire in aprile emise l’Enciclica “Pacem in terris” rivolta ai credenti e ai non credenti, a tutte le comunità politiche per cercare il dialogo.
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Togliatti al convegno di Bergamo, nel marzo, aveva invitato comunisti e cattolici a una riflessione comune su “Il destino dell’Uomo” a fronte delle terribili minacce per la stessa sorte dell’intera umanità. Gli anni 70 furono contrassegnati dall’aspra polemica sull’installazione dei missili Pershing e Cruise a Comiso contro gli SS20 sovietici. Ma tutto sommato l’equilibrio del terrore funzionò.
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In questo contesto di Guerra fredda, Oppenheimer raffigurò le due grandi potenze come due grossi scorpioni rinchiusi in un vaso, che non si attaccano perché temono la vicendevole distruzione. In un suo recente libro con il titolo paradossale e provocatorio “In lode della guerra fredda”, Sergio Romano scrive che a dispetto del nome quella fase storica assicurò per quasi cinque decenni un lungo periodo di pace e stabilità in Europa: “Anzi si giunse all’Atto di Helsinki, che sanciva una “pace fredda” fondata su reciproche convenienze… L’equilibrio dipendeva in ultima istanza dalla rinuncia di entrambe le parti a ricercare la superiorità militare”. Con la caduta dell’Urss invece “non ci rendemmo conto che l’Europa nel 1989 non stava passando dalla guerra alla pace”, ma dalla pace alla guerra!
Con la disgregazione dell’Urss e l’estinzione del Patto di Varsavia, la Nato non solo non è scomparsa, ma si è estesa sino agli stessi confini della Federazione russa. Con l’adozione del cosiddetto “Nuovo Concetto Strategico” – documento sottoscritto dai capi di Stato e di Governo, mai ratificato dal nostro Parlamento malgrado le modifiche sostanziali apportate al trattato del 1949 – la Nato si è ulteriormente rafforzata con l’adesione di altri Paesi e con la previsione e con l’attuazione di interventi di “ingerenza umanitaria” anche fuori dell’area euro-atlantica.
Si è ripetuto l’errore, già commesso nel 1919 (con la Germania sconfitta), di stravincere. Questa volta su una Russia ormai indebolita dopo il crollo dell’Urss. Il Segretario di Stato alla difesa con Lyndon Johnson Mc Namara, nonché George Kennan – teorico del cosiddetto “contenimento” dell’Urss – Paul Nitze – ex segretario alla Marina Usa – e altre personalità non certamente della sinistra, avvertirono il rischio di un inevitabile conflitto a seguito della espansione della Nato ai confini della Russia e ritennero del tutto errato ignorare i legittimi interessi russi.
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La Nato oggi, sempre più minacciosa, costituisce il più grave fattore di instabilità per l’equilibrio del continente e del mondo. L’unilateralismo delle scelte di politica estera degli Usa ha determinato sconquassi a livello internazionale.
Per salvaguardare la pace occorre soprattutto da parte degli Stati Uniti realismo politico, prendere atto che nell’attuale contesto il mondo è multipolare. Una nuova guerra fredda è in corso con una continua corsa ad armamenti sempre più terrificanti e distruttivi, che potrebbero mettere in discussione la sopravvivenza della specie umana: missili balistici a lungo raggio, ricognizione satellitare, droni sempre più sofisticati, l’uso della intelligenza artificiale e continue innovazioni tecnologiche volte a eliminare l’avversario. Basti ricordare le vittime dei “cerca-persone”, la possibilità di far detonare i cordless, i pc portatili, ecc. La mente umana non riesce a immaginare lo sfacelo che potrebbe essere determinato da una possibile guerra futura e le stragi di milioni di cittadini innocenti.
Intanto le spese militari aumentano vertiginosamente e vengono imposti nuovi e sempre più elevati livelli di spesa per gli armamenti. È tornata la propaganda di guerra! Si è scatenata una campagna mediatica volta a giustificare un enorme riarmo contro il fantasma di incombenti aggressioni, con una vera e propria manipolazione delle coscienze.
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Tutti siamo chiamati a una grande responsabilità perché una guerra mondiale non diventi una concreta minaccia. È quanto contenuto nello stesso messaggio di Papa Bergoglio sulla “diplomazia della speranza”. In Fratelli tutti così scrive: “Di fronte allo sviluppo delle armi atomiche, chimiche, biologiche non possiamo più pensare alla guerra come soluzione”. Ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale. Nel declino del ruolo dell’Onu e delle altre istituzioni internazionali la politica degli Stati è sempre più sottomessa alla finanza ed alla tecnocrazia.
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Affidare la sicurezza delle comunicazioni anche militari a una impresa privata, ora anche al Governo (Starlink), non significa solo erogazione di miliardi, ma una vera e propria cessione di sovranità in rottura con il progetto satellitare europeo, ma soprattutto in violazione dell’art. 11 della nostra Costituzione repubblicana. Come per le più gravi malattie occorre prevenire, intervenire sin dall’apparire dei primi sintomi per evitare che il morbo si incancrenisca. Il che significa saper riconoscere i legittimi interessi degli altri, ascoltare le altrui ragioni, abolire le cause che inducono alla guerra. Lo stesso generale Eisenhower nel suo discorso di addio alla nazione come Presidente degli Stati Uniti raccomandò di stare in guardia contro l’influenza del complesso militare-industriale sui governi, volle rappresentare con forza il pericolo costituito dagli interessi dell’industria bellica che per sopravvivere aveva sempre bisogno di qualche guerra.
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Occorre allora individuare e saper distinguere sino a che punto le minacce alla propria sicurezza siano reali ed effettivamente sovrastanti e non invece ventilarle come un mezzo, un modo funzionale, un pretesto per favorire le lobbies militari-industriali. Contro questa propaganda di guerra i Partigiani della Pace hanno nuovamente un grande compito da svolgere in connessione sentimentale con le aspirazioni e le speranze di milioni e milioni di uomini e donne di buona volontà.
Luigi Marino, membro del Comitato nazionale Anpi, presidente Anpi Campania, membro del Comitato provinciale Anpi Napoli
- Harry Truman nel libro “Presidente a riposo”, pag. 323
- “I prigionieri di guerra sovietici nel Terzo Reich”, di Barbara Stelzl Marx, storica dell’Università di Graz, pubblicato sulla rivista “Giano” del compianto storico Luigi Cortesi, n. 40/2002 “Olocausto/Olocausti” curato dai prof. Francesco Soverina e Claudio Marta.
Pubblicato lunedì 17 Febbraio 2025
Stampato il 21/02/2025 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/dentro-la-guerra-fredda-i-partigiani-della-pace-ieri-e-oggi/