Se volessimo tradurre l’essenza dell’ANPI con uno slogan o magari con un hastag, così tanto in voga nell’epoca di twitter, potremmo scrivere: “non solo Storia”. La lotta per la liberazione ha rappresentato un travaglio doloroso, ma necessario per passare dall’oscurantismo e dalle nefandezze del nazi-fascismo alla civiltà. La Resistenza, che nell’immaginario collettivo è un tutt’uno con l’idea del Partigiano, è un valore che nessun tentativo revisionista potrà mai cancellare. È alla base della nostra democrazia, della libertà e della giustizia sociale, conquistate e costruite a prezzo del sangue dei nostri padri. L’attuale società, dunque, è figlia di quella Storia, ne è intrisa, è strutturata su quei valori e l’ANPI ne è una testimonianza viva: la rappresenta, la riassume. Questa Associazione, però – lo dicevamo prima – non è solo il luogo della memoria e delle celebrazioni. Gli appuntamenti congressuali sono, per l’appunto, l’espressione di una volontà dinamica di guardare al futuro da protagonisti e non da spettatori. Lo confermano, semmai ce ne fosse stato bisogno, i documenti predisposti per il prossimo Congresso in cui l’analisi degli avvenimenti odierni è lucidissima e nei quali ci si pone l’interrogativo su come l’ANPI possa contribuire al risveglio e al rilancio di un vasto movimento popolare per la solidarietà, la pace e i diritti umani. D’altro canto, i rigurgiti xenofobi, razzisti e persino nazisti sono alla ribalta della cronaca quotidiana in tutta Europa e dimostrano che quel virus maledetto da cui ebbe origine la tragedia della Seconda guerra mondiale non è stato debellato del tutto e sopravvive nelle coscienze di chi vorrebbe far ripiombare il nostro Continente negli anni bui della violenza e della sopraffazione. Tutto ciò si determina in un quadro in cui il terrorismo fondamentalista rappresenta una minaccia non solo per l’incolumità di tutti, ma anche per la libertà e la democrazia, oltreché per una serena capacità di discernimento tra gli “stranieri” bisognosi di accoglienza e i fautori dell’odio e della distruzione.
Non possiamo dimenticare, dunque, ciò che è accaduto settant’anni or sono, non solo per tenere vivo il sacrificio di coloro che hanno costruito la nostra Repubblica, ma anche per porre un argine a tutti i “fascismi”, i “nazismi” e i “terrorismi” che ancora aleggiano nel mondo e che si insinuano in quelle realtà in cui il divario tra i “ricchi” e i “poveri” si è andato accentuando. In questo compito risiede l’attualità dell’ANPI nella capacità, cioè, di proporre un progetto di società pacificata, sviluppata, inclusiva, più equa, che ripudi la violenza e la sopraffazione e che, in via prioritaria, usi le armi della politica e della mediazione, per dirimere i conflitti, e quelle della vigilanza e dell’investigazione, per fermare i violenti. In questo senso, l’ANPI può e deve darsi, sempre più, una dimensione internazionale, perché quelle battaglie, oggi, si combattono su uno scenario globale, con ripercussioni sistematiche nella nostra quotidianità. E questo può diventare l’orizzonte della nuova Resistenza.
Infine, considerati l’origine e il radicamento nazionale di questa Associazione, riteniamo che una brevissima riflessione sulla condizione italiana possa essere all’ordine del giorno del dibattito congressuale, così come, peraltro, richiamato anche dai documenti predisposti per il 16° Congresso nazionale dell’ANPI. Ebbene, ferme restando le preoccupazioni di carattere generale già espresse, nel nostro Paese non dovremmo correre rischi di traumatici ritorni al passato e la democrazia nella sua impalcatura istituzionale non dovrebbe essere in pericolo. Tuttavia, alcune scelte che si sono venute a determinare nel tempo e che quest’ultimo Governo ha, in qualche misura, accentuato, ci pongono degli interrogativi seri che non possono essere elusi. Gli spazi della democrazia e della partecipazione si sono ridimensionati e la personalizzazione della politica e del leader, sottolineata dalla narrativa mediatica e dei nuovi mezzi di comunicazione, è stata esaltata a danno di una visione collettiva e partecipativa della “cosa” pubblica. La nuova “ingegneria” costituzionale, messa in opera di recente, non sembra aver risolto questi problemi; anzi, rischia di accrescere il distacco tra cittadini e Istituzioni, anche sotto il profilo della rappresentanza politica. Dunque, è necessaria un’analisi attenta, documentata e consapevole delle conseguenze della riforma e di quanto essa possa incidere sugli stessi livelli della democrazia e della libertà. Il tutto considerato anche alla luce di un nuovo contesto sociale, impoverito da una crisi economica che non è stata affrontata con efficacia ed efficienza strutturale.
Ecco, siamo certi che il dibattito congressuale che l’ANPI si accinge a celebrare saprà offrire su tutti questi temi il contributo prezioso dell’esperienza, dell’autorevolezza e dell’autonomia che un’Associazione così prestigiosa è in grado di garantire. L’auspicio, poi, è che la politica ne sappia tener conto.
Carmelo Barbagallo, Segretario generale UIL
Pubblicato lunedì 21 Marzo 2016
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