Questa caotica stagione referendaria ha procurato e procura innumerevoli riflessioni, talora accese, talora depresse e depressive, talora ferme e tese a fare il punto. Dal mio osservatorio privilegiato, ho avuto modo in questi mesi di imbattermi in parti variegatissimi, in alcuni casi di pancia, come si suol dire, spesso di ambigua origine, un distinto ring comunicativo che ha riguardato inevitabilmente anche l’ANPI, un’antica e autorevole associazione mai trovatisi prima in uno scenario simile.
Si innescano così linee di chiarimento. Sintetizzo.
L’ANPI non è l’assalto a se stessa.
Abbiamo tradizionalmente sedi di confronto aperto, anche di discussione forte, poi di democratiche risoluzioni. Abbiamo, però, dovuto assistere a inquietanti urgenze di intervento pubblico, per lo più feroce, a manipolazioni della realtà, a petizioni strampalate, a usi scorretti dei nostri simboli. Abbiamo osservato movimenti che non sanno di appartenenza all’ANPI ma di inediti e disperati ordini di scuderia, eterodirezioni che evidentemente nulla hanno a che fare con la nostra associazione. Episodi di tensioni divisive dopo i quali confidiamo che un bel mattino la coscienza dei loro promotori e protagonisti si risvegli un po’ colpita e pronta a riprendersi.
L’ANPI non è un’occasione partitica.
Il nostro NO è e deve restare un dovere statutario, un seguire la consapevolezza di uno strappo alla democrazia che non poteva non vederci in campo. Il nostro NO non è l’accensione di orfanismi partitici, l’organizzazione di tentazioni colonizzatrici, la vulgata di uno spostamento “a sinistra” prodigo di chissà quali futuri antagonisti. Se l’ANPI avesse davvero voluto perseguire questa strada, ricordo che avrebbe aderito, per esempio, alla nota Coalizione sociale, cosa che non è avvenuta. È dunque evidente, a chi vuol davvero vedere e capire, che questa Associazione continua ad agire secondo spinte di sana, imprescindibile e imperturbabile autonomia.
L’ANPI non cade nelle trappole della velocità e del deserto.
Non bastano appelli, oltretutto fuorvianti. Non bastano pochi caratteri fibrillanti. C’è ancora una parte di popolo con le antenne captanti serietà o propaganda. Improvvisazione o accorta volontà riformatrice. C’è ancora gente radicata nella ragione e nella volontà di costruire un mondo che pretenda rispetto e partecipazione, sempre. Il deserto lo lasciamo ai furbetti.
L’ANPI è il cuore diffuso e unitario della sua storia.
Centinaia e centinaia di iniziative autentiche, senza toni bellicosi, senza attacchi pregiudiziali al Governo, senza infilate opportunistiche. Ho visto ragazze e ragazzi curiosi e vogliosi di esserci per la Costituzione, per darle gambe, non per vederla tagliata nelle sue parti decisive. Rappresentanza, poteri controllati. Ho visto vecchi militanti della democrazia battersi per vederla crescere. Ho visto un Presidente, volgarmente trattato da alcuni e da certa stampa, sbattersi da nord a sud col solo e unico intento di raccontare il bene di un dettato di diritti che ha visto nascere e proteggere l’identità preziosa di una nazione. Un Presidente mai refrattario ai cambiamenti, quelli però che migliorano non che affondano.
L’ANPI, eccola.
Il futuro ancora urgente di una vita collettiva senza menzogne e piena di passione e di energie democratiche. Pluralismo sano e ritrovarsi tutti insieme nelle ragioni fondative. Partigiani e antifascisti dell’onestà e di un convivere guardandosi negli occhi. Non nelle convenienze o nella follia.
Pubblicato venerdì 2 Dicembre 2016
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