Roma. 31 ottobre 1922. Dal nostro inviato (nel passato). Che nell’aria ci fosse sentore di qualcosa di criminale era evidente. Dopo le violenze di inizio agosto, si diffusero sempre più insistenti le voci di un colpo di Stato con l’obiettivo di occupare le istituzioni per trasformarle. A inizio ottobre, subito dopo le violenze compiute in diverse città, fu pubblicato il “Regolamento di disciplina della milizia fascista”, preparato da Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi, con l’ufficializzazione di un corpo armato privato. Un partito che costituisce un proprio corpo armato è evidentemente una provocazione verso lo Stato.
Il giorno 16 a Milano, alla presenza di Benito Mussolini, iniziarono i preparativi per quella che venne definita dai fascisti, con singolare quanto grottesco nome: “marcia su Roma”. Altre riunioni si tennero nei giorni 18, 20 e 21 ottobre. Poco dopo, a Napoli, il giorno 24 si tenne il congresso del partito fascista, che vide una massiccia presenza di militanti, 40.000 secondo gli organizzatori. Nel pomeriggio dello stesso 24 ottobre nel passare in rivista le squadre, il lor capo Mussolini ribadì le minacce allo Stato: “O ci daranno il governo o ce lo piglieremo noi calando su Roma”. La sera del 24 ottobre il presidente del Consiglio, Luigi Facta, scrisse al re: “Conservasi massima vigilanza”.
Il giorno 26 Facta, il ministro dell’Interno, Taddei, e il ministro della Guerra, Soleri, inviarono telegrammi ai prefetti e ai comandanti militari in relazione ad attività illegali che erano segnalate da varie fonti e che furono confermate dalle risposte di alcuni prefetti. L’organizzazione fascista continuava la sua opera criminale: tra il 27 e il 28 ottobre furono occupate prefetture, uffici di comunicazione (postali, telegrafici e telefonici) e stazioni ferroviarie, a partire dai centri in cui era già nota una disponibilità a collaborare da parte delle autorità.
Ci furono insurrezioni a Pisa e a Siena; a Cremona ci furono scontri armati e morti; a Foggia i fascisti, di ritorno da Napoli, occuparono vari uffici pubblici. Ulteriori occupazioni si ebbero in altre città: Alessandria, Bologna, Brescia, Ferrara, Firenze, Gorizia, Novara, Pavia, Piacenza, Rovigo, Treviso, Trieste, Udine, Venezia e Verona. Nella notte, a seguito delle notizie sul colpo di Stato fascista, si tenne una riunione presso il ministero della Guerra, con Facta, i ministri Taddei e Soleri, il generale Pugliese e il colonnello Carletti e fu stabilito di convocare subito un Consiglio dei ministri che decretò lo stato d’assedio in tutta Italia dalle ore 12 successive.
Il mattino seguente delle ore 7,30 fu data comunicazione ai prefetti con telegramma. Nel corso del 28 ottobre iniziò l’illegale raduno dei fascisti a Foligno, Monterotondo, Santa Marinella e Tivoli; in totale erano presenti circa 16.000 uomini. Alle ore 9 il decreto per lo stato d’assedio fu presentato al re Vittorio Emanuele III che, nel pieno dei suoi poteri di Capo dello Stato e delle istituzioni del Regno, firmò immediatamente. Ciò diede il via libera alle forze dell’ordine che intervennero a tutelare i sudditi, le istituzioni, lo Stato.
Disordini durante tutta la giornata si ebbero nelle vie della capitale. La furia fascista sfogò la rabbia per non aver raggiunto il criminale obiettivo, colpendo le persone con inaudita violenza, occupando e distruggendo attività commerciali e luoghi pubblici. Numerose le insegne e i cartelli stradali divelti. Da segnalare che a seguito di queste criminali violenze, molti sudditi, sulla scorta di quello che era successo a Parma nell’agosto precedente, alzarono barricate e difesero la città.
Il giorno 29 le forze dell’ordine assicurarono alla giustizia Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi, i così grottescamente definiti “quadriunviri”. Nel giro di due giorni la legalità fu ripristinata. Il presidente del Consiglio, Luigi Facta, si dichiarò “soddisfatto per l’intervento del re e per il ritorno alla legalità”. Unanime le posizioni dei partiti. Matteotti: “Si faccia luce sui funzionari dello Stato che non hanno svolto il loro ruolo di tutela del popolo”. Gramsci: “Si aprano le indagini per chiarire definitivamente le responsabilità delle violenze che il fascismo ha compiuto dal suo nascere a oggi”. De Gasperi: “Il re ha garantito l’integrità dello Stato”.
Consegnati alla giustizia i responsabili, svanite le orde nere coi loro propositi eversivi, reso illegale il partito fascista, i rimasugli miliziani scagliano le loro ire verso quello che doveva essere il loro capo, Benito Mussolini. Il predappiese, infatti, non aveva partecipato direttamente all’operazione eversiva ed era rientrato a Milano in attesa degli eventi. Da notizie non ancora accertate, pare che avuta informazione del fallimento, prese il primo treno per la Svizzera. “Vigliacco! Codardo!” inveì Italo Balbo dalle patrie galere, aggiungendo altre frasi che è opportuno non riportare.
Cosa rimarrà ai posteri del tentativo di colpo di Stato? Sarà necessario che se ne faccia oggetto di studio scolastico, troppe le cause che, se sottovalutate, potranno nel futuro ripresentarsi. Si studierà che il Partito nazionale fascista, anche quando si costituì come “fasci di combattimento”, nato impostato sulla violenza, che esplicitò in tutte le sue forme: verbale, psicologica e fisica fino all’assassinio. L’individuazione del nemico, denunciato come minaccia, gli offrì una ragione per essere creduto. Ricordiamo la campagna contro gli interventisti della Grande Guerra! Oppure l’appellativo “comunista” o “sovversivo” a chiunque manifestasse un pensiero diverso. La violenza non può e non potrà avere spazio nel consesso civile.
Si studierà che per governare non servono slogan (“o Roma, o morte”), divise paramilitari (nere), o marce come azione per occupare il potere. Queste modalità rappresentano l’azzeramento della politica. Si studi, nel futuro, che chi vuole governare e non è in grado di sviluppare una propria politica, si limita a costruire suggestioni che servono al momento, che si adattano al bisogno. Infatti, la mancanza di politica produce facili slogan confezionando soluzioni facili a problemi difficili, spostando l’attenzione dalla discussione e dalla mediazione. Si studi, dunque, che dalla sua nascita, il fascismo è intervenuto sulle paure della gente, agendo solo sul rancore e sulla rabbia e aggiungendo un frasario ridondante: fedeltà, nazione, patria, rispetto, onore e quant’altro.
Si studierà che le istituzioni, se ben governate, sono la risposta ai problemi sociali ed economici. Questa esperienza ci insegna che, se anche se il colpo di Stato è stato sventato, bisogna continuare a essere sempre vigili, altrimenti si potrebbero offrire a rigurgiti o nostalgie fasciste quelle fragilità nelle quali si inseriscono senza avere, poi, una vera capacità di proposta e risposta. Se così non fosse andata, il fascismo si sarebbe potuto nutrire della debolezza di altri consolidando la propria forza e raffigurandosi, inoltre, come una sorta di “nuovo” al quale tutti dovevano tendere. Chissà cosa sarebbe successo dentro le istituzioni, se il re non avesse fatto il suo dovere. Se non fosse stata fermata l’illegalità, il presidente del Consiglio, Luigi Facta, si sarebbe dimesso e chi lo avrebbe sostituito, Benito Mussolini? No assurdo solo pensarlo!
Si studierà che la “marcia su Roma” è stata una tronfia dimostrazione di capacità organizzativa e nient’altro. Nulla a che fare con l’aspetto rivoluzionario. Se non fosse stato sventato il colpo di Stato, il fascismo, con il suo capo, sarebbero entrati nelle istituzioni dalla porta principale, altro che rivoluzione! Per rifarsi alla formula “rivoluzione proletaria e fascista” tanto cara al capo del fascismo, la “marcia su Roma” ha dimostrato che il fascismo non aveva nulla di proletario. Portare a Roma 16.000 persone significa avere ingenti capacità economiche. Sarà davvero importante, per i posteri, studiare questo aspetto. Non fosse stata fermata l’illegalità, il fascismo avrebbe mantenuto il potere per sostenere il potere economico che lo ha foraggiato, dandogli forza e organizzazione. Altro che proletario! Dunque, chi sostenne economicamente tale operazione?
Fonti parlamentari segnalano che l’onorevole Giacomo Matteotti sarebbe stato a conoscenza di un giro di tangenti intascate da membri del regime fascista e legate alle concessioni petrolifere per la compagnia statunitense Sinclair Oil. Pur essendo stato sventato il colpo di Stato, pare sia intenzione dell’on. Matteotti erudire il Parlamento delle sue scoperte. Speriamo servano a evitare che, in un prossimo futuro, chiunque possa fare riferimento al fascismo senza criminalizzarlo. Spero serva da monito ai posteri.
N.B: i fatti citati nella prima parte sono tratti da: “La marcia su Roma” di Giulia Albanese, edizioni Laterza, 2022
Paolo Papotti, responsabile Formazione Anpi nazionale, componente Comitato nazionale Anpi
Pubblicato giovedì 31 Ottobre 2024
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/colpo-di-stato-sventato-ucronia-tragicomica-della-marcia-su-roma/