Si è svolta a Brjansk il 17 e 18 novembre scorso la XI Conferenza internazionale sul tema del rapporto tra “Il cittadino e lo Stato nella nuova realtà” sotto l’egida della Duma regionale, della locale Filiale dell’Accademia di Russia di economia nazionale e dell’Associazione “Znanie”. Due giorni di intensissimo dibattito nel quale sono intervenuti ed hanno preso la parola più di cento tra accademici, professori e docenti di varie Università ed Istituti Scientifici non solo della Federazione Russa, nonché studenti e studentesse dell’Accademia di Brjansk.
Vari i temi, di grande attualità, trattati nella discussione generale, nelle tavole rotonde e nei gruppi di lavoro: “Tradizione ed innovazione nell’amministrazione statale e locale”, “I rapporti giuridici tra il cittadino e lo Stato nella Russia attuale”, “I problemi della formazione nelle condizioni di multi-etnicità”, “Lo sviluppo delle risorse umane”, “Il capitale umano come risorsa per contrastare la corruzione”, “Il volontariato nella tutela di monumenti storici e culturali”, “Russia ed Europa: la ricerca di un effettivo dialogo nel nuovo contesto” e tanti altri di approfondimento delle diverse tematiche.
Nella seduta plenaria si è svolto l’intervento sui “Rapporti culturali attuali tra l’Italia e la Russia in occasione del 70° anniversario della fondazione dell’Associazione d’amicizia” tra i due Paesi con particolare riferimento, al di là di quelli ufficiali, ai rapporti nascenti dal “basso” per iniziativa delle Università, dei Centri scientifici e culturali, delle città italiane e russe gemellate.
Nel 1946, settanta anni fa infatti, subito dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, fu fondata in Italia da tante personalità della cultura di diverso orientamento ideologico, politico e religioso e da esponenti dei diversi partiti democratici l’Associazione per i rapporti culturali tra l’Italia e l’URSS in nome della pace, dell’amicizia e della collaborazione negli interessi comuni dei nostri popoli.
L’Associazione svolse un grande ruolo soprattutto quando ebbe ad infuriare la guerra fredda (e purtroppo se ne avvertono anche ora segnali!). Poeti, scrittori, scienziati, intellettuali collettivi ed individuali si mobilitarono in difesa della pace. Tra i tanti rappresentanti della cultura basti ricordare Renato Guttuso, Cesare Zavattini, Eduardo De Filippo, i registi De Sica e Visconti, gli scrittori Carlo Levi, Moravia e tanti ancora dei diversi campi della cultura scientifica ed umanistica.
Brjansk è una città russa della “gloria partigiana”. A un centinaio di chilometri dalla Bielorussia e dall’Ucraina, si trova non lontana da Kursk, città-eroe, ove ebbe luogo una battaglia decisiva, dal punto di vista strategico, per la vittoria contro l’armata tedesca. Ma a Brjansk, nei fitti boschi che la circondano, e nella provincia operarono per ostacolare rifornimenti e movimenti delle truppe naziste dapprima gruppi partigiani isolati, poi sempre più organizzati e coordinati. I partigiani costruirono nel più fitto della foresta di pioppi e betulle le zemljanke, i loro rifugi per più della metà sottoterra aventi come tetti tronchi di alberi ricoperti dalla tanta neve d’inverno e da foglie e da arbusti nelle altre stagioni. Solo entrando nelle zemljanke è possibile immaginare gli enormi sacrifici e sofferenze di chi scelse di combattere contro l’invasore lasciando case ed affetti.
Brjansk fu occupata dai tedeschi per ben due anni, ma la popolazione con immenso coraggio non esitò ad aiutare nel corso di tutto questo tempo chi aveva scelto la lotta partigiana. E qui l’occupante nazista usò tutta la sua ferocia per fare terra bruciata, radendo al suolo case, fabbriche, scuole, ospedali e tutto quanto vi fosse da distruggere, uccidendo ed impiccando uomini, donne, vecchi e fanciulli per rappresaglia.
Chatsun è la località ove avvenne il 25 ottobre 1941 una delle più atroci stragi compiute dall’esercito nazista. Nel 70° anniversario del mostruoso crimine di guerra qui è sorto un Museo in memoria delle decine di migliaia di vittime della selvaggia repressione e dei 1.016 abitati della regione di Brjansk rasi completamente al suolo. A Chatsun si recano ogni anno moltissimi cittadini anche di altre località della Russia a rendere omaggio ai caduti e ai coraggiosi partigiani. Per vendicarsi dell’uccisione di tre tedeschi furono fucilate sul posto 318 persone innocenti, tra cui 60 bambini. Nel periodo dell’occupazione tra il 1941 e il 1943 furono uccisi, bruciati e torturati a morte 75.274 inermi cittadini, deportati e ridotti in schiavitù 154.000 persone, i “sottouomini slavi”, furono distrutti più di mille villaggi e centri abitati esistenti nel territorio di Brjansk, che da sola ebbe 21.021 uccisi e 25.200 deportati. Questa strage immonda di Chatsun è stata per molto tempo pressoché ignorata, stanti le innumerevoli stragi nazifasciste compiute nei territori occupati dagli aggressori ed in particolare dall’esercito tedesco. Qui a Chatsun la mente è subito corsa al ricordo delle stragi nazifasciste avvenute in Italia, a quelle di S. Anna di Stazzema, di Marzabotto e a tutte quante le altre compiute in tante regioni anche del Sud.
Quella di Brjansk è gente forte, semplice ma determinata. Aiutò sino all’impossibile i fratelli partigiani inoltrandosi di notte nell’immensa foresta per recare loro cibo, medicinali, vestiario, coperte. Quanti di loro furono impiccati ed esposti come Cristi in croce dagli occupanti per terrorizzare la restante popolazione. Brjansk è stata anche, ma forse lo è ancora, terra degli starovery, dei vecchi credenti dalle rigorosissime regole di vita. I “vecchi credenti” lavorano molto seriamente, non hanno vizi, non bevono, non si corrompono. E Brjansk con la sua popolazione appare ancora così: pulita, ospitale secondo l’antica maniera russa, ordinata. Anche i rapporti tra docenti e studenti appaiono improntati a estrema semplicità e rispetto reciproco.
Nel programma culturale per i partecipanti alla Conferenza era inserita la visita, nel villaggio di Ovstug, alla casa-museo del famoso poeta e diplomatico Fedor Ivanovic Tjutcev, che visse anche a Torino. Il 28 novembre di quest’anno si sono compiuti 150 anni dalla sua più nota, ma anche la più breve delle poesie da lui scritte, che Tommaso Landolfi ha così voluto tradurre:
“La Russia non si intende con il senno
Né la misuri col comune metro
La Russia è fatta a modo suo
In essa si può credere soltanto”.
C’è sempre qualcosa della Russia che a noi occidentali sfugge alla comprensione e resta inspiegabile. E a Mosca di ritorno da Brjansk, nell’Aleksandrovskij sad, nel rendere omaggio al Milite Ignoto, uno dei 25 milioni di sovietici che persero la vita nella Grande Guerra Patriottica, ci si accorge che l’obelisco in granito grigio finlandese, a pochi metri dalle mura del Cremlino, eretto nel 1914 in onore dei Romanov, ma che dopo la Rivoluzione d’Ottobre fu dedicato ai pensatori socialisti ed ai combattenti per la liberazione delle classi lavoratrici ha subito l’oltraggio della storia con la cancellazione di tutti i nomi dei grandi rivoluzionari del passato. Fu il primo monumento del nuovo Stato socialista e recava in ordine i nomi di K. Marx, F. Engels, Liebknecht, Lassalle, Bebel, T. Campanella, J. Meslier, Winstnley, T. Moro, Saint-Simon, Vaillant, Fourier, J. Jaurès, Proudhon, Bakunin, Cernisevskij, Lavrov, Michajlovskij, Plechanov.
Non si sarebbe avuto il secondo assalto al cielo con l’Ottobre del 1917 senza il loro pensiero rivoluzionario.
Nel 2013, nel 400° anniversario della dinastia Romanov, a differenza della Francia che non ha mai dimenticato il 14 luglio, la Russia ha voluto inspiegabilmente cancellare forse la più bella testimonianza della propria Rivoluzione, che è stata la grande speranza di tanta parte dell’umanità.
5 dicembre 2016
Luigi Marino, del Comitato nazionale dell’ANPI
Pubblicato lunedì 19 Dicembre 2016
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