28 dicembre 1943. Con Quarto Camurri, i sette fratelli Cervi, Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore, figli di Alcide Cervi e di Genoeffa Cocconi, arrestati per il loro impegno antifascista, furono fucilati dai fascisti nel poligono di tiro di Reggio Emilia. Dal loro sacrificio, che rimane uno dei simboli della Resistenza italiana, e dal dolore indicibile della madre e del padre è nata una pagina di storia e di incancellabile memoria, che si incarna oggi nell’Istituto Alcide Cervi di Gattatico (Reggio Emilia).
Sono trascorsi 73 anni.
La loro fucilazione per mano dei fascisti fu il primo grave atto contro i civili del territorio messo in atto dalla appena costituita GNR (Guardia Nazionale Repubblicana). Un attentato che voleva essere intimidatorio e che al contrario contribuirà ad aggregare la Resistenza intorno alla vicenda della famiglia Cervi.
I Cervi rappresentano di fatto una avanguardia contadina attiva nel contrastare il regime fascista e il suo alleato attraverso l’impegno per un nuovo progetto di convivenza civile, dove sono fondamentali l’aspetto ideale e il dotarsi delle armi della cultura, prima ancora che di quelle proprie.
Insieme a loro viene fucilato anche Quarto Camurri, un disertore della GNR riparato nella loro casa dove entra a fare parte della banda Cervi; insieme ai sette fratelli viene portato in carcere a Reggio Emilia dopo la retata nella casa di Gattatico del 25 novembre 1943. I Cervi capiscono che bisogna guardare anche a chi, come Quarto Camurri, dopo l’8 settembre si è rifiutato di riprendere le armi fasciste.
“La data della fucilazione rappresenta una tappa fondamentale di quel calendario civile che ci consente di fissare gli eventi fondamentali del Novecento, e attraverso le date di quegli eventi, i conflitti, le speranze, le lotte che hanno accompagnato le conquista della democrazia e la costruzione di un senso comune di appartenenza, italiana ed europea. Si tratta di un aspetto di quell’ancoraggio al passato che è stato definito come fondamentale per la costruzione di un senso di condivisione, di cittadinanza e di appartenenza” (De Luna).
La fucilazione dei Cervi ha successivamente contribuito ad alimentare il processo di costruzione del mito, che trova terreno anche nelle commemorazioni annuali che si susseguono già dal dopoguerra, nel coinvolgimento costante agli eventi commemorativi delle istituzioni che avranno un ruolo fondamentale nella trasformazione della casa abitata dalla famiglia Cervi in Museo Nazionale e nella costituzione dell’Istituto Alcide Cervi all’inizio degli anni 70 del secolo scorso.
La fucilazione è anche rappresentata in molta pittura della metà degli anni 50, quando l’arte – e quella figurativa in particolare – si incarica di rappresentare fatti, luoghi, donne e uomini della Resistenza contribuendo a fare così storia e memoria in anticipo sulla ricerca, e contribuendo a individuare nella Resistenza un elemento fondamentale per la costruzione della democrazia.
Quello che colpisce, al di là del dato storico, è l’enormità della tragedia della fucilazione di sette fratelli e di un loro compagno di lotta, che diventa memoria collettiva quasi indipendentemente dal lavoro di ‘codificazione’ portato avanti dalle Istituzioni, dall’Anpi, dal partito Comunista, poi dagli studiosi.
Questi due processi insieme ne determinano i forti contenuti simbolici che hanno caratterizzato nel tempo le commemorazioni delle date centrali della vicenda della famiglia Cervi: la fucilazione del 28 dicembre, prima ancora l’arresto del 25 novembre, la scomparsa della madre Genoeffa Cocconi il 14 novembre del 1944, a cui si aggiunge la data della morte di Alcide il 27 marzo del 1970.
La componente simbolica rimane forte anche oggi, e rappresenta un elemento fondante della celebrazione del 28 dicembre, che nel suo svolgersi secondo ‘tappe’ consolidate (gli omaggi ai Cimiteri di Guastalla – dove è sepolto Quarto Camurri – e di Campegine; gli interventi istituzionali al Poligono di Tiro, luogo della fucilazione; e poi la conclusione al Museo con l’intervento della personalità istituzionale invitata), con il coinvolgimento dei vari livelli delle istituzioni e delle associazioni partigiane, ripropone anche quegli aspetti rituali che sono parte della nascita e del consolidarsi del mito (di ogni mito) dei sette Fratelli Cervi.
Semmai, aspetti di novità, per così dire, attengono alla modalità del coinvolgimento popolare, che punta anche sulla componente emozionale: negli ultimi anni viene organizzata una fiaccolata la sera del 27 dicembre dalla sede del Comune di Campegine al Cimitero, mentre un altro corteo si forma davanti al Muro della fucilazione, con la deposizione di otto rose.
Parallelamente, il lavoro in corso, a cura dell’Anpi provinciale e del Liceo Canossa di Reggio Emilia, di valorizzazione del Muro del Poligono di Tiro entro un ‘percorso della storie e della memoria’ fruibile sempre, e non solo nell’occasione della commemorazione come succede ora, suggerisce che bisogna studiare altri modi di trasmissione, dove il lavoro sui ‘luoghi’ (fruizione, valorizzazione, cura, collegamento) diventa un aspetto centrale su cui riflettere con sempre più attenzione.
Paola Varesi, dell’Istituto Alcide Cervi, responsabile del Museo Cervi
Pubblicato lunedì 19 Dicembre 2016
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