Se il buongiorno si vede dal mattino, forse l’ANPI e il mondo antifascista possono guardare con fiducia al 2017. L’entusiasmo destato dalla lotta per la Costituzione sembra aver messo in moto un’interessante fenomeno di rinnovamento, concretizzatosi nel coinvolgimento di tante nuove energie nelle nostre sezioni. Terminata con successo una delle battaglie più delicate e complesse della nostra storia associativa – la vicenda referendaria -, ci accingiamo per portare avanti la nostra principale missione: il contrasto al mondo del neofascismo. Dobbiamo tener conto che, rispetto ai decenni e agli anni passati, il fenomeno presenta una complicazione ben maggiore: se poniamo infatti attenzione ai meccanismi sociali che alimentano la vulgato neofascista, è piuttosto facile notare che questa si alimenta di due componenti profondamente diverse, con indoli e necessità risolutive diversificate.
La prima anima è quella del neofascismo organizzato, caratterizzato dal proliferare di partiti e movimenti strutturati, i quali operano, a fini legittimatori, anche in attività esulanti la politica, come la Protezione Civile (La Salamandra, associazione costituita da CasaPound) o la raccolta alimentare.
Dietro la presunta innocuità di questi gruppi, spesso si celano linguaggi politici incitanti all’odio e all’intolleranza, riferimenti espliciti al modello fascista e ancora aggressioni, violenze, profanazioni di luoghi della memoria. Il tutto in un contesto di sostanziale lassismo delle istituzioni, che si unisce al rafforzamento del potere contrattuale politico di questi soggetti e alle reti più o meno palesi di finanziamento esterno che ne determinano l’espansione. Ove il neofascismo opera con presunti miti del passato, catturando adepti e simpatizzanti tramite slogan di lotta all’immigrazione e difesa dell’italianità, il mondo istituzionale ha il dovere di contrastarne la proliferazione attraverso un più marcato riferimento alla legge Scelba e al reato di apologia di fascismo. Soltanto attraverso il riferimento alla normativa e a un’attenta supervisione degli ambienti di estrema destra (oltre che da parte dell’ANPI, da parte dei partiti, delle forze dell’ordine e degli organi istituzionali) si potrà bloccare l’escalation di soggetti sociali in qualche modo irrecuperabili nelle loro mire di razzismo, antisemitismo e denigrazione del patrimonio storico della Resistenza. Ove questo fosse praticamente utopico nella realizzazione pratica, più che il riferimento alla legge potrà la sensibilità dell’opinione pubblica e degli amministratori, che hanno il dovere di opporsi con mezzi democratici e legislativi all’apertura di nuovi circoli e a cortei o manifestazioni di spiccata inopportunità civile. A questi sistemi di contrasto, più tradizionali, se ne aggiunge uno totalmente nuovo: il controllo dei social network e internet che riporti il valore della legge nazionale anche nella babele del mondo virtuale.
L’argomento ci conduce direttamente alla seconda anima del neofascismo, quella di una vulgata assai più estesa rispetto all’attivismo neofascista tout-court. C’è una sorta di “fascismo strisciante” in una parte dell’opinione pubblica, che si manifesta anche nella forma di pulsioni pararazziste, violenze verbale sui social ed in altri molteplici modi. Matrice comune del fenomeno è l’ignoranza dei soggetti, il momento storico complicato, la lettura superficiale dell’attualità. In un mondo in cui un ruolo importante è giocato dall’influenzabilità delle masse da parte dei media, è logico che la matrice dell’attivismo fascista trovi (complice anche l’ambiguità e le posizioni dei populismi e dell’antipolitica) adepti e simpatie, o riesca comunque a trasmettere in serie messaggi fuorvianti e xenofobi.
Ove la superficialità e l’ignoranza generano mostri e menzogna, più che lo strumento risolutivo legale serviranno due contromosse: una maggiore qualità della scuola e la militanza quotidiana che ognuno di noi dovrà dedicare – dalla testiera del computer di casa e con la presenza alle manifestazioni – al contrasto di fenomeni, fisici e virtuali, inneggianti il fascismo. Molto potrà fare l’ANPI, forte del suo ruolo storico e del protocollo d’intesa con il MIUR, per pressare su un sistema scolastico spesso inadeguato o svogliato nell’occuparsi all’analisi del fascismo e dell’antifascismo. Si eviterà così il proliferare di falsi miti che sovente trovano tra i giovani e nell’inadeguatezza preparatoria delle famiglie il miglior veicolo di trasmissione dei germi dell’odio. E tanto potremo fare noi tesserati, dimostrando alle istituzioni, con il nostro lavoro e partecipazione, che le ricorrenze e i fatti della lotta di Liberazione non sono soltanto eventi vuoti a cui dedicare doverose e fredde commemorazioni, ma sono l’essenza del nostro vivere democratico.
Queste sono le sfide forse ancora maggiori che spettano all’ANPI nel 2017, ben più difficili rispetto alla pura lotta al neofascismo: la guerra all’ignoranza e la continua attività di pungolo per le istituzioni, affinché ricordino quale sia l’origine del proprio ruolo e si applichino per garantirne la Memoria. Rimaniamo fiduciosi. Alcuni segnali sono incoraggianti: pensiamo alla mozione approvata in Emilia Romagna e Toscana per bloccare la vendita di gadgets fascisti. Sembra poco, ma questo è già un grande punto di partenza che dovrà replicarsi ovunque per dare un primo importante scacco al nero mondo del rimpianto e dell’ignoranza.
Luca Grisolini, presidente provinciale dell’ANPI di Arezzo
Pubblicato lunedì 16 Gennaio 2017
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