La guerra in Ucraina e l’aggressione da parte della Russia hanno mostrato ancora una volta i limiti dell’Unione Europea, incapace di esprimere una posizione chiara e forte che possa contribuire con proposte concrete alla risoluzione del conflitto. C’è la necessità di lavorare a un trattato di pace e a una transizione che consenta all’Ucraina una ricostruzione economica, politica e sociale e alla Russia di rinunciare a utilizzare armi e minacce per affermare il ruolo di potenza mondiale.
L’Anpi ha responsabilmente espresso il suo punto di vista in molte occasioni, in ultimo al 17° congresso nazionale, con prese di posizione, a volte (volutamente?) travisate. L’associazione ha voluto offrire spunti di riflessione e proposte sui temi della pace, del disarmo e degli accordi internazionali con ricadute sia a livello nazionale sia sul futuro dell’Europa, partecipando al dibattito aperto dalle istituzioni UE. Temi così complessi richiedono risposte articolate e approfondimenti, oltre a una conoscenza che vada al di là delle distorsioni e delle prese di posizione non capaci di aiutare la comprensione storica né i fatti attuali. Affrontiamo qui due punti in particolare sollevati nel corso dei negoziati che rivestono, crediamo, un qualche interesse tra quanti pensano di poter lavorare a possibili soluzioni.
L’aspirazione dell’Ucraina a unirsi alla NATO è scritta nella costituzione del Paese, tuttavia i negoziatori ucraini, riuniti in Turchia martedì 29 marzo, si sono dichiarati disponibili ad accettare la “neutralità” in cambio di adeguate garanzie di sicurezza dalle nazioni occidentali, abbandonando così le eventuali aspirazioni a diventare membri dell’Alleanza atlantica. Questa scelta richiede la modifica della costituzione e un referendum. Qualsiasi cambiamento costituzionale in Ucraina necessita infatti dell’approvazione di 300 eletti su 450 in due sessioni parlamentari separate e una convalida da parte dalla corte costituzionale. Peraltro la costituzione in Ucraina non può essere modificata durante la legge marziale, ora in vigore, o durante uno stato di emergenza. Sarà dunque necessario trovare una soluzione giuridica, anche transitoria, che permetta comunque un accordo tra le parti in conflitto e l’immediato cessate il fuoco.
Secondo il diritto internazionale, un Paese è neutrale se non interferisce in situazioni di conflitto armato internazionale che coinvolgono altre parti belligeranti. Se si è neutrali, cioè, non si può permettere di far usare a una delle parti belligeranti il proprio territorio come base di operazioni militari e nemmeno fornire attrezzature militari. Soprattutto la neutralità implica un’importante operazione di smilitarizzazione.
Affinché l’Ucraina accetti lo status di Paese neutrale, il presidente Zelensky ha chiesto soprattutto a Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna (tre potenze nucleari) garanzie di sicurezza vincolanti molto simili a quelle regolate dall’articolo 5 del Trattato Nato. Quell’articolo stabilisce che i membri dell’Alleanza accettano di venire in difesa l’uno dell’altro in caso di aggressione militare. Inoltre il capo negoziatore ucraino ha accennato a un meccanismo di interposizione composto da garanti internazionali – dieci Paesi, tra cui l’Italia, sotto l’egida dell’Onu – per intervenire con armi e soldati in caso di aggressione russa, chiudendo contestualmente i cieli dell’Ucraina. Probabilmente il riferimento è alle forze di peace-keeping già create in varie zone belliche, inclusa la ex-Jugoslavia dove furono commessi errori madornali.
Per questa ragione sarà fondamentale chiarire esattamente che tipo di garanzie sono richieste e sarà inoltre necessario che i parlamenti nazionali siano democraticamente consultati.
Mykola Davydiuk, analista politico di Kiev, sostiene che se l’Europa offre l’adesione alla UE, e propone un pacchetto finanziario per ricostruire l’Ucraina, «il dibattito sulla Nato potrebbe essere dimenticato per un po’». Ma anche in questo caso sarà importante chiarire alcuni elementi.
L’Ucraina e la UE hanno siglato nel 2017 un accordo di associazione, dopo un primo protocollo del 2014. Sottoscrivendo l’accordo, l’Ucraina si impegnava a cooperare in materia di politica economica e ordinamento legislativo, nel rispetto dei diritti fondamentali e del diritto del lavoro, della libera circolazione, ecc.
Da allora però – in realtà da quasi vent’anni – si è creata una frattura nel Paese tra l’Ucraina occidentale favorevole all’adesione alla UE (e alla NATO) e l’Ucraina orientale, più vicina alla Russia per cultura (ha una importante minoranza russofona) e interessi economici. Sono in pochi oggi a ricordare le manifestazioni di Piazza Maidan, le cui ragioni di fondo erano legate al rifiuto dell’allora presidente Janukovich di firmare proprio l’accordo di associazione con l’Unione Europea. La Russia, secondo partner commerciale dell’Ucraina, soprattutto per le fonti energetiche, aveva parallelamente proposto un accordo doganale (con la Bielorussia e il Kazakistan).
L’attacco militare russo e le tragiche conseguenze del conflitto oggi sembrano avere cambiato tempi e procedure, fino alla dichiarazione del Parlamento europeo che invita le istituzioni europee ad adoperarsi per concedere all’Ucraina lo status di candidato. Mentre Emmanuel Macron, presidente di turno dell’UE, nonostante le assicurazioni e l’impegno di Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e Paesi Baltici, chiede prudenza soprattutto con un Paese coinvolto in una guerra. Va inoltre ricordato che prima del febbraio 2022, l’Ucraina era strangolata dalla corruzione ed era tanto istituzionalmente fragile da far dichiarare nel 2017 all’allora presidente della Commissione Europea Jean Claude Junker che sarebbe stata pronta a entrare nella UE solo dopo una ventina di anni.
Va considerato poi che Albania, Repubblica della Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro e Turchia hanno già chiesto di aderire alla UE. L’esperienza che l’Unione Europea sta vivendo con le violazioni dello stato di diritto soprattutto in Polonia e Ungheria, e recentemente anche in Slovenia, dovrebbe essere di lezione: oltre agli immediati aiuti umanitari ed economici, è dalla ricostruzione delle istituzioni democratiche e di un governo capace di garantire diritti fondamentali e rispetto delle minoranze che bisognerà ripartire insieme.
Una riflessione seria e approfondita sulle riforme necessarie perché l’Unione Europea possa prevedere un ulteriore allargamento è diventata sempre più urgente.
Susanna Florio, componente comitato nazionale Anpi
Pubblicato venerdì 1 Aprile 2022
Stampato il 22/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/primo-piano/lucraina-tra-neutralita-e-adesione-allunione-europea/