Nel 2021 ricorrono due importanti anniversari che riportano la nostra attenzione sulla figura e l’opera di Luciano Lama, uomo della Resistenza, della sinistra, del lavoro, delle istituzioni repubblicane e della difesa della democrazia: il centenario della nascita, avvenuta il 14 ottobre 1921, e il venticinquesimo anniversario della scomparsa, il 31 maggio del 1996.
Luciano Lama è stato una figura di straordinaria importanza nella vita della Repubblica italiana, vi ha lasciato un segno profondo che è giusto e prezioso riproporre alle attuali e alle future generazioni.
Giovanissimo partigiano ha combattuto in Emilia-Romagna nella Resistenza, nel corso della quale rimase ucciso suo fratello minore, fucilato nel ’44 dai nazifascisti.
È stato alla testa dei partigiani che hanno liberato Forlì, la sua città, dove è stato subito eletto segretario della Camera del Lavoro sottoscrivendo nell’Italia liberata che si avviava alla ricostruzione degli accordi sindacali di rilievo.
Benché giovanissimo venne stato chiamato nel 1947 a Roma da Giuseppe Di Vittorio, che lo volle accanto a sé nella segreteria nazionale della Cgil unitaria. È stato proprio il grande sindacalista di Cerignola il vero maestro politico e sindacale di Lama, a cui ha trasmesso valori, pratiche e sensibilità che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita.
Militante nel Pci, nel 1952 Luciano Lama diviene segretario generale dei lavoratori chimici, nel 1958 è chiamato a dirigere la Fiom-Cgil ed è tra i protagonisti dell’avvio di quella che gli storici chiameranno la riscossa operaia. Nel 1962 torna nella segreteria della Confederazione divenendone il segretario generale nella primavera del 1970.
Si era da poco concluso l’autunno caldo, una stagione nella quale il sindacato italiano aveva saputo raccogliere la formidabile spinta al cambiamento che proveniva dal mondo del lavoro e, non senza contrasti interni, aveva saputo aprirsi al nuovo, coglierne le istanze fondamentali cambiando nel profondo al proprio interno e contribuendo a sviluppare processi democratici e partecipativi che incideranno sulla storia sociale, politica, economica e di costume del paese in modo irreversibile.
Lama è tra coloro che più si spendono per questi approdi e va ricordato il suo ostinato sostenere la realizzazione dell’unità sindacale e il riconoscimento dei Consigli di Fabbrica, sia come nuovo organismo di rappresentanza dei lavoratori in azienda sia come struttura di base del sindacato unitario.
Le grandi conquiste sindacali realizzate in quegli anni e il contributo determinante alla costruzione di un moderno sistema di welfare che caratterizzano la funzione generale che il sindacato confederale unitario sa proporre al Paese sono drammaticamente contrastate nella società italiana da sanguinosi rigurgiti terroristici, dapprima neofascisti e poi brigatisti, che minano la coesistenza civile, i processi di partecipazione democratica e le potenziali nuove prospettive politiche che potrebbero aprirsi nel paese.
La diga democratica che le grandi masse popolari sanno innalzare a difesa della democrazia vedono sempre puntualmente e coraggiosamente alla loro testa il sindacato unitario confederale e i suoi massimi dirigenti.
Lama parla applauditissimo a Brescia ai funerali delle vittime della strage di piazza della Loggia di fronte a una classe di governo contestata e screditata. Parla a Roma in piazza San Giovanni quando Aldo Moro viene rapito e assassinato. Guida la risposta contro ogni azione eversiva ribattendo, senza tentennamento alcuno, colpo su colpo.
È grazie alla determinazione di uomini come lui, come Sandro Pertini, come Enrico Berlinguer, come Arrigo Boldrini se alla fine l’Italia sconfigge il terrorismo e se la nostra democrazia vince la sfida più terribile che le sia mai stata portata. Ma a quale prezzo? Quante energie sono convogliate per una necessaria risposta ai terribili attacchi ma anche quante risorse vengono sottratte a battaglie per un possibile cambiamento?
Ricordo di aver sentito in più occasioni Lama riflettere amaramente sul fatto che a nessun sindacato in Europa era mai stato chiesto di farsi carico di un peso così grande.
Alla conclusione delle sue lunghe e frequentemente esaltanti esperienze sindacali Lama è stato anche un uomo importante delle istituzioni: vicepresidente del Senato e infine sindaco della sua amata Amelia, in Umbria.
Da sempre iscritto all’Anpi è stato legato da un forte rapporto personale e politico al presidente Arrigo Boldrini ed era orgoglioso di essere suo conterraneo.
Lama è stato un esponente della Resistenza, del lavoro, della sinistra e delle istituzioni, uomo delle proposte fattive, che sapeva davvero parlare al Paese, alla testa e al cuore delle persone. Sapeva parlare per proporre obiettivi da raggiungere, valori fondamentali e non negoziabili da salvaguardare, diritti da consolidare e da estendere, centralità e dignità del lavoro da fare riconoscere e da far rispettare.
Sapeva anche proporre percorsi credibili per conseguire i traguardi, sempre basati sul protagonismo attivo delle donne e degli uomini, dei lavoratori, delle grandi masse popolari. Come Di Vittorio gli aveva insegnato.
A Luciano Lama i lavoratori, la democrazia e i movimenti di progresso del nostro Paese devono davvero molto.
Carlo Ghezzi, vicepresidente nazionale vicario Anpi
Pubblicato lunedì 31 Maggio 2021
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