Sono le otto di sera del 22 agosto 1922 quando a Béal na Bláth, nel sud-ovest dell’Irlanda, Michael Collins è ucciso in un agguato. Nel centenario della morte vogliamo ricordare l’eroe indipendentista raccontando una storia poco nota, quella per la vendita di armi italiane all’Irlanda che coinvolse, tra gli altri, Gabriele D’Annunzio e Benito Mussolini. L’agguato mortale a Michael Collins, comandante in capo dell’Esercito nazionale (favorevole al trattato di pace) e presidente del governo provvisorio di Dublino, contribuirà a far precipitare lo scontro fra le due fazioni repubblicane in una spirale di violenza, repressione e rappresaglie che avrebbe visto la fine solo nove mesi dopo, con la vittoria dei “trattatisti”, e lasciato un’eredità di divisioni e rancori nella società irlandese che non si sono mai sopiti del tutto.
***
È in corso la guerra di indipendenza irlandese contro gli inglesi (1919-1921). In un piano “antialbione” che prometteva di cambiare le sorti del conflitto a favore della nascente Repubblica irlandese, l’idea di fornire armi e munizioni ai ribelli si sviluppa come una sorta di costola dell’impresa fiumana.
In una celebre arringa ai “legionari”, datata 30 marzo 1920 e intitolata “Con me”, D’Annunzio annunciava: “Alla Lega delle Nazioni noi opporremo la Lega di Fiume”. Nella stessa arringa, il “Vate” faceva un preciso riferimento all’isola di smeraldo: “Dall’indomabile Sinn Féin d’Irlanda al rosso stendardo che in Egitto unisce la Mezzaluna e la Croce, tutte le insurrezioni dello spirito contro i divoratori di carne cruda si accendono alle nostre faville che svolano lontano”. Non c’è dubbio che, fra tutti i “popoli oppressi”, dei quali di lì a poco i “fiumani” avrebbero stilato una lunga lista con la quale dare il via a una sorta di offensiva diplomatica “anti-imperialista”, gli irlandesi occupassero nel cuore di D’Annunzio un posto di riguardo.
Fu così ch’egli si mise in testa di convincere il neonato parlamento irlandese (il Dáil Éireann) a firmare l’adesione alla “Lega di Fiume” e decide di mettere sul tavolo una ricca posta: le armi. Nell’ottobre 1919 un rocambolesco dirottamento aveva portato a Fiume un prezioso carico di armi comprendente 30.000 fucili “91” con relative munizioni (20 milioni e mezzo), alcune decine di mitragliatrici Fiat e altro ancora. Era il carico del piroscafo “Persia”, destinato, nelle intenzioni degli armatori, all’esercito controrivoluzionario russo in lotta contro l’Armata Rossa bolscevica.
Grazie all’eco della notizia del dirottamento del “Persia”, che aveva raggiunto ovviamente anche la stampa irlandese, l’emissario di D’Annunzio era riuscito col tempo a ottenere un incontro a Parigi con Seán T. O’Kelly, il capo della delegazione inviata dal Dáil nella capitale francese dove era in corso la conferenza di pace.
Al di là delle ragioni ideali dichiarate, D’Annunzio era spinto quasi sicuramente da motivazioni più prosaiche. Come osserva Jack Traynor, autore di un articolo molto interessante sul caso delle “armi italiane”, il “Vate” sperava che una collaborazione con i repubblicani irlandesi gli avrebbe permesso di accattivarsi il favore della comunità irlandese americana (quella italoamericana era già in buona parte favorevole ai “fiumani”) per provare a fare pressione sul presidente Woodrow Wilson.
Tuttavia, i repubblicani irlandesi non nutrono alcun particolare interesse per D’Annunzio (che anzi vedono con un certo sospetto). Per loro, l’Italia significa soltanto una cosa: il Vaticano. Nei primi mesi del 1920 O’Kelly rinsalda l’amicizia con monsignor John Hagan, rettore del Pontificio Collegio irlandese e figura centrale per la nascente Repubblica presso la Santa Sede. Il rapporto con il porporato gli permette di ottenere un’udienza con Benedetto XV, in aprile, che a suo dire risulta decisiva per scongiurare un’aperta condanna dell’operato dell’Ira da parte del Vaticano.
Durante la missione di O’Kelly a Roma, il vice-rettore del Collegio irlandese, monsignor Michael Curran, riceve una lettera con la quale D’Annunzio gli chiede di accogliere una delegazione da Fiume per incontrare O’Kelly. La richiesta è accolta, ma la delegazione giunta a Roma alla fine di aprile non è ricevuta dall’emissario del Dáil, ma soltanto dallo stesso Curran. Oltre a spiegare ai focosi ospiti che una loro partecipazione alla guerra di guerriglia in Irlanda non era, per ovvie ragioni, una brillante idea, Curran non prende alcun tipo di impegno.
Tuttavia, alla fine della primavera O’Kelly si decide a girare la proposta dei “fiumani” ad Arthur Griffith, fondatore di Sinn Féin e ministro dell’Interno del governo provvisorio, e a Michael Collins.
Va ricordato che in quei mesi l’Ira ha un estremo bisogno di armi e munizioni. Le speranze dei repubblicani sono state riposte sulla Francia per lunghi mesi, ma quella via si è dovuta abbandonare definitivamente alla fine del 1919. I ribelli sono quindi alla disperazione, poiché la Guerra di indipendenza è in pieno corso e i combattenti non hanno altre possibilità di ottenere armi se non conquistandole in battaglia e strappandole al nemico. Così Dónal Hales riceve l’incarico di recarsi in Italia per incontrare D’Annunzio. Originario dell’ovest della Contea di Cork, in cui la guerra con gli inglesi era particolarmente intensa, con tre fratelli attivi nell’Ira, Hales è deciso a fare il possibile per ottenere le armi. Mentre la via fiumana si fa ogni giorno meno promettente, l’emissario repubblicano intravede una possibile alternativa. Nell’estate del 1920 Hales entra in contatto con un gruppo di ufficiali del Regio esercito che, spinti da un forte sentimento anti-inglese, lo convincono che gli arsenali italiani dispongono di una grande quantità di armi e munizioni da poter inviare facilmente in Irlanda. D’Annunzio, che si è interessato anche a questo secondo piano, incoraggia gli irlandesi a coinvolgere Mussolini per sfruttarne i buoni uffici nei confronti degli ufficiali dell’esercito.
Il 20 agosto 1920 Seán T. O’Kelly si reca a Milano dove appunto incontra Mussolini, il quale conferma di poter fare quanto aveva adombrato D’Annunzio, aggiungendo che avrebbe contribuito al finanziamento dell’impresa. In quell’occasione viene fissato un successivo incontro per tre mesi dopo, il 21 novembre 1920 (una data tragica per l’Irlanda, che passerà alla storia con il nome di Bloody Sunday). Questo secondo incontro si tiene in tutta segretezza al dicastero della Guerra a Roma, presenti l’emissario dell’Ira Dónal Hales, un generale italiano e un “alto funzionario” che, secondo il prof. Mark Phelan, avrebbe potuto essere l’allora ministro della Guerra Ivanoe Bonomi. Nel corso dell’incontro, ai repubblicani sono promessi fucili: “quanti ne volete, anche 100 mila” e “in buone condizioni, basta una pulita”. L’Ira si convince che l’impresa è fattibile e incarica uno degli ufficiali più fidati, Michael Leahy, vicecomandante della I Brigata Cork, di farsi carico degli aspetti pratici dell’operazione e organizzare il trasporto che, secondo i programmi, avrebbe avuto luogo nella primavera del 1921. Leahy, che ha anche esperienza di mare, concorda con gli italiani un carico di 20 mila fucili, 500 mitragliatrici e cinque milioni di pallottole.
Per quanto riguarda Mussolini, le reali motivazioni del futuro dittatore fascista sono lontane, e ben più prosaiche, dalle sparate che si permette sul “Popolo d’Italia”. Il 29 agosto 1920 il quotidiano esce in prima pagina con un articolo intitolato «Mac Swiney agonizza… Viva la repubblica irlandese!», i cui Mussolini da conto dello sciopero della fame iniziato da poco dal comandante di Brigata dell’Ira, nonché poeta e sindaco di Cork, Terence MacSwiney (che avrebbe portato avanti fino alla morte, avvenuta il 25 ottobre 1920 nel carcere di Brixton). Sembra infatti che, vista la piega che sta prendendo la vicenda fiumana, l’impresa irlandese sia caldeggiata da Mussolini che, così come lo stesso Bonomi, la vede come una buona occasione per liberarsi di D’Annunzio.
Il cinismo di Mussolini è ben noto. Non dimentichiamo che solo due anni prima, fra il 1917 e il 1918, l’editore che si sarebbe tanto commosso per le sorti di Terence MacSwiney era stato un anno intero a libro paga del MI5, il servizio segreto della perfida Albione. Come ha dimostrato nel 2009 lo storico britannico Peter Martland, sulla base di documenti d’archivio, il Popolo d’Italia e Mussolini vennero foraggiati per ben 12 mesi con una paga di 100 sterline a settimana (l’equivalente di circa 6.500 euro di oggi) per proseguire la propaganda a favore della permanenza in guerra dell’Italia e impegnarsi affinché i pacifisti non riuscissero a fermare le fabbriche milanesi con gli scioperi. A proposito di questo, Mussolini garantì ai suoi generosi finanziatori che avrebbe mandato in piazza i suoi uomini per convincere i pacifisti a desistere (“spaccheranno la testa a ogni pacifista che tentasse di tenere una manifestazione di strada contro la guerra”, garantì al suo supervisore Samuel Hoare). Tutto questo, va ricordato, a 18 mesi dalla Rivolta di Pasqua dell’aprile 1916, mentre i repubblicani stavano pazientemente ricostruendo le maglie dell’organizzazione che li avrebbe portati allo scontro armato con l’Impero britannico.
Nel marzo 1921 Michael Leahy partì per Genova, dopo essersi procurato un passaporto sotto falso nome a Londra e, dopo una sosta a Parigi per conferire con Seán T. O’Kelly, entra in Italia passando per la Svizzera. A Genova si mette al lavoro e trova un battello che fa alla bisogna, lo “Stella Maris”. A quel punto, tuttavia, emerge una novità: la somma che, secondo gli ufficiali coinvolti da “u sciù Parodi” (come verrà in seguito soprannominato Mussolini nel capoluogo ligure), avrebbe dovuto essere poco più che “simbolica” si rivela essere pari a 10.000 sterline, il che fa storcere il naso agli irlandesi. Michael Collins (che era anche ministro delle Finanze del governo provvisorio) non ritiene la somma un ostacolo in sé, ma decide tuttavia di prendere tempo. Da Genova, come racconterà anni dopo, Michael Leahy si sposta anche a Milano e a Brescia. Fa visita a D’Annunzio nell’esilio dorato di Gardone Riviera, sul Lago di Garda, dove il “Vate” ha modo di ribadire la volontà di fare vela insieme alle armi, sullo “Stella Maris”, e andare a combattere per la Repubblica irlandese.
Quindi, con il battello in porto e l’equipaggio pronto a salpare, Leahy rimane senza ordini.
Michael Collins, infatti, a quel punto chiude del tutto la trattativa. Il motivo non è mai stato del tutto chiarito. Ciò che si sa con certezza è che Collins era venuto a conoscenza del fatto che la Marina Britannica era al corrente dei piani italiani ed era pronta a intervenire.
Seán T. O’Kelly puntò decisamente il dito su D’Annunzio, il quale aveva dichiarato alla stampa di essere “il primo Sinn Féiner italiano”, di essere “pronto a guidare un contingente italiano in Irlanda per combattere per la libertà e che non sarebbe partito senza armi e munizioni”. Per questo, l’ex inviato del Dáil a Parigi (e futuro Presidente della Repubblica d’Irlanda dal 1945 al 1959) riteneva che la missione fosse stata di fatto mandata a rotoli da D’Annunzio e dalle sue fanfaronate.
Liam O’Briain, all’epoca dei fatti attivista repubblicano e professore di lingue romanze all’Università di Galway (al quale nel settembre 1920 Michael Collins aveva affidato il compito di portare a Dónal Hales il proprio assenso per l’operazione), chiese lumi a uno dei più celebri veterani della Guerra di indipendenza, il Comandante Tom Barry, il quale rispose che, a suo parere, Collins si era reso conto di come i rapporti di Hales si fossero rivelati troppo ottimistici e aveva quindi ritenuto consigliabile archiviare il piano.
Dalla sua, Dónal Hales riteneva che l’intera operazione fosse stata usata da Michael Collins come un elaborato bluff volto a convincere gli inglesi che l’Ira avrebbe costituito per loro un osso duro ancora per parecchio tempo.
Al contrario, altri pensarono che il fine ultimo di Collins fosse esattamente l’opposto: convincere la maggior parte dei comandanti dell’Ira della necessità di una tregua (che arrivò l’11 luglio 1921) e della successiva trattativa che, si sapeva, sarebbe stata estremamente complicata e dolorosa. Diversi mesi dopo, come osserverà monsignor Curran, fu la penuria di armi a convincere un certo numero di importanti ufficiali dell’Ira a sostenere il Trattato, firmato il 6 dicembre 1921.
Il Trattato, che fra le altre cose sancì la divisione dell’Irlanda, aprì la strada alla Guerra civile nella quale il 22 agosto 1922 trovò la morte lo stesso Michael Collins, a Béal na Bláth, a meno di 30 chilometri dalla cittadina in cui era nato 32 anni prima.
Carlo Gianuzzi, Commissione scuola Anpi “Dolores Abbiati” – Brescia
https://www.theirishstory.com/2021/07/27/the-italian-arms-importation-scheme-1920-1921/#.YuZjpXbP1D9
https://www.historyireland.com/gabriele-dannunzio-irish-republic-1919-21/
Pubblicato domenica 21 Agosto 2022
Stampato il 24/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/primo-piano/lomicidio-di-michael-collins-e-le-armi-di-dannunzio-e-mussolini/