Le recenti elezioni legislative in Francia hanno regalato alla formazione di estrema destra Rassemblement National (RN) un successo inedito. Guidata da Marine Le Pen è forte di ben 89 eletti nell’Assemblea Nazionale, un salto enorme dagli 8 rappresentanti ottenuti con le legislative del 2017, quando lo stesso partito si chiamava ancora Front National.
RN ha una lunga storia, nasce come Front National nel 1972, fondato da Jean-Marie Le Pen, padre dell’attuale presidente Marine, sul modello del Movimento Sociale Italiano, tant’è che la prima campagna elettorale venne in parte finanziata proprio dal MSI. Il Front National è stato capace di eleggere propri parlamentari solo saltuariamente e in numero molto esiguo tranne nel 1986, con 35 deputati, grazie a un temporaneo cambio delle legge elettorale. Questo perché con elezioni a doppio turno, nel caso al secondo fosse giunto un candidato del FN gli elettori sia della destra moderata che della sinistra convergevano per escluderlo, realizzando quel che per lungo tempo è stato chiamato il “cordone sanitario repubblicano”.
Questa barriera è però saltata tutta insieme a queste ultime legislative.
In realtà questo è il risultato di un lungo percorso cercato, non senza scosse e rotture, da Marine Le Pen. La ridefinizione del Front National è cominciata appunto con l’elezione di Marine Le Pen a presidente del partito nel 2011. Dapprima ha assunto i caratteri di una resa dei conti interna, con Marine che addirittura fa espellere il padre nel 2015 e il padre che la ripudia come figlia, che ha mirato a emarginare la “vecchia guardia”, legata a doppio filo col regime di Vichy, che abbondava di negazionisti della Shoah, antisemiti e razzismo esplicito. Poi con un’operazione di ammodernamento della propria immagine, fino al cambio di nome in Rassemblement National nel 2018.
Il resto è storia recentissima: alle tendenze generali di un avanzamento delle forze dell’estrema destra in gran parte dell’occidente, anche a seguito delle note crisi strutturali degli ultimi anni, si è aggiunta la meteora politica di Éric Zemmour, che ha incalzato da destra l’estrema destra della Le Pen alle elezioni presidenziali di aprile 2022.
Il ruolo di Éric Zemmour è stato di fatto quello di favorire uno spostamento verso l’estrema destra pur senza raccoglierne per sé i frutti: portando al centro del dibattito politico temi estremi e parole prima marginalizzate hanno permesso a Marine Le Pen di rappresentarsi come non estrema, normalizzandone la narrazione politica senza dover cambiarne la sostanza. E se inizialmente, per le presidenziali, Éric Zemmour era stato addirittura dato come preferito contro Marine Le Pen, un partito strutturato e con esperienza come Rassemblement National ha inevitabilmente fatto la differenza.
Questo “effetto Zemmour” non è certo una novità, in fin dei conti anche in Italia avevamo osservato lo stesso fenomeno nel 2018 quando, con il continuo ribollire dei temi portati avanti da formazioni neofasciste come CasaPound e Forza Nuova, le elezioni politiche avevano sì tenuto a distanza di sicurezza dal parlamento le piccole formazioni estremiste, ma avevano lanciato verso un inedito successo la Lega di Salvini che di quei gruppi aveva usato parole e temi.
Come si ricorderà Marine Le Pen ha ottenuto ben oltre il 40% dei suffragi per le presidenziali, mostrando come il “cordone sanitario” fosse ormai abbondantemente sfilacciato, anche in conseguenza dell’aggressiva politica comunicativa di Emmanuel Macron che ha rappresentato sinistra e destra come equivalenti e della minore attrattiva del “cordone” a sinistra.
L’altra novità di queste elezioni è stata la federazione di partiti di sinistra e centro-sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon, Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale (Nupes). Questa alleanza ha permesso di portare 131 parlamentari all’Assemblea Nazionale. I partiti aggregatisi in Nupes hanno però formato gruppi parlamentari separati: questo permette al Rassemblement National di essere il gruppo di opposizione più numeroso in parlamento. E ciò avrà un grande peso nel determinare molti dei posti chiave dell’Assemblea Nazionale, in primis le presidenze di commissione che sono tradizionalmente assegnate all’opposizione.
Il cosiddetto “cordone sanitario repubblicano” avrà la meglio sulle comuni prassi democratiche quando di queste prassi si avvantaggia una formazione le cui radici sono fuori dalla democrazia? Sembra proprio di no: mentre scriviamo il Rassemblement National ha ottenuto due delle sei vicepresidenze dell’Assemblea Nazionale.
Gli 89 eletti del giugno 2022 costituiscono la più grande rappresentanza d’estrema destra che il parlamento francese abbia mai visto, ma non propriamente una sorpresa. Inoltre Ensemble (che sostiene Macron) e Nupes, che hanno superato RN in numero di voti, sono alleanze e non singoli partiti com il Rassemblement National. Va inoltre notato come il consenso elettorale al primo turno ha superato il 18%, reggendo bene anche al secondo turno. Un consenso che è cresciuto anche con lo sgonfiarsi della credibilità di Zemmour, che con la sua Reconquête! ha raggiunto a mala pena il 4%, non ottenendo alcun parlamentare.
Nel profilo sociale e politico che ha fatto Le Monde degli eletti con il RN risultano alcuni tratti interessanti: se 27 di loro provengono dalle fila del vecchio Front National, sono 25 le elette e che invece sono nel Rassemblement National da tre anni o meno. In 14 hanno estrazione popolare e l’età media del gruppo è inferiore all’età media di tutti i parlamentari. Insomma, l’ammodernamento del partito voluto da Marine Le Pen ha dato dei risultati. Il punto naturalmente è però sul piano delle idee: la “normalizzazione” è un’operazione estetica o di sostanza?
Su alcuni temi il Rassemblement National ha corretto il tiro. In particolare, pur rimanendo l’unico partito in parlamento a guardare con favore alla pena di morte, adesso ne auspica la reintroduzione nella legislazione francese (è stata abolita nel 1981) solo dopo un referendum popolare. D’altro canto si fa promotore dell’ampliamento di una forma di “ergastolo duro”, simile in qualche maniera al nostro ergastolo ostativo e che da noi è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, oltre che ad andare in direzione nettamente contraria alle dichiarazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Oltre a questo si registrano alcune attenuazioni di temi cari al Front National, come l’uscita dall’Unione Europea, dall’Euro, dal trattato di Schengen, dalla Nato (la Francia è uscita dalla Alleanza atlantica nel 1966, ma nel 2009 è rientrata nel Comando Militare Integrato della stessa organizzazione) che diventano richieste condizionate e non più assolute.
In compenso, oltre a proposte di irrigidimento più o meno incisive, come l’introduzione dell’obbligatorietà delle divise scolastiche o la progressiva ostilità allo sviluppo di energie rinnovabili, quello che caratterizza il Rassemblement National è la continuità sostanziale con il vecchio Front National. In particolare le proposte più dibattute — la soppressione delle cure mediche statali per gli immigrati irregolari, eliminazione dello ius soli, introduzione della presunzione di legittima difesa per le forze dell’ordine, estensione del sistema carcerario, opposizione al matrimonio egualitario — rimangono inalterate.
Ma ancor più dei punti programmatici ufficiali ciò che caratterizza questa continuità sono le parole e i sentimenti politici di cui Marine Le Pen si fa volto pubblico. “La sicurezza è la prima delle libertà” è uno slogan ripetuto anche alle ultime presidenziali e che delinea un’idea di società ben precisa, che da una parte mette esplicitamente in secondo piano le libertà individuali e collettive, dall’altra ingaggia le problematiche sociali solo dal punto di vista securitario. E vale la pena ricordare che tutto questo non si gioca esclusivamente nel campo delle idee, ma tocca inevitabilmente interessi molto più prosaici: non è certo un caso che i soldi per la campagna presidenziale del 2017 Marine Le Pen li abbia trovati grazie a un prestito di 9 milioni di euro provenienti da una banca russa con legami con Vladimir Putin. In fondo il padre Jean-Marie Le Pen nel 2014 aveva ricevuto 2 milioni di euro dalle stesse fonti.
E dal piano delle idee dell’estrema destra, dopo essere passati dai soldi russi, si torna inevitabilmente alla politica. Con lobbisti pro-russia che inviano “consigli” a Marine Le Pen, incluso un “esempio di comunicato” da considerare per il conflitto russo-ucraino (siamo nel 2017, quindi ci riferiamo al conflitto nel Donbass) e l’esempio viene dall’Italia, a firma dell’ex ministro Franco Frattini.
Stupisce che nel 2017 Marine Le Pen dica che “le politiche che rappresento sono le stesse politiche rappresentate da Trump e da Putin“? O che venga rappresentata in un trittico assieme ai due presidenti?
I legami ideali del Rassemblement National col regime di Vichy sono sbiaditi dal tempo ma di certo riaffiorano di tanto in tanto con vitalità: la deresponsabilizzazione del collaborazionismo con i nazisti è un leit motif classico, Marine Le Pen stima che il Rastrellamento del Velodromo d’Inverno del 1942 a Parigi (il più grande arresto in massa di ebrei in Francia, 13.000 persone, meno di un centinaio i sopravvissuti) non sia responsabilità francese, nonostante sia storicamente comprovata la collaborazione delle autorità locali sia nell’organizzazione che nell’esecuzione. Al contempo addossa la responsabilità della totalità degli atti antisemiti alla comunità musulmana, dimenticando che parte consistente di queste manifestazioni di razzismo provengono invece dall’estrema destra.
Non manca il nostalgismo in purezza, con candidati RN che stimano che “il fascismo è una festa!“. Non manca il complottismo della “grande sostituzione”, che ispira i terroristi delle recenti stragi in Nuova Zelanda, in Germania e Norvegia ed evocata anche dal nostro Salvini. Per non dire della porosità dimostrata verso gruppi neofascisti, incluso il candidare uno dei fondatori di Generation Identitaire, gruppo sciolto perché assimilabile a una milizia privata e per reati di odio, che non si limita ad operazioni di carattere elettorale ma arriva a omaggiare alcuni dei più radicali degli estremisti di destra come quando Dominique Venner si suicidò all’interno di Notre-Dame ossessionato matrimonio egualitario.
Quelle qui sollevate sono questioni che coinvolgono non solo il Rassemblement National, ma tutta la parte più estrema della destra occidentale. Naturalmente con le dovute differenze a causa delle diverse storie politiche e delle diverse realtà nazionali, ci sono però forti analogie con vari partiti in tutta Europa incluso, come raccontato in “Cattive compagnie — Neofascisti, istituzioni, politica. I casi eclatanti degli ultimi anni” pubblicato dall’ANPI nella linea libraria I Libri di Bulow, Fratelli d’Italia.
L’avanzata del Rassemblement National, l’ammodernamento della propria estetica ma il permanere di un progetto coerente con quella delle proprie radici, è quindi da valutarsi nell’insieme dell’avanzamento delle narrazioni politiche e sociali dell’estrema destra, in opposizione alle stesse idee conservatrici liberali. Costretti a smorzare certe relazioni quando emergono gli aspetti più eversivi o violenti – si veda l’assalto al parlamento americano del gennaio 2021 o l’attacco all’Ucraina del febbraio 2022 – pur mantenendo legami indissolubili e una visione del mondo comune, queste formazioni sono oramai una rete internazionale che, al netto delle contraddizioni interne, anche forti, pongono una sfida inedita alla democrazia per come la conosciamo dal secondo dopoguerra in poi.
Pubblicato mercoledì 29 Giugno 2022
Stampato il 23/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/primo-piano/l89-di-marine-le-pen/