Non basterà un presidio in piazza, anche se è indispensabile rompere il silenzio. La città di Reggio Emilia reagisce con una assunzione generale di responsabilità, nella consapevolezza che ciò che è stato fatto finora non è bastato.
Cosa c’è nell’aria del nostro mondo che guasta la mente degli uomini, e li porta a uccidere le donne con le quali hanno una relazione, dopo averle minacciate, inseguite, picchiate, perseguitate?
C’entrano certamente l’educazione, la cultura, l’inadeguatezza delle norme. Ma c’entrano anche l’indifferenza, la superficialità, l’immaturità di un’intera società che trasforma le persone in oggetti, le relazioni in possesso, e innalza l’ego a criterio esclusivo fino all’annientamento dell’altro. Che non conosce il valore della vita. C’entra la paura, e l’uso della violenza come affermazione di potere. Della violenza psicologica e della violenza fisica.
Quanto conta l’amore nel nostro mondo? Quanto contano il rispetto, il prendersi cura, nelle relazioni con gli altri? Nella relazione tra un uomo e una donna?
Quale spazio hanno i valori umani universali nella nostra società, la non violenza, la compassione? Perché ha così tanto spazio la disumanità, che pratica le discriminazioni, le violenze di ogni tipo, le guerre? Nella nostra cultura europea, culla dell’umanesimo, del diritto, della democrazia? Le singole vite vivono nel vuoto o nel pieno di ciò che è umano. Non basta chiedere la protezione delle donne, anche se la società e lo Stato le devono tutelare. Solo la forza di un nuovo umanesimo le può proteggere davvero, perché le riconosce persone libere, protagoniste, persone che appartengono a se stesse. Forse è proprio la libertà delle donne, la rivoluzione femminile di questo secolo che fa paura agli uomini. Eppure essa si deve compiere, cambiando le strutture del potere.
Alla fine, questo è alla base del femminicidio: la messa in discussione del potere maschile, padrone delle donne. Abbiamo bisogno di cambiare radicalmente le strutture di potere che abitano il mondo, i popoli, la nostra mente, la nostra vita. Le donne, la vita, i bambini sono la frontiera dell’umanità che oggi dobbiamo difendere.
Come ieri. Il 25 novembre di 78 anni fa, all’alba, arrivarono nell’aia di Casa Cervi un centinaio di fascisti: “Cervi, arrendetevi!”, e incendiarono il fienile. Gli uomini di Casa Cervi uscirono con le mani alzate per proteggere le donne e i bambini. Innanzitutto si presero cura di loro. Come si prendevano cura dell’umanità oppressa dal nazifascismo. Le donne e i bambini di Casa Cervi rimasero segnati per sempre dalla violenza di quel 25 novembre.
La violenza, il potere, la disumanità, possono travolgerci. In ogni angolo della terra, e sulle strade di casa nostra.
È lì che dobbiamo resistere, difendendo la nostra umanità e, con essa, la vita delle donne.
Albertina Soliani, presidente Istituto Alcide Cervi, vicepresidente nazionale Anpi
Pubblicato mercoledì 1 Dicembre 2021
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