Non dimentica l’Anpi, in un tributo alla memoria democratica, dopo averlo già fatto lo scorso anno, è tornata anche in questo 2022 ad Affile, il piccolo Comune della provincia capitolina dove dieci anni fa è stato eretto, con soldi pubblici, un monumento al criminale fascista Rodolfo Graziani. Ministro della guerra a Salò, autore dei bandi di morte (con fucilazione alla schiena) per partigiani, renitenti e militari sbandati, il gerarca generale aveva già una fama funesta.
Soprannominato il “macellaio di Libia e di Etiopia” per la brutalità con cui aveva condotto le campagne coloniali di Mussolini, usando anche gas come l’iprite e il fosgene contro la popolazione, nel 1937 ordinò il più grande massacro di massa compiuto da italiani in Africa orientale. Oltre 2.000 monaci, diaconi e pellegrini ortodossi trucidati nel monastero di Debra Libanòs, in Etiopia, in una strage che si compì dal 21 al 28 maggio di ottantacinque anni fa. Non pagò mai i crimini commessi Graziani, condannato a 19 anni di carcere nel secondo dopoguerra, scontò appena quattro mesi di prigione e nel 1952, venne nominato presidente onorario del Movimento Sociale di Almirante.
Una vergogna dunque quel monumento, i cui autori sono finiti in tribunale e condannati ma se la sono cavata complice la prescrizione. Un “un ulteriore offesa di quelle povere vittime innocenti”, ha detto il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo. Che ha voluto ribadire: “Noi qui e ora riapriamo il caso, pronti a ricorrere a tutti i mezzi concessi dall’ordinamento giuridico, sempre con lo stesso obiettivo: nessun monumento, nessun riconoscimento al boia!”. In decine ad Affile hanno partecipato all’iniziativa del 21 maggio, promossa dall’Anpi nazionale con Anpi provinciale Roma, la Comunità Etiope, il Circolo Gianni Bosio.
Dopo un minuto di silenzio per rendere omaggio ai martiri di Debra Libanòs, il primo a prendere la parola è stato Fabrizio De Sanctis, presidente del provinciale romano dell’Anpi, che ha ricordato la sfilza di crimini di cui si è macchiato Graziani, tra cui anche l’ordine di deportazione di 2.000 carabinieri nell’ottobre 1943, quando la capitale era sotto occupazione nazifascista.
La Comunità Etiope in Italia, con la rappresentante Muluwork Ayele, ha voluto ribadire il sentimento di fraternità che lega oggi Anpi ai patrioti etiopi che, in occasione dell’iniziativa, da Addis Abeba con il presidente Daniel Jote Mesfin hanno inviato un messaggio per rinnovare un impegno di democrazia suggellato dalle comuni battaglie antifasciste di ieri e di oggi.
Poi davanti al monumento della vergogna è stata la volta del presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo. Un discorso intenso più volte applaudito dalle decine di partecipanti al presidio, generazioni diverse, moltissimi i giovani, insieme.
“Il fatto stesso – ha detto Gianfranco Pagliarulo – che oggi permanga qui ad Affile questa trista testimonianza è la conferma del tempo che viviamo in cui troppo spesso si confondono gli assassini e gli assassinati, i fucilatori con i fucilati, i colpevoli con le vittime. Ce ne accorgiamo da un revisionismo diffuso, dai ritardi sempre più colpevoli nello scioglimento delle organizzazioni neofasciste in Italia, dall’incredibile permanere, dopo quasi vent’anni, dell’organizzazione neofascista CasaPound in un intero stabile occupato al centro di Roma, dal capovolgimento delle responsabilità su chi ha causato la Seconda guerra mondiale, dal negare o dal minimizzare l’evidenza dei neonazisti e dei neofascisti”.
Dal passato ai nostri giorni sofferti perché, ha continuato il presidente nazionale Anpi “viviamo in tempo terribile, dove la guerra, per la seconda volta dal 1945, è tornata in Europa. Proprio in questi drammatici mesi dovremmo avere memoria. Memoria di questa offesa all’Etiopia e di tutte le guerre di aggressione che videro il fascismo protagonista: dalla Libia a quella che pomposamente veniva chiamata Africa Orientale Italiana, alla Spagna, all’Albania, alla Grecia, alla Francia, alla Jugoslavia, all’Unione Sovietica. E da quella orrenda memoria, di cui mai il nostro Paese ha chiesto dichiaratamente, formalmente, scusa, da quella memoria nacque l’articolo 11 della nostra Costituzione ove si dichiara che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Dalle “parole scolpite nelle tavole dei comandamenti civili del nostro Paese, le tavole della Costituzione – ha proseguito Pagliarulo – dovremo prendere nuovo impulso per un’azione di pace dell’Italia e dell’intera Unione Europea affinché si arrivi a una composizione pacifica del conflitto in corso in Ucraina dopo l’invasione russa, a una trattativa realistica e urgente che faccia terminare al più presto i massacri in corso, a una nuova prospettiva di coesistenza pacifica in Europa e nel mondo”.
Una proposta affermata dall’Anpi, ha rammentato il presidente nazionale dell’associazione, “finalmente entrata nel dibattito pubblico italiano e su cui sembra che il governo stia finalmente prestando attenzione”. E ancora: “Davanti alle vittime innocenti di Debra Libanòs e di tutta l’Etiopia, l’Anpi raccogliendo la storia e la memoria della Resistenza e la lunga esperienza della nostra Associazione, rilancia la parola d’ordine, urgentissima e necessaria, della Pace”.
Infine il presidente nazionale Anpi, Gianfranco Pagliarulo, ha concluso: “In questo drammatico momento, oggi più che mai, il monumento a Graziani è un’offesa al popolo etiope, alla Resistenza, al nostro stesso Paese, alla memoria di tutti gli scomparsi nel gigantesco sterminio delle guerre volute dai fascisti e dai nazisti. Per questo non c’è alcuna soluzione alternativa; altro che patria e onore, come leggo sul monumento. Né patria né onore per un criminale di guerra. Il monumento va abbattuto, perché – non dimentichiamolo mai – oggi, ora e sempre è Resistenza!”.
Pubblicato mercoledì 25 Maggio 2022
Stampato il 25/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/primo-piano/affile-ne-patria-ne-onore-al-criminale-graziani/