Il 1° ottobre 1944, in una mattina livida, Pio Farina, Egidio Totti, Cesare Gaiba e Giovanni Quarantini vengono fucilati al poligono di tiro di Bologna. Sono tutti partigiani della 28° brigata Garibaldi “Mario Gordini”, quella al comando del mitico comandante Bulow, Arrigo Boldrini. Li avevano catturati i tedeschi la sera del 10 settembre in località “Basse” a Villa Serraglio, tra Conselice e Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, nel corso di un rastrellamento.
Erano operai, braccianti, artigiani, ma le necessità della lotta antifascista in quei mesi terribili ed intensi li aveva trasformati anche in provetti tipografi.
E quel giorno, poco prima di essere presi dai nazisti, erano appunto intenti a preparare la stampa del materiale di propaganda antifascista in una tipografia clandestina, operativa già nei giorni immediatamente seguenti l’8 settembre.
Perché fin da subito, spiega Ivano Artioli, presidente provinciale dell’Anpi di Ravenna «si avvertì la necessità di fare non solo una guerra armata al fascismo, ma di costruire una cultura antifascista».
Stampavano con la “pedalina”, macchina a pedale che era stata recuperata in una tipografia di Imola, riparata e portata a Conselice ben nascosta nel camioncino di una commerciante di pesce.
Per farla andare ci voleva gente robusta, abituata alle fatiche del lavoro. Grazie a quella macchina di ghisa, pesantissima, vengono stampati l’Avanti, l’Unità, Il Popolo, La Lotta, Il Garibaldino, Noi Donne, La Voce Repubblicana, solo per citarne alcuni dei fogli antifascisti.
Poi le ragazze macinavano chilometri e chilometri in bicicletta con i giornali ben nascosti per portarli fino a Ferrara, Bologna, Forlì.
Per stampare anche un solo volantino ci volevano sei pedalate. Da fare spesso con l’acqua che arrivava alle caviglie, visto che la tipografia era sottoterra.
«È grazie all’interessamento del sindaco di allora e di un vecchio partigiano di Conselice –– continua Artioli – che nel 2006 quella “pedalina” per anni abbandonata in una cascina è tornata a raccontare a tutti che cosa ha rappresentato la lotta di Liberazione. E cosa significa la libertà di stampa».
Da 14 anni, infatti, quella strana macchina che sembra piovuta direttamente dalla fine dell’Ottocento si trova sulla piazza della Libertà di stampa di Conselice: è lì a ricordare l’importanza della libertà di stampa e il sacrificio e l’eroismo degli stampatori clandestini, delle staffette che distribuivano i giornali della Resistenza e di una intera comunità che sapeva qual era la parte giusta della storia.
Quello di Conselice è l’unico Monumento alla Libertà di stampa e alla stampa clandestina del nostro Paese e viene celebrato esattamente il 1° ottobre. E l’appuntamento – organizzato dal comune romagnolo assieme all’Anpi e all’Associazione della Stampa Emilia-Romagna – è diventato anno dopo anno un importante momento di riflessione sulla libertà e l’antifascismo che vede la partecipazione delle massime cariche della Repubblica e della Federazione nazionale della stampa.
Quest’anno nella cittadina ravennate si sono ritrovati il sindaco Paolo Pula, la vicepresidente della regione Emilia Romagna, Elly Schlein, Artioli a rappresentare l’Anpi, il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, Loris Mazzetti, giornalista e scrittore, nonché storico collaboratore di Enzo Biagi, e l’ex direttore di Repubblica e attuale editorialista del Corriere della Sera, Carlo Verdelli (al quale la sindaca di Conselice ha consegnato la pergamena del premio Libertà di Stampa, mentre la giunta dell’Aser ha assegnato all’istituto comprensivo “F. Foresti” il premio Camillo Galba). Al teatro comunale, nel pomeriggio Mazzetti ha intervistato Verdelli sul tema “Tra libertà di pensiero e antifascismo”, dibattito appassionato e seguitissimo – tra il pubblico moltissimi i giovani – che ha ripercorso la vita di Enzo Biagi e la fermezza del suo antifascismo. «L’articolo 21 non è solo dei giornalisti, ma deve essere considerato un patrimonio di tutti» ha detto nel suo intervento Giulietti. E Verdelli, ha sottolineato che «celebrare la libertà di stampa significa difendere la capacità dei cittadini di comprendere la differenza tra una notizia vera e una falsa. Chi cerca con le minacce di impedire a un giornalista di fare il suo mestiere, gli impedisce di andare in fondo alle cose. Chi pensa che si possa fare una cosa del genere, va contro la Costituzione».
Nel suo intervento Artioli ha ricostruito la vicenda storica della Resistenza a Conselice e ha spiegato cosa significasse e quali e quanti rischi comportasse la lotta antifascista in pianura. «Qui non c’erano boschi ed anfratti a proteggerti, come in montagna. C’era però la condivisione e l’aiuto della popolazione alla lotta dei partigiani». Un legame fortissimo quello tra partigiani e conselicesi e più in generale ravennati. Un legame che si è proiettato negli anni e che, per dire, ha fatto sì che gli iscritti all’Anpi nella provincia di Ravenna siano arrivati negli anni passati a superare quota 4mila.
Pubblicato lunedì 12 Ottobre 2020
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