Leonardo Rinaldi, per tutti Leo, mi aspetta all’ingresso della sezione dell’Anpi di Centocelle, intitolata a Giordano Sangalli e fondata dai partigiani dell’ottava zona Gap, Pilade Forcella “Adriano”, e Modesto Di Veglia “Roberto”, attuale presidente della sezione. Il locale è un seminterrato all’interno della scuola primaria Fausto Cecconi di via dei Glicini. Ed è già una bella cosa vedere i bambini che escono gioiosi dalle classi sotto lo sguardo benevolo dei “partigiani”. Centocelle con i suoi oltre 60mila abitanti è una città nella città. Medaglia al merito civile per il contributo dato alla lotta di Liberazione – in una città, Roma, Medaglia d’Oro al Valor Militare, così si legge nel riconoscimento dato alla Città Eterna nel luglio 2018, per la «prova di unità, coraggio, determinazione» dimostrato dal suo popolo nel periodo tragico dell’occupazione nazifascista – il quartiere della periferia est è luogo di forti e radicate tradizioni popolari, laboratorio per alcune significative esperienze di socialità dal basso e di cultura. Oggi Centocelle è una delle molteplici realtà territoriali della Capitale capace di resistere alla morsa che la vorrebbe schiacciata da una parte dalla stretta securitaria e dall’altra dai rischi della speculazione che sta interessando in misura più o meno intensa le periferie romane.
Sono passati quasi tre mesi dalle prime mobilitazioni del quartiere – dei suoi abitanti, dei commercianti – contro la catena di incendi dolosi che l’hanno funestato e la guardia e la voglia di mobilitazione sono ancora incredibilmente alte. Ed è nelle periferie – di Roma e non solo – che si misura la forza e il prestigio dell’Associazione nazionale dei Partigiani. Mentre con il crollo delle organizzazioni di massa i partiti si ritiravano dalle periferie è proprio qui, in questi territori di frontiera, che l’Anpi ha aperto le sue sedi. A Centocelle, come a Laurentino o a Montespaccato, solo per citare alcuni dei popolosi quartieri della Capitale dove è stara affissa la targa dell’Anpi.
Fabrizio De Sanctis che dell’Anpi è presidente provinciale ci tiene a sottolineare che «tutto quello che noi facciamo lo facciamo in nome dei principi della libertà e della giustizia sociale che è scritta nella Costituzione. Quello che facciamo è provare ad unire le forze antifasciste sui grandi temi del presente. Noi siamo una associazione al servizio di tutti i partiti, i sindacati dei lavoratori, i movimenti, che vogliono realizzare quel disegno di giustizia sociale scritto in Costituzione». E i risultati si vedono. A Roma l’Anpi ha oggi quasi 5mila iscritti, «ed abbiamo già pronte nove sezioni da inaugurare in primavera».
L’Anpi, dunque, come presidio democratico. Basti pensare che il 12 gennaio la Libera Assemblea Centocelle, LAC, costituitasi all’indomani dei primi roghi, e di cui l’Associazione dei partigiani è parte attiva, si è riunita per la sesta volta proprio qui, nella sezione Giordano Sangalli. Come si spiega questa partecipazione? Perché, ci dice Rinaldi «quello che è in gioco è il destino del quartiere, la sua identità le sue pratiche di socialità».
Ci sono segnali che fanno pensare che Centocelle possa diventare una sorta di nuovo Pigneto. È quello che con termine mutuato dalla cultura anglossassone è chiamato “gentrificazione”, ovvero, quel fenomeno per cui in un quartiere popolare arrivano nuovi abitanti economicamente più ricchi e “cacciano”, di fatto, quelli che c’erano prima. È già accaduto in altre zone della Capitale, esemplari i casi di Testaccio, di San Lorenzo e del Pigneto. Quest’ultimo soprattutto in pochissimi anni è diventato il quartiere per eccellenza della movida romana. Gli affitti sono schizzati alle stelle, parte della popolazione autoctona è stata espulsa e c’è stata una impennata dello spaccio di droga da parte di una malavita esogena, accompagnata – cosa che fa riflettere – ad una militarizzazione del territorio. Insomma, c’è il rischio che all’ombra della riqualificazione urbanistica che ha interessato l’intero quadrante est della città (riqualificazione simboleggiata, ma non solo, dall’arrivo nel 2014 della metro C) si accompagni lo stravolgimento del tessuto urbano. Bisogna tener conto non solo della criminalità, ma anche di questa ondata speculativa che investe i quartieri popolari della città per cogliere quel che sta accadendo qui a Centocelle. I roghi che hanno colpito diversi locali, quello de La Pecora elettrica di via delle Palme, il caffè letterario antifascista del quartiere, e del Baraka Bistrot di via dei Ciclamini (ma anche la pinseria Cento55, il primo locale mandato a fuoco da mani ignote il 9 ottobre) sono episodi che paiono collegati, che hanno avuto la stessa dinamica dolosa, saracinesche forzate, e lo stesso intento criminale: piegare il quartiere, la sua storia, a quello che con termine azzeccatissimo sulle pagine del manifesto Giuliano Santoro ha definito il «nemico invisibile». Mentre parla, Rinaldi prende carta e penna e disegna la mappa degli incendi. E salta all’occhio come nelle intenzioni di chi ha dato il via alla stagione dei roghi a Centocelle vi sia forse la volontà di “accerchiare” il quartiere e il Forte Prenestino, il centro sociale occupato più grande d’Europa, vero e proprio laboratorio di resistenza, di autoproduzione culturale e di attivismo giovanile.
Le saracinesche abbassate al civico 158 di via delle Palme provocano un senso di malessere. “La Pecora elettrica resiste”, hanno scritto mani volenterose ed ottimiste sulla serranda. Danilo Ruggeri e Alessandra Artusi, i due proprietari della libreria, hanno comunicato la definitiva chiusura del locale: “È con grande dispiacere che vi dobbiamo rendere partecipi della nostra decisione di non riaprire La Pecora Elettrica. Non viviamo questa scelta come una sconfitta. Il lavoro svolto, di cui siamo molto orgogliosi, in due anni e mezzo di apertura, ha messo in moto nuove energie e nuove progettualità che non andranno disperse”. Via delle Palme è a ridosso del Forte. Davanti c’è il parco Don Cadmo Biavati: le mamme e gli abitanti del quartiere si battono da anni affinché questo spazio verde sia manotenuto, ma per fermare l’erba alta e ripulire dalla siringhe che lo infestano hanno deciso di non aspettare più: a curarsi di quel pezzo di verde ci pensano loro.
Via delle Palme è una zona di confine. Proseguendo dritti incrocia la Palmiro Togliatti che separa Centocelle dal Quarticciolo, quartiere dove la criminalità organizzata – i clan Molè, Pagnozzi, i Casamonica – l’hanno fatta per anni da padroni, tra prostituzione, spaccio e pizzo. Il IV rapporto Mafie nel Lazio, resoconto documentato delle principali indagini giudiziarie portate e termine nel 2018, dà i numeri della criminalità all’ombra del Cuppolone: 103 le “famiglie” censite, 118 gli indagati per associazione mafiosa. Presentando il rapporto Giampiero Cioffredi, presidente dell’Osservatorio per la legalità e la sicurezza, sottolineava come vi fosse nella Capitale la “graduale stabilizzazione delle cosche di ‘ndrangheta e la pervasiva presenza economica della camorra nella Capitale così come la trasformazione di alcune periferie metropolitane in laboratori di nuovi modelli criminali in cui avviene il contagio del metodo mafioso”.
L’inchiesta giudiziaria sui roghi di Centocelle è alle battute iniziali e prenderà tempo. Però delle ipotesi si possono fare. Fabrizio De Sanctis alla storia dei locali mandati a fuoco dagli spacciatori non crede più di tanto, quello di cui è però certo è che «storicamente in Italia è sempre venuto fuori dalle indagini il rapporto tra estrema destra e malavita e tra entrambe ed i poteri occulti. Una cosa che parte da lontano e che oggi trova il suo terreno di coltura nelle periferie delle nostre metropoli. Nell’attività delle nostre sezioni quello che abbiamo riscontrato è il tentativo della destra estrema di esercitare un controllo di tipo militare-mafioso sul territorio». Succede così che in occasione di qualche iniziativa dell’Anpi nelle periferie, pur raramente, «siano partite le minacce, le ingiunzioni a questo o quel caseggiato di non partecipare, di tenere chiuse le finestre. Sono situazioni pericolose ed inaccettabili che devono essere monitorate e contrastate con forza non solo dal punto di vista politico, ma anche dalle autorità istituzionali».
Esattamente dalla parte opposta del Forte si trovava il Baraka Bistrot, incendiato nella notte tra l’8 e il 9 novembre. Qui a differenza di via delle Palme i lampioni funzionano. Chi ha dato fuoco alla Pecora Elettrica dunque non lo ha fatto solo, come si è raccontato con una lettura semplicistica in questi mesi, perché le insegne dei locali danno fastidio agli spacciatori che preferiscono fare i loro sporchi traffici al buio del fossato di Forte Prenestino. Per qualche giorno tra le tante bufale e fake news che sono circolate c’è stata anche quella della pista tunisina, dei nordafricani pronti a contendersi le piazze dello spaccio. Chi ha dato fuoco in realtà voleva piegare un territorio che si dimostra ad oggi irriducibile sia alla gentrificazione sia alla spirale dell’abbandono. Il 9 davanti al Baraka si svolge una partecipata assemblea di quartiere. Via dei Ciclamini è piena di gente preoccupata e arrabbiata, ma soprattutto decisa a non arrendersi. Viene decisa una seconda Passeggiata delle legalità. «Siamo una comunità sotto attacco con interlocutori non credibili. Dobbiamo riprenderci il quartiere vivendolo e sviluppando luoghi di aggregazione e servizi. Militarizzare un quartiere non serve» dicono gli attivisti della Rete territoriale antifascista, che in questi mesi ha avuto una funzione di stimolo nel collegare tra loro realtà diverse.
Gli abitanti denunciano le mire della speculazione sul territorio. Attorno alla piccola area verde tra via Castore Durante e via dei Larici, vi sarebbe in atto un progetto per la realizzazione di un centro benessere. Gli interrogativi sono tanti, certo è che nel piano regolatore del comune di Roma risalente al 2018 l’area è catalogata come “verde e servizi privati”. Che nella Capitale ha rappresentato spesso una formula magica per privatizzare gli spazi pubblici.
Eppure Centocelle resiste. L’insegnamento che arriva da questo strano e affascinante quartiere a forma di quadrilatero, ci spiega Rinaldi, è che «nonostante le profonde modificazioni intervenute in questi anni nel suo tessuto sociale, Centocelle ha ancora i migliori caratteri della borgata popolare ed una lunga e radicata storia di antifascismo. Ed è, caso in qualche misura eccezionale nel panorama sfilacciato delle nostre metropoli, proprio di fronte all’aggressione subita che c’è stato uno scatto resistenziale del quartiere. Insomma, invece di chiuderci in casa, siamo scesi per le strade, abbiamo dato vita alle Passeggiate di autodifesa popolare; abbiamo riallacciato rapporti con tutte le realtà antifasciste del territorio. Sullo striscione che apriva il primo corteo c’era scritto “Combatti la Paura, Difendi il Quartiere”. Parole d’ordine che hanno fatto incontrare e dialogare esperienze diverse. L’Anpi di questo processo è stata orgogliosamente parte e protagonista».
È interessante notare come le parole di Rinaldi facciamo il paio con quelle di Azione antifascista Roma est, che in un documento del 25 novembre scorso scriveva: “Un conto è fare rete tra piccoli gruppi antifascisti, o connettere le realtà militanti presenti nello stesso quadrante della città; altro conto è riuscire a interagire con realtà territoriali, che agiscono su vari temi, anche molto diverse da noi e tra loro, come il comitato dei cittadini per la cura del parco, l’associazione dei commercianti o i genitori che si organizzano per occuparsi a vicenda ed in comune dei loro figli”.
La chiave di lettura che Centocelle offre è quella di una possibile saldatura tra fascisti e criminalità: «È possibile, d’altronde non è storia solo di oggi quella del legame tra l’estrema destra e la criminalità. La vicenda della banda della Magliana ce lo insegna. E basta studiare le curve degli stadi per vedere come le frange ultras dell’estrema destra e la criminalità intrattengano rapporti sempre più stretti». Che il movente politico non sia estraneo alla vicenda dei roghi lo dice non solo la storia della libreria, ma anche le date. Il primo rogo della Pecora elettrica, locale aperto da persone che hanno vissuto l’esperienza del Forte, avviene la notte del 25 aprile. Sono entrati e con precisione scientifica hanno appiccato l’incendio in tre punti diversi della libreria per far sì che le fiamme si mangiassero il locale in poco tempo. Il tutto senza nessuna rivendicazione. Subito dopo l’incendio c’è stata una mobilitazione spontanea del quartiere e in pochi mesi sono stati raccolti i 50 mila euro necessari per riaprire la Pecora Elettrica. Il 7 novembre era programmata la festa di apertura e invece… Invece nella notte tra il 5 e il 6 gli incendiari si sono rimessi al lavoro.
Quello che ha stupito tutti, perfino gli stessi protagonisti, è stata la rapidità di reazione del quartiere. Se la mattina del 6 davanti ai libri carbonizzati e alle rovine ancora fumanti de La Pecora Elettrica i cittadini appaiono quasi sgomenti e senza parole, in poche ore c’è una reazione ed una risposta corale. Quella sera stessa come un’onda spontanea un corteo autoconvocato di diverse migliaia di persone attraversa le strade di Centocelle. E sono ancora di più quelle che tornano nuovamente per le strade il 14 novembre per la seconda Passeggiata di autodifesa. Una terza Passeggiata si tiene il 12 dicembre data simbolo per l’Italia democratica e antifascista.
Una molteplicità di storie, di sigle, di singoli cittadini ha dato vita alla Libera Assemblea Centocelle. Che tra i suoi tanti meriti, dice Rinaldi, «ha saputo respingere l’idea della militarizzazione del quartiere. Militarizzazione peraltro poco utile a fermare le mani incendiarie se solo si pensa che il giorno dopo l’arrivo in forze della polizia, con posti di blocco ad ogni angolo di strada è andato a fuoco il Baraka. La formula securitaria non funziona, lo si è visto al Pigneto e a San Lorenzo. Quello che sconfigge la paura è il confronto. È ritrovarsi». La sicurezza del quartiere, ripete la LAC, la fanno i cittadini non le forze dell’ordine. Non vogliono posti di blocco ma servizi sociali, strade illuminate, presidi sanitari.
Isola felice. Così per tanto tempo è stato definito il quartiere del V municipio capitolino. Anche se che le cose stessero cambiando si coglieva da tempo. Per dire, i fascisti lo scorso anno si sono presentati a Centocelle – poche centinaia in verità – per commemorare, saluti romani e grido di “presente”, Alberto Giaquinto, il militante dell’Msi ucciso in uno scontro con la polizia il 10 gennaio del 1979. La questura ha autorizzato la manifestazione con un corteo che si è sviluppato da Piazza dei Mirti fino a Piazza delle Peonie. “Non era mai accaduto fino ad oggi che i fascisti avessero avuto un’autorizzazione a sfilare in corteo e certamente siamo di fronte ad un precedente molto rischioso e inquietante”, disse in quell’occasione il direttivo Anpi.
La Lega e Fratelli d’Italia alle europee ha sfondato in quello che è sempre stato un quartiere “rosso” puntando su immigrazione e degrado delle periferie, «cavalcando un disagio sociale drammatico» ci dice De Sanctis. «È dunque su quella sofferenza sociale che occorre intervenire. Come? Facendo vivere la Costituzione e le conquiste della Resistenza, parlando di diritti sociali e di diritto al lavoro». È solo così che si può battere la destra. Con una avvertenza: la Lega di Roma non è quella di Milano o di Bologna. Qui ha drenato consenso dalle organizzazioni dell’estrema destra, come CasaPound o Forza Nuova. Organizzazioni che, sottolinea De Sanctis, «devono essere sciolte, segnando finalmente una inversione di tendenza».
E ormai tardi sera inoltrata quando Leo Rinaldi chiude dietro di sé la porta della sezione. Gli chiedo, salutandolo, come andrà a finire questa storia? Riuscirà Centocelle a disarmare le mani che spargono benzina e droga? A resistere ancora alle logiche della criminalità organizzata? Rinaldi è ottimista. Parla di un risveglio delle coscienze che fa ben sperare per il futuro. L’Anpi dialoga con tutti, con le altre sigle dell’antifascismo militante, con il parroco ma anche con la comunità musulmana. Va nelle scuole a parlare di Resistenza, ma anche nelle assemblee per il diritto alla casa. «Questo quartiere ha resistito alla banda Kock e alle torture fasciste. Resisteremo anche a questo».
Giampiero Cazzato, giornalista professionista, ha lavorato a Liberazione e alla Rinascita della Sinistra, ha collaborato anche col Venerdì di Repubblica
Pubblicato martedì 28 Gennaio 2020
Stampato il 30/10/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/reportage/lo-strano-caso-degli-incendi-a-centocelle/