Sono le 18.30 del 7 febbraio 1945. Un camion si ferma davanti all’ingresso delle carceri di Udine in via Spalato; ne scende un capitano nazista che bussa con violenza alla porta. Grida che gli aprano: deve consegnare due banditi. Aldo Sganzerla apre lo spioncino e vede 2 prigionieri brutalmente sospinti con il calcio del mitra da un gruppo di repubblichini. Sganzerla apre e i prigionieri entrano, oltrepassano il primo cancello, poi il secondo. Ecco che estraggono i mitra e li puntano sui carcerieri, intimando loro di consegnare le chiavi. Due guardie che cercano di ribellarsi vengono abbattute da raffiche di mitra. «Maledizione! Vi avevo detto di non sparare!». “Romano il Mancino”, il leggendario comandante dei Gap di San Giorgio di Nogaro privo del braccio sinistro, incomincia a impartire ordini.
Cercano le chiavi, aprono le celle, fanno uscire i prigionieri, immobilizzano i secondini. «Siamo i Diavoli rossi venuti a liberarvi!».
Dopo la paura iniziale i prigionieri esultano. Escono Ilario Tonelli “Martello”, comandante gappista, e Detalmino Liva ”Nino”, entrambi di Cervignano; escono i gappisti Duilio “Fabbro” Premoli di Palazzolo dello Stella, Cosimo Pastore “Tigre”, pugliese, Ennio Cicuto “Fulmine” di San Giorgio al Tagliamento; esce Luigi D’Antoni “Bulo” di Colloredo di Prato; escono altri partigiani, garibaldini e osovani; escono un maggiore e due soldati inglesi. In tutto sono 73, molti dei quali condannati a morte.
Ecco l’allarme: sirene, razzi che illuminano il cielo, autoblindo, cani poliziotto… Dopo pochi metri il camion finisce in una buca di bomba: si continua a piedi. E qui l’epopea ci tramanda l’immagine di Romano che avanza al centro della strada con a fianco Aramis, entrambi con il fucile mitragliatore spianato. Mentre la colonna avanza, un colpo buca il colbacco di “Romano”, che commenta: «Però! Stanno imparando a sparare!».
Ormai hanno i nazifascisti alle costole. Liberatori e liberati si dividono in gruppetti, dandosi appuntamento a Spessa di Cividale. Arriveranno alla spicciolata, ma tutti sani e salvi.
L’azione riceve l’encomio solenne del Comando generale del CVL, il Corpo volontari della libertà, mentre Radio Mosca e Radio Londra la commentano con entusiasmo.
Il merito va ai comandanti gappisti Valerio Stella “Ferruccio”, Aldo Plaino “Valerio” e Alfio Tambosso “Ultra”, che l’hanno organizzata, e ai “Diavoli rossi” che l’hanno realizzata. A parte il trentunenne Gelindo Citossi “Romano il Mancino” di Zellina, comandante, gli altri hanno tutti vent’anni o meno. Sono Carlo Avanzo “Ribelle”, ferrarese; Enzo Jurich “Ape” di Feletto Umberto; Giovanni Zaninello “Nino” di San Giorgio di Nogaro; Ferruccio Manzione “Gigi” di Castions di Strada; Raffaele De Sario “Germano”, pugliese; Angelo Basso “Bill” e Pietro Zorzini “Pierino” di Cussignacco; Antonio Burba “Arno” di Driolassa; Galliano Feresin “Rudy” (16 anni!) di Cervignano; Luigi Scagnelli “Aramis” di Pavia; Pietro Tavars “Carletto” e Giovanni Piani “Franco” di Gonars e “Tigre”, del quale si sa soltanto che era della Bassa friulana.
C’è con loro la legione straniera, formata dai disertori russi Vitalij Litovko “Alexandro” e “Romano II”, dal caucasico “Piotto”, dall’azerbaigiano “Mosca” e dal rumeno “Fritz”.
Pierluigi Visintin
(da Patria Indipendente del 30 dicembre 2004)
Pubblicato martedì 21 Aprile 2020
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