Ada Prospero Gobetti (Torino, 1902–Torino, 1968), nome di battaglia “Ulisse”, ha combattuto assieme all’unico figlio diciottenne tra i partigiani di “Giustizia e Libertà” distinguendosi per doti di coraggio e di comando da essere insignita con la medaglia d’argento al valor militare. Di questa esperienza nella Resistenza ci lascerà un’importante testimonianza storico-letteraria: Diario partigiano del 1956. La sua vicenda esemplare merita una “narrazione” più approfondita.
L’approdo di Ada alla Resistenza affonda le sue origini in un antifascismo della prima ora, radicale e indefettibile, maturato tra le aule dell’università di Torino accanto ad un gruppo di giovani democratici capeggiati da Piero Gobetti (1901-1926), altissima figura di intellettuale liberale che ha lasciato un segno profondo nella cultura del Novecento. L’incontro con Piero è decisivo non solo sul piano sentimentale – i due profondamente innamorati si sposeranno nel ’23 – ma anche su quello ideologico. Ada è inevitabilmente influenzata dalla forte personalità del marito, ne condivide il pensiero e l’azione, lo affianca in tutte le battaglie politiche come quelle del ’22 fuori dai cancelli della Fiat a Mirafiori, ma a volte la sua intransigenza e il suo rigore le pesano: “ Io sono una creatura selvaggia, che ha bisogno di cantare e di correre, cogliendo fiori. Sono fatta d’impeto e non di riflessione, per ora!”. Ma lui la rimprovera, considera il cogliere fiori un “trastullarsi con la natura”, mentre altre urgenze incombono. Ada lo asseconda: “è la mia amorevole negazione”, dirà nel suo diario; ed è pronta a sacrificare le sue passioni, lo studio del pianoforte e del canto ad esempio, per collaborare alle riviste culturali fondate dal marito “(Energie Nove”, “Rivoluzione liberale”) e dedicarsi allo studio severo della filosofia (si laureerà nel ‘25), e delle lingue e letterature straniere (russa e inglese).
Nel 1925 il fascismo si accanisce contro il giovane intellettuale torinese per impedirgli la sua attività editoriale, Mussolini in persona ordina al prefetto di “rendere la vita difficile a Piero Gobetti, insulso oppositore del governo e del fascismo “. Puntuali giungeranno allora gli arresti, le minacce e gli assalti fino alla sera del 5 settembre 1924 quando sotto casa subisce un’aggressione violentissima da parte di una squadraccia fascista. A causa delle percosse subite trascorre molte settimane a letto. Il regime non gli dà tregua e Piero decide di prendere la via dell’esilio, destinazione Parigi, dove troverà una folta comunità di fuorusciti antifascisti italiani tra cui Salvemini, Filippo Turati , Emanuele Modigliani, Treves, Prezzolini, Francesco Fausto Nitti.
Ada e suo figlio Paolo, nato da poche settimane resteranno momentaneamente a Torino. Ma le condizioni di salute, compromesse dal pestaggio di settembre, non miglioreranno e lo condurranno alla morte il 15 febbraio del 1926. I democratici italiani, gli uomini di cultura sono profondamente scossi; eloquente è la testimonianza autorevole di Eugenio Montale (Piero fu il primo a pubblicare “Ossi di seppia”nel ’25): “Eguale a noi, migliore di noi, l’uomo che fu cercato invano da una generazione perduta, l’uomo che ci ostiniamo ancora a cercare nella parte più profonda di noi stessi”.
Il dramma colpisce soprattutto Ada al massimo grado, distrutta per la perdita del giovane marito e tuttavia costretta a non arrendersi per occuparsi del neonato : “Non è possibile. Non deve essere possibile. Non pensare, non pensare, non impazzire. Il bambino non deve soffrire, non deve piangere cercando inutilmente il suo latte. Tutta la vita ti resta per piangere e soffrire. Ma ora devi pensare a lui”.
Dal suo diario, qualche anno dopo Ada scrive: “Se volevo continuare a vivere bisognava che mi costruissi una vita mia, una vita autonoma, non più sostenuta e assorbita da un’altra più vigorosa. Bisognava insomma che imparassi a camminare con le mie gambe e a pensare con la mia testa.[…] In questo difficilissimo momento, potevano aiutarmi gli amici di Piero che in me continuavano a vedere inevitabilmente una parte e un riflesso di lui. Ma riuscirono meglio persone che non l’avevano conosciuto e che mi consideravano per quello che ero“. Si trova un lavoro come insegnante d’inglese; Benedetto Croce, che le sarà molto vicino, le affiderà numerose traduzioni; intanto intraprende la lotta politica con maggiore risolutezza e incisività. Nella sua abitazione riceve noti antifascisti di diversi orientamenti politici, il regime la sorveglia.
Poi arriva l’8 settembre del ’43 e Ada non ha alcuna esitazione ad arruolarsi tra le fila dei partigiani, assume significativamente il nome di un eroe maschile, Ulisse, per sottrarsi ad ogni stereotipo maschilista. Il figlio Paolo, intenzionato a fare lo stesso, è trattenuto dalla madre ma replicherà con fermezza e persuasione: “Non c’è nulla da decidere che gli eventi non abbiano già deciso”. L’istinto materno che voleva preservarlo da ogni rischio soccomberà davanti al dovere morale di combattere il nazi-fascismo:
“Il mattino seguente – era domenica – dopo una notte di sonno e la prospettiva di un’intera giornata di pace, ebbi finalmente agio di pensare. Capivo, pur confusamente, che s’iniziava per noi un periodo grave e difficile, in cui avremmo dovuto agire e lottare senza pietà e senza tregua, assumendo responsabilità, affrontando pericoli d’ogni sorta. Tutto questo personalmente non mi spaventava; il mio ideale di bambina, di adolescente – e in fondo in fondo, ahimè, anche di persona adulta – non era stato forse «la piccola vedetta lombarda»? Ma tremavo per mio figlio che vedevo lanciato così decisamente verso l’azione” (dal “Diario partigiano”).
Questo coraggio, questa tempra di combattente è tutt’uno con lo spirito della madre sollecita e trepidante per il figlio; “ Non c’è divario – dirà Italo Calvino in una nota alla prima edizione – tra la donna che si traveste per andare ad affiggere i manifestini sfidando le pattuglie fasciste […] e la donna in continua pena per il figlio che non torna dalle azioni “.
Ada è attivissima in Val di Susa, una valle strategica per le comunicazioni con la Francia, ha incarichi organizzativi, si muove tra Torino e la valle portando armi, ordini, stampa, soldi, direttive militari. In Francia prende contatto con le donne della Resistenza, con la sezione locale dell’Union Femmes Françaises. Viene nominata Ispettore del Comando militare della formazione “ Giustizia e Libertà”. E’ merito suo se tra il 20 e il 21 agosto ’44 il leggendario comandante partigiano Aldo Laghi (nome di battaglia di Giulio Bolaffi), inizialmente ostile ad ogni forma di lotta politicizzata, firma l’atto che sancisce l’adesione del suo gruppo “Stellina” alle formazioni GL e la costituzione della IV divisione. Inoltre Ada Gobetti in veste di rappresentante del Partito d’Azione collabora con le partigiane di altre formazioni politiche, soprattutto con quelle garibaldine e socialiste, per la costituzione dei ”Gruppi Difesa della Donna”. Dirà di lei Vittorio Foa: “Ada nella Resistenza non vedeva soltanto i partigiani, vedeva anche le donne. Pensava che anche per loro sarebbe venuto qualche cosa di forte e di nuovo”.
Dopo la Liberazione Ada continuerà il suo impegno politico per l’emancipazione femminile. divenendo simbolo di una generazione di donne che dovettero lottare per i propri diritti in una società fortemente maschilista.
La grandezza di Ada risiede nel fatto che non si è fatta schiacciare dal passato, non si è piegata al terrore fascista pur pagando un prezzo altissimo. Animata da un desiderio di libertà e di giustizia, spinta da un’alta coscienza civile, Ada Gobetti ha abbracciato la causa della lotta partigiana con coerenza e determinazione. Una bella maniera di onorare la memoria di Piero Gobetti, il giovane martire del primo antifascismo italiano.
Bibliografia:
G. Bolaffi, Partigiani in Val di Susa, i nove diari di Aldo Laghi, a cura di Chiara Colombini, Franco Angeli, Milano 2014;
F. Taricone, Piero e Ada Gobetti: un lascito politico, in Piero e Ada Gobetti: due protagonisti della storia e della cultura del Novecentoi, a cura di Angelo Fabrizi, Domograf, Roma 2006
M. Nava, Gobetti. Una storia d’amore e di sacrificio, Bompiani, Milano 2014
M. Addis Saba, Partigiane. Tutte le donne della Resistenza, Mursia, Milano 1998.
Salvatore Pugliese, assegnatario di un dottorato di ricerca presso il dipartimento di Italianistica a Paris X – Université Nanterre, sugli esiliati antifascisti in Francia secondo un approccio storico e letterario, docente di Italiano e Storia dal 2006 al 2015 con mandato del Ministero degli Esteri presso il Lycèe International di Saint Germain en Laye
Pubblicato venerdì 17 Giugno 2016
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