La proposta di questo itinerario è un po’ diversa da quelli che l’immaginario collettivo vede come “percorsi della Resistenza”, sia sulla scorta delle testimonianze dei protagonisti che, spesso, della letteratura, sia memoriale che romanzata.

Si tratta, infatti, di un itinerario cittadino, in un quartiere di Padova sicuramente periferico rispetto al centro e alla sensibilità dei padovani doc, che distinguevano fino a poco tempo fa chi viveva all’interno delle mura veneziane del ’500 e chi invece ne abitava fuori. Questo quartiere è diventato un’area decisamente urbana, di grande percorrenza automobilistica e di grande sviluppo edilizio nel boom economico che la città e tutto il nord-est hanno conosciuto nel secondo dopoguerra.

Il quartiere di Chiesanuova e Brusegana, delimitato a ovest dal canale Brentella, costruito nel 1314, come collegamento tra il fiume Brenta e il Bacchiglione, per risolvere i problemi di regolazione delle acque della città, e a est dalla linea ferroviaria Padova-Bologna, è stato teatro, durante il secondo conflitto mondiale, di molte azioni e avvenimenti importanti, in particolare per fatti riguardanti la Resistenza e la lotta partigiana.

Numerosi sono i luoghi che ricordano episodi significativi accaduti durante la lotta per la liberazione dal nazifascismo.

Il cippo di via 7 Martiri
Il cippo di via 7 Martiri

La strada che costeggia il canale Brentella da via Chiesanuova a via dei Colli (a sud ovest della città si scorge il complesso dei Colli Euganei, di origine vulcanica, come testimonia la presenza di numerosi centri termali alle loro pendici) una volta era chiamata via Due Ponti. In seguito agli avvenimenti lì accaduti – l’impiccagione per mano dei nazifascisti di cinque partigiani avvenuta il 9 dicembre 1944, come rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco, nonostante non vi fosse chiarezza sulle circostanze della morte, e la fucilazione di altre due persone, avvenuta nell’aprile del 1945 – la strada prese il nome di via Sette Martiri. Nel luogo dell’eccidio c’è ora un cippo a ricordo della strage.

La targa in via 7 Martiri
La targa in via 7 Martiri

Alla fine della stessa strada, andando verso il Comune limitrofo di Rubano, sulla direttrice per Vicenza, sul ponte di Brentelle di Sopra, al numero 253, sul muro esterno di un negozio di arredamenti e antichità, si trova una lapide posta alcuni decenni fa dall’allora Partito Comunista Italiano a ricordo di altri due partigiani uccisi dai tedeschi provenienti dalla zona dei colli Euganei mentre erano in ritirata.

Il monumento della Caserma "Pierobon"
Il monumento della Caserma “Pierobon”

Tornando verso Padova lungo via Chiesanuova si trova a destra l’ex caserma Mario Romagnoli (attualmente in disuso) costruita agli inizi degli anni 40. La caserma allora era denominata caserma “Padova Sud”, in contrapposizione alla caserma “Padova Nord”, oggi caserma “Luigi Pierobon”, che si incontra un po’ più avanti, sul lato sinistro. Nel 1941 la caserma “Padova Sud” divenne un campo di concentramento per prigionieri jugoslavi, in seguito alla spartizione tra Germania, Italia e Ungheria della Slovenia che faceva parte della Jugoslavia; dal 3 maggio 1941 la provincia di Lubiana venne annessa al Regno d’Italia.

Iniziarono, da parte del regime fascista, azioni repressive nei confronti degli sloveni, dei croati e non solo, e migliaia di uomini di ogni età vennero fatti prigionieri, prima internati nel campo di prigionia di Gonars (Friuli), poi smistati in altre località della penisola, dato l’affollamento di Gonars: si superavano di molto le possibilità ricettive del campo. Possiamo ricordare tra gli altri Monigo (Treviso), Visco (Udine), Renicci di Anghiari (Arezzo) e appunto Chiesanuova (Padova).

Nel campo di prigionia allestito nella caserma “Padova Sud” furono internati molti prigionieri jugoslavi, ebrei e prigionieri politici. Ed è proprio in questo contesto che svolse la sua opera caritativa il frate minore conventuale della Basilica del Santo, Padre Placido Cortese.

Padre Cortese, originario di Cherso, in Istria, dopo l’8 settembre, inizia un’intensa attività di salvataggio di ebrei dallo sterminio, fa fuggire i soldati che lasciano l’esercito per non essere catturati dai nazisti, soccorre i civili prigionieri di guerra e i militari alleati evasi dai campi di prigionia, protegge i rifugiati sloveni e croati che i tedeschi consideravano partigiani comunisti.

Per assistere però tutte queste persone servono soldi e mezzi, ma Padre Placido sa come fare per procurare documenti falsi e timbri della questura e sa trovare collaboratori all’esterno della basilica che lo aiutino in quest’opera rischiosa e disperata.

Il tutto nella massima segretezza, perché sa di correre enormi rischi così come i suoi collaboratori, spesso giovanissimi (ricordiamo le tre sorelle Martini, due delle quali, catturate, furono deportate a Mauthausen).

Le autorità religiose e alcuni confratelli che sono a conoscenza della sua attività gli consigliano di andarsene lontano da Padova. Ma la coscienza lo spinge ad affrontare il rischio, non può tirarsi indietro.

L’8 ottobre 1944, attirato con l’inganno fuori dalla Basilica del Santo, viene catturato e letteralmente sparisce. Solo molto dopo si viene a sapere che, portato a Trieste, orribilmente torturato muore un mese dopo l’arresto, senza aver mai parlato.

cippo di padre cortese2Un cippo a memoria di Padre Placido Cortese (di cui è in corso il processo di canonizzazione) venne posto nel 2009 nel piazzale antistante l’entrata della caserma “Romagnoli”; di recente è stato spostato all’ombra del campanile della Chiesa di Chiesanuova, vicino al monumento che ricorda i caduti della parrocchia, della prima e della seconda guerra mondiale.

La scritta posta sul cippo ricorda con queste parole Padre Placido Cortese:

“Alla memoria del Francescano Conventuale Padre Placido Cortese (1907-1944) per l’opera di carità profusa a internati civili Jugoslavi negli anni 1942 e 1943 presso il campo di internamento di Chiesanuova.

Padova 7 marzo 2009”

A pochi passi dalla caserma “Romagnoli” (intitolazione avvenuta dopo la guerra a ricordo di un martire di Cefalonia, ufficiale di artiglieria della divisione Acqui fucilato dai tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943), sorge, come si è detto più sopra, la caserma intitolata al partigiano Luigi Pierobon, ventiduenne cittadellese, studente dell’università di Padova, che proprio in questo luogo subì il martirio il 17 agosto 1944. Comandante della Brigata garibaldina “Stella”, che operava nelle Prealpi vicentine, sceso a Padova alla ricerca del suo commissario politico, già fatto prigioniero pochi giorni prima, venne a sua volta catturato. Subì la fucilazione assieme ad altri sei per rappresaglia in seguito all’uccisione del colonnello Fronteddu, ufficiale della RSI, in realtà colpito da sicari per ordine di un militare tedesco cui contendeva una donna, come già ben sapeva il prefetto di Padova, tanto che un mese dopo furono giustiziati i veri autori dell’assassinio. Per l’identico motivo, nel rapporto 10 a 1, vennero impiccati lo stesso giorno in una via centrale di Padova altri tre partigiani, tra cui il commissario politico che Pierobon era sceso a cercare.

Lungo il muro perimetrale del lato nord della caserma, nel luogo dove Pierobon e gli altri furono fucilati, sorge ora un monumento a memoria del loro sacrificio.

Essendo all’interno degli spazi della caserma, esso è visitabile solo durante le celebrazioni ufficiali e in particolare il 17 agosto, data in cui ogni anno si ricorda con una cerimonia il sacrificio dei dieci partigiani uccisi.

L'ingresso del "Padua War Cemetery"
L’ingresso del “Padua War Cemetery”

Proseguendo l’itinerario della memoria nel quartiere non dovrebbe mancare una visita al “Padua War Cemetery” situato in via della Biscia (cosiddetta per l’andamento sinuoso).

All’interno, nel piccolo ingresso prima del cimitero, una lapidericordo recita così: “Il suolo di questo cimitero è stato donato dal popolo italiano per l’eterno riposo dei marinai soldati e aviatori alla cui memoria è qui reso onore”; e un’altra lapide rammenta che sono qui sepolti 517 caduti, di cui 32 ignoti, dai seguenti Paesi del Commonwealth: Gran Bretagna (391), Canada (15), Australia (7), Nuova Zelanda (26), Sud Africa (72), Africa (2) e altri Paesi alleati (4).

L'interno del cimitero
L’interno del cimitero

Sulle lapidi è indicato, oltre al nome e l’età dei caduti, anche lo stemma del battaglione di appartenenza.

L’aspetto del cimitero è quello tipico dei cimiteri di guerra inglesi: lapidi tutte uguali poste a distanze regolari su un grande prato verde. Sulle lapidi, oltre ai dati identificativi, spesso una dedica dei familiari. La città è vicina, con i suoi rumori e attività continue, ma qui regnano la pace e il silenzio. Qui riposano questi giovani uomini dai 18 ai 40 anni, che sono morti lontani dalla terra natale.

L’ultima tappa del nostro itinerario della memoria ci porta nel piazzale della Chiesa di Brusegana.

COPERTINA_LIBROAnche qui ci sono due monumenti ai caduti: uno a ricordo della prima guerra mondiale e, posto proprio di fronte, l’altro, a memoria dei caduti militari, civili e dispersi della seconda guerra mondiale.

Ricordiamo che Padova subì dodici bombardamenti aerei, che provocarono un gran numero di vittime civili, soprattutto nelle zone vicine alla stazione ferroviaria. Uno di questi, quello dell’11 marzo 1944, è noto per la distruzione che subì la cappella degli Ovetari, affrescata da Mantegna nella chiesa degli Eremitani, che subì ingentissimi danni.

Il percorso padovano potrebbe prolungarsi, ma quello che qui si propone è l’oggetto di una pubblicazione curata dal Comitato cittadini “Itinerario della memoria Padova Ovest” (Pagina facebook: https://www.facebook.com/PER-NON-Dimenticare-Padova-Itinerario-della-memoria-540486519446742/?fref=ts) in collaborazione con l’ANPI, presentata nel cinema Esperia della parrocchia di Chiesanuova il 18 aprile scorso.

Il volume, dal titolo “Per non dimenticare” può essere richiesto all’indirizzo mail itinerariomemoria@gmail.com. Può fornire un’ulteriore motivazione per chi non conosce Padova per visitare, oltre ai cicli di affreschi del ’300, la basilica del Santo, le vestigia romane, anche una città che, come molte altre del Veneto, ha pagato il suo tributo alla causa della libertà e della democrazia.

Floriana Rizzetto