Sabato 14 maggio si è svolta la seconda delle otto Camminate Partigiane 2022. Organizzata dall’Anpi Varallo Alta Valsesia, in collaborazione con l’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia, che ha portato circa trenta antifasciste e antifascisti sui sentieri partigiani del territorio.
Insieme siamo partiti dalla bella frazione che sovrasta il paese di Scopello, Frasso, bellissimo villaggio intorno ai 1.000 metri di quota, per raggiungere la Bocchetta di Scotto, punto panoramico che unisce la Val Grande del fiume Sesia con la laterale Val Sermenza.
Accolti dallo storico, Luca Perrone, siamo stati catapultati negli anni e negli spazi della Resistenza Valsesiana grazie a storie di vita quotidiana e di guerriglia.
Il tempo della guerra è un tempo “altro” dal tempo della pace. Molto più flessibile, si allunga e si restringe a seconda delle contingenze, con momenti di relativa normalità alternati a minuti di terrificante e violento furore.
Anche la percezione dello spazio e il suo uso mutano in guerra.
La Repubblica di Salò, tra il settembre ’43 e il settembre ’44, ha il possesso quasi totale delle grandi città, di alcune province e di vaste aree della pianura. Controlla, invece, con difficoltà le zone collinari e montane, sempre contese con le forze partigiane.
Ma la situazione muta dopo l’estate ’44. In Valsesia e in altre zone dell’arco alpino, tra l’autunno e l’inverno 1944-’45: il fondovalle viene occupato quasi costantemente dalle forze nazifasciste. In Valsesia nei centri più popolosi, come Varallo e Borgosesia, vengono creati presidi con fascisti e tedeschi, mentre le vie di comunicazione sono maggiormente presidiate.
Se il fondovalle è occupato dai fascisti, la fascia degli alpeggi medio alti si popola di altre presenze: renitenti alla leva, ex militari del Regio esercito, membri del Cln, collaboratori della Resistenza e, naturalmente, partigiani.
È un mondo clandestino che s’ingegna alla sopravvivenza. Questa variegata umanità abita gli scantinati delle baite, i ruderi, le grotte e le balme da dove i giovani renitenti alla leva rientrano a casa quasi tutte le notti.
I partigiani dell’alpe Sellaccio vengono avvertiti con due lenzuola stese sul prato della presenza di fascisti dagli abitanti della sottostante frazione.
I fuggiaschi dell’alpe Lavazei vanno a prendere l’acqua al fontanile travestendosi da donne perché dal fondovalle, fascisti e tedeschi sono sempre in caccia. Minacciano, catturano ostaggi, bruciano baite e case, uccidono.
Gli abitanti degli alpeggi si muovono nello spazio verticalmente, salendo e scendendo dai rifugi per rifornirsi di alimenti, medicine, vestiario, aiutati da gruppi di donne che sono la vera anima logistica della Resistenza in valle.
Ma si muovono anche orizzontalmente sui crinali delle montagne, di vallata in vallata, tenendosi lontani dai paesi, a filo di cresta, sfruttando la copertura dei boschi, sempre tenendosi il più possibile al coperto. Dal fondovalle gli occhi che scrutano non sono solo quelli dei nazifascisti, ma anche quelli delle spie, il pericolo maggiore.
Si è ormai di fronte a un’altra percezione e a un diverso uso dello spazio. Nel 1886 l’arrivo della ferrovia a Varallo aveva cominciato a cambiare la mappa mentale dei valsesiani. Viaggi, migrazioni stagionali, trasferimenti iniziavano a compiersi su rotaia, in una direttiva nord-sud.
Prima della comparsa del treno le prospettive spaziali dei valligiani erano diverse.
Per andare a lavorare in Svizzera, Francia, Germania si attraversava tutta una serie di passi, sulle antiche vie del bestiame e del sale in direzione nord ovest. Una visione spaziale a 360 gradi, un campo lungo che non percepiva l’arco alpino come una barriera, piuttosto come una via di passaggio. Con l’occupazione nazifascista questa visione rientra in gioco. Sui sentieri in costa transitano le staffette dirette al comando di Cino Moscatelli.
Non però sempre la rete di collegamenti funziona. Nel novembre ’44 all’alpe Fej i nazifascisti, con un attacco a sorpresa, uccidono quattro partigiani e altri cinque resistenti vengono fucilati poco dopo. La spia che aveva indicato la base ai fascisti viene in seguito giustiziata, ma Moscatelli, per precauzione, decide di trasferire in area collinare tutti i partigiani.
Le alte vie dei partigiani resteranno comunque aperte e attive fino all’aprile ’45, portando in pianura, a detta di molti testimoni, quel fiume di combattenti per la libertà che riempirà le strade e le piazze della Valsesia nei giorni della Liberazione.
Il prossimo appuntamento con le Camminate partigiane in Valsesia è per il 12 giugno ad Alagna, bellissimo villaggio Walser ai piedi del monte Rosa, da cui saliremo verso il passo del Turlo, uno dei passaggi che condusse molti a svalicare nella valle Anzasca di Macugnaga e poi, attraverso il passo Moro, verso la salvezza in terra elvetica.
Per le prossime camminate ecco tutti i contatti:
Davide 339 4902694, Bruno 346 4092883, Luca 338 3046817, pagina Facebook: Anpi Varallo Alta Valsesia, email: anpivarallo@yahoo.it, Instagram: anpi.varallo
Sezione Anpi Varallo Alta Valsesia
Pubblicato martedì 24 Maggio 2022
Stampato il 25/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/itinerari-della-resistenza/sulle-alte-vie-di-moscatelli-in-valsesia/