Un viaggio nella provincia di Livorno sulle orme dell’antifascismo e della Seconda guerra mondiale da realizzare a piedi o anche con un touch dal telefonino. I luoghi della memoria è un progetto dell’Istoreco, l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea di Livorno.
Il gruppo di lavoro (il direttore Catia Sonetti, il direttore scientifico Stefano Gallo e lo studio grafico Nasonero) ha ideato uno strumento capace di passare il testimone della memoria democratica del territorio, che potrà essere arricchito di continuo con nuovi materiali, valorizzando insieme luoghi, lapidi, cippi e monumenti esistenti. Organizzato anche in collaborazione con l’ANPI, l’itinerario – http://istorecolivorno-ldm.it – conta oggi 18 nuove istallazioni, segnalatori, 2 mappe e più percorsi dotati di QRcode. Così chi viaggiasse col pc da casa o con lo smarphone può consultare anche documenti e foto d’epoca. Vi proponiamo una sintesi della passeggiata partigiana livornese. Durante la bella stagione il Comitato provinciale ANPI e l’Istoreco promuovono anche tour tradizionali guidati.
Per informazioni: Istoreco, tel. 0586.809219 e istoreco.livorno@gmail.com; Comitato Provinciale ANPI tel. 0586/813898 – e-mail anpiprovincialelivorno@gmail.com
Livorno, la Zona nera: 8 giorni per sgombrare la città.
Il 30 ottobre 1943, il commissario prefettizio Cigliese ordina alla popolazione di evacuare la “zona di difesa di Livorno”. In quanto obiettivi di importanza strategica, devono essere sgomberate tutte le aree principali dell’attuale centro storico, l’Accademia Navale e i maggiori stabilimenti industriali, le aree della frazione di Ardenza prospicenti il Viale Regina Margherita e il Viale Vittorio Emanuele III e quelle sulla linea costiera nel territorio della frazione di Antignano. L’unica strada aperta al traffico civile è quella che collega Livorno a Salviano e Valle Benedetta, tutte le altre devono essere considerate chiuse. Per i trasgressori, la pena è la fucilazione. I livornesi hanno solo 8 giorni, poi ampliati a 10, per lasciare le loro case, e sono costretti ad abbandonare gran parte dei loro averi in quella “zona nera” che resta completamente nelle mani dei tedeschi.
I bombardamenti su Livorno.
Tra il 16 giugno 1940 e il 26 luglio 1944 la città di Livorno subisce complessivamente cinquantasei bombardamenti. L’incursione aerea più disastrosa, e perciò destinata a rimanere maggiormente nella memoria delle popolazioni civili locali, è quella del 28 maggio 1943 perché il centro della città subisce il primo vero “bombardamento a tappeto”. Vengono colpite gravemente la Stazione marittima, Piazza del Voltone, Piazza Magenta, Via Maggi, Via Baciocchi, Via Marradi, Via Montebello, Viale Regina Margherita, Via Erbosa (oggi Via Solferino e Via Mastacchi), la Venezia, il porto e la zona industriale.
Le Grotte dei banditi. Prima di proseguire, ecco una piccola digressione dal percorso Istoreco. Sulle alture livornesi, a circa 2 km dal Castellaccio, in zona Quarata, la determinazione del Centro Politico 1921 in tandem l’ANPI livornese ha portato alla “scoperta” delle “Grotte dei banditi”, i rifugi dei partigiani appartenenti alla 3ª Brigata Garibaldi 10° Distaccamento “Oberdan Chiesa”.
Per raggiungerla, si parte da via della Porcigliana, passata la sede della Forestale, imboccando la prima strada sterrata a sinistra. La camminata fino alla Grotta dura circa 1 ora.
Rosignano Marittimo, località Gabbro. Rastrellamento di tre famiglie ebree.
All’alba del 20 dicembre 1943 un gruppo di carabinieri della stazione di Gabbro circonda una cascina poco fuori dal centro abitato. L’obiettivo della retata sono tre famiglie ebree recentemente sfollate da Livorno e arrivate da poche settimane nel piccolo centro: i Bayona, i Baruch e i Modiano. In totale diciassette persone sono deportate al campo di sterminio di Auschwitz. Il diciassettenne Isacco Bavona, numero di matricola 173404, sarà l’unico del gruppo a ritornare. «Quando pensate alla Shoah – ha spesso ripetuto – ricordatevi di noi ebrei ma ricordatevi anche dei perseguitati politici, degli zingari, degli oppressi di ogni genere» (dal testo sul pannello collocato su luogo). Uno degli elementi centrali nella vicenda del Gabbro è l’assenza dei tedeschi dalla scena del rastrellamento. Gli arrestati del Gabbro furono tra i primi della provincia di Livorno. Nel marzo dell’anno successivo, il capo provincia, Edoardo Facdouelle, consegnerà alle autorità tedesche circa sessanta persone fermate a Livorno.
La Brigata “Oberdan Chiesa”
Sempre a Rosignano a chi volesse allungare il percorso proponiamo di arrivare anche sulla spiaggia dove il 29 gennaio ’44 venne fucilato Oberdan Chiesa, partigiano comunista già combattente di Spagna, per ritorsione a un’azione dei GAP. Il 19 luglio ’44 la 3ª Brigata Garibaldi 10° Distaccamento “Oberdan Chiesa” libera la città di Livorno dai nazifascisti. Un monumento dell’artista Mimmo Di Cesare e una lapide ricordano l’eroe della Resistenza.
Cecina. I bunker delle Gorette.
Nella zona tra Cecina e Vada, durante la primavera del 1944, con l’avvicinarsi della V Armata americana, il genio dell’esercito tedesco costringe diversi civili italiani a lavorare duramente alla costruzione di una dozzina di bunker.
Varie furono le tipologie di bunker approntati: da quello in acciaio, una specie di grosso cubo con la metà inferiore interrata e la superiore sormontata dalla torretta di un carro Panther, a quelli in cemento armato, sia di piccole dimensioni (modello “Tobruk”).
Castagneto Carducci Donoratico. I morti partigiani e civili.
A Donoratico, un pannello in via Peppino Impastato ricorda l’uccisione di due giovani contadini: Paris Caprai e Dilvo Creatini. IL 23 giugno 1944 erano partiti da Castagneto Carducci per raggiungere la pineta di Donoratico dove avevano nascosto delle bestie per evitare che fossero requisite dai tedeschi. Nei pressi del paese sono fermati da una pattuglia; sul carro hanno del pane, altri viveri e un po’ di vino. Agli occhi delle SS è la prova che i due o sono partigiani o stanno recandosi a rifornire una banda. Sono uccisi sul posto, a colpi di mitra, dopo esser stati ripetutamente feriti a colpi di baionetta.
Spostandosi di circa 3 km, si arriva al Parco della Rimembranza. Un segnalatore dell’Istoreto è posto sotto la lapide in ricordo della fucilazione, il 24 giugno ’44, dei partigiani Giovanni Banchini e Augusto Menchi. Dichiarazione di Maria Mori, moglie di Banchini, alla Stazione dei Carabinieri di Castagneto: «A fucilazione avvenuta, i due cadaveri furono lasciati sul posto ma per interessamento delle autorità locali e per permesso ottenuto dal comandante germanico, fu provveduto alla loro remozione e seppellimento nel Cimitero di Castagneto Carducci. Non posso dire quale sia stato il trattamento usato nei confronti di mio marito e del suo compagno prima della loro fucilazione, perché dal momento della loro cattura non fu possibile che essi fossero avvicinati da alcuno».
Tra via Gramsci e Piazza del Popolo si ricorda la figura di Dante Dallari, anarchico piombinese di 22 anni appartenente al gruppo partigiano ‘Camicia rossa’. Catturato mentre preparava un attentato a una caserma dell’esercito tedesco e fucilato il 27 giugno 1944.
Arrivo a Piombino
Ultima tappa, al momento, de I luoghi della memoria (ognuno degli itinerari può essere personalizzato ed esteso, come ha immaginato l’Istoreco) è a Piombino. Un’installazione in via Casalini (ex via Salvestrini) ricorda che nel novembre 1942 il Fascio locale, per dare una lezione a chi criticava il regime mussolinaino, fece manganellare per strada decine di persone. Tra loro c’è l’antifascista Ilio Salvadorini, che braccato dagli squadristi si rifugiò in una fiaschetteria in Corso Vittorio Emanuele: all’uscita sparò e ferì un aggressore. Dalla fine del 1943 fu uno degli organizzatori della Resistenza.
Pubblicato venerdì 15 Gennaio 2016
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