L’orrore non torna mai indietro, ma può capitare che venga annullato dalla poesia. La poesia che ho ritrovato nel pellegrinaggio laico fatto a Sant’Anna di Stazzema, la località dove, il 12 agosto 1944, tre reparti nazisti della 16ª divisione Panzergrenadier-Reichsführer-SS massacrarono 560 civili, dei quali 107 di età inferiore ai quindici anni e un neonato (Anna Pardini) di appena 20 giorni. Un’azione vigliacca, attuata con la complicità di militari e collaborazionisti fascisti, ai danni di gente indifesa e povera. Una delle tante follie della guerra che ha continuato a suscitarmi un sentimento di commozione, unito all’indignazione nei confronti dei responsabili. Tra questi, dieci ex ufficiali e sottufficiali tedeschi delle SS, condannati all’ergastolo nel 2005 dal tribunale militare di La Spezia (pene confermate due anni dopo dalla Cassazione) grazie allo straordinario sforzo investigativo ed etico del pubblico ministero Marco De Paolis.
Il magistrato militare si occuperà anche delle stragi di Marzabotto, Cefalonia e Civitella in Val di Chiana, con un totale di 17 processi e 57 condanne all’ergastolo. Un impegno vanificato dalla Procura di Stoccarda, che nell’ottobre 2012 archivierà l’inchiesta di Sant’Anna di Stazzema, ricorrendo ad una serie di artifici giuridico-processuali.
Per il mio viaggio a ritroso nel tempo e nella memoria delle persone scomparse ho scelto di partire dalla località Giorgini, nella parte alta di Stazzema a poca distanza dal rifugio CAI e da un delizioso agriturismo ospitato in un edificio di inizio 900. Siamo a 750 metri, da qui si dipartono sentieri per tutte le gambe, anche per quelle degli ardimentosi. A far da cornice la catena delle Alpi Apuane con i suoi monti Procinto, un originale panettone di roccia, Nona e Matanna, che dispensano paesaggi mozzafiato e natura incontaminata. E poi il silenzio, tanto silenzio, che ci accompagnerà per tutto il viaggio, fatto a piedi e con l’ausilio di un piccolo zaino.
L’iniziale strada sterrata si alterna con quella asfaltata fino a raggiungere il centro di Stazzema, un comune che conta 17 frazioni (la sede comunale si trova nella frazione Pontestazzemese), tante in rapporto ai circa 3.000 abitanti. Ci troviamo in alta Versilia, a mezzora di macchina da Forte dei Marmi. Mi è rimasto impresso un verbo, che hanno continuato a rimpallarmi tutti coloro ai quali chiedevo informazioni sul tragitto. «Deve scollinare», cioè scarpinare da una collina all’altra per raggiungere la meta. Ed è scollinando che si comprende appieno come i partigiani abbiano trovato, in questo territorio aspro, rifugi e basi logistiche.
Dal centro di Stazzema, seguendo la strada provinciale, si arriva alla frazione Farnocchia, posta a 652 metri, con un percorso iniziale in discesa e a seguire un’arrampicata dolce su una strada tutta curve. In questo borgo, abitato da un centinaio di persone, si materializza idealmente la figura del parroco don Innocenzo Lazzeri, Medaglia d’Oro al Valor Civile e “Giusto tra le Nazioni” per aver nascosto nella parrocchia di San Michele Arcangelo una famiglia ebrea, gli Sraffa di Pietrasanta.
Me ne parla con delicatezza un gestore del bar-trattoria “da Franca”: «Don Innocenzo, dopo lo sfollamento di Farnocchia (che successivamente sarà data alle fiamme), non scappò nei boschi ma cercò di far desistere i nazisti dai loro propositi e fu ammazzato sulla piazza della chiesa di Sant’Anna insieme ai parrocchiani».
Furono mitragliati e poi bruciati, appiccando un falò con i banchi e le sedie della chiesa. Il terrorismo premeditato dei nazisti, e dei loro sodali fascisti con i volti travisati da bende e retine, è dimostrato dallo scempio ad una donna incinta, alla quale era stato squarciato il ventre con una baionetta; al figlio non ancora nato era stato sparato in testa.
Dopo la breve sosta a Farnocchia, a pochi metri dall’abitato si svolta a sinistra per imboccare il bosco, salendo dolcemente in direzione della Foce di Farnocchia e godendo dall’alto dei panorami del borgo e delle vette delle Alpi Apuane.
Pochi metri prima della Foce, dove inizia la discesa, ritroviamo una marginetta, la classica edicola religiosa. Dalla Foce di Farnocchia, posta a 875 metri tra il monte Lieto e il monte Gabberi, “la mattina del 12 agosto 1944 attorno alle 7 transitarono un centinaio di soldati (…) provenienti da Mulina di Stazzema (dove avevano da poco ucciso il parroco don Fiore Menguzzo e i suoi familiari”. Le informazioni sono tratte da uno dei tanti cartelloni, contenenti notizie ed immagini storiche, di grande utilità per i visitatori.
A Sant’Anna ritroviamo luoghi, tracce e testimonianze dei massacri, oggetto di approfondimenti prima del viaggio tra i quali la sentenza del Tribunale militare di La Spezia n° 45 del 22 giugno 2005, già citata, con la quale erano stati condannati all’ergastolo alcuni ufficiali tedeschi, scaricabile, che nelle sue 213 pagine disegna un quadro crudo e completo degli eventi.
Si scrive anche di tanti episodi eroici, di mamme che si immolano per salvare i figli. Un soldato tedesco, che non è stato mai rintracciato, mise a rischio la sua vita per salvare alcune persone: “…a gesti fece capire che dovevamo stare zitti e andare via, scappare, tornare indietro. Allora si girarono e si diressero verso casa, quando alle loro spalle il soldato sparò una raffica di mitra in aria, a simulare la loro uccisione” (pag. 29 della sentenza).
Le visite al Parco della Pace, al Museo storico della Resistenza e al Monumento ossario hanno l’effetto di farci riconciliare con la vita e l’umanità. Riprendiamo, seguendo a ritroso il percorso già fatto, il viaggio in direzione Stazzema. La sette ore di camminata sono state addolcite dalla felicità della visita. L’augurio ai lettori è di ripetere quel cammino per riaffermare i valori di umanità che i nazisti e i fascisti volevano annientare.
Silvio Masullo
Pubblicato venerdì 18 Dicembre 2020
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