Marisa Ombra, partigiana, Vicepresidente dell’ANPI, quali sono gli auspici per l’anno appena cominciato?
Credo che il 2017 richiederà, ancora una volta, tanto impegno e tanta attenzione. In tema di lavoro, per esempio, ci saranno i quesiti referendari proposti dalla Cgil. E dovremo trovare soluzioni su materie importantissime, tra le quali la legge elettorale. Nei partiti ci sono opinioni diverse e distanti. Spero che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, persona autorevole e capace, riesca a far da mediatore tra le forze politiche. E non va dimenticato che, oltre alla modifica dell’Italicum, serve una nuova norma per il Senato. La riforma bocciata non prevedeva rappresentanti eletti. Sono d’accordo col Capo dello Stato sulla necessità di prendersi tutto il tempo utile per elaborare ipotesi condivise e assicurare sia la giusta rappresentanza dei cittadini sia la stabilità dei governi. Confido molto in Mattarella.
Altri aspetti importanti da affrontare?
Siamo al punto zero su visioni che possano progettare un futuro rispettoso dei diritti delle persone, al di là della nazionalità e della religione. Il risultato del referendum del 4 dicembre ha mostrato la grandissima vitalità delle persone che c’è in Italia. Andrebbe valorizzata. L’invito alle nuove generazioni è di tentare in ogni modo di sollecitare gli organi preposti a guardare lontano. Ci sono tante energie sprecate. Noi giovani del mio tempo, che avevamo combattuto il fascismo e operato nella lotta partigiana, nel dopoguerra eravamo animati da un fortissimo slancio. Volevamo costruire la democrazia, tornare a lavorare. Ricostruire, ricostruire, ricostruire, e ricominciare. Era una necessità urgente e bruciante. Bisognava tirar su le case, ripristinare le ferrovie, i ponti, le strade. Mancavano le scuole, tutto ciò che la guerra aveva distrutto. Oggi i giovani che vanno nelle zone terremotate mi ricordano molto l’entusiasmo e la solidarietà di allora. Mi auguro che a livello istituzionale si riesca a dare presto realtà ai programmi annunciati. C’è però molta confusione tra le persone. Mi fa pensare al clima del 1947, esattamente di 70 anni fa.
Il 1947 è l’anno in cui si approvò la Costituzione, poi entrata in vigore nel gennaio successivo…
Certo. Il 22 dicembre venne approvata la Costituzione. Tuttavia fu un anno difficilissimo, non era partito bene. Si stava affacciando la stagione della guerra fredda. Cominciavano i processi ai partigiani. Il ’47 fu anche l’anno della strage di Portella della Ginestra. A maggio, le sinistre vennero cacciate dal governo. La tensione politica internazionale, la corsa agli armamenti potevano compromettere irreparabilmente l’avvio della democrazia in Italia. L’unità resistenziale che aveva portato all’Assemblea Costituente rischiava di andare i frantumi. Si andò avanti perché l’entusiasmo della gente era formidabile. Allo stesso modo, oggi, dovremo continuare a batterci perché la Carta sia pienamente attuata. Scorrendo uno a uno gli articoli è facile accorgersi quanto ancora resta da fare. Credo però che l’impegno e la consapevolezza portino sempre a dei risultati, a volte ci vuole tempo, l’importante è non fermarsi e non scoraggiarsi. Penso alle donne. Ci sono ancora tante battaglie da fare per la parità di genere e per fermare la violenza sulle donne.
Qual è l’invito alle donne per il 2017?
Alla consapevolezza di sé, ormai presente in tutte (o quasi, vedi le donne che ostinatamente continuano a difendere chi ha tentato di bruciarle vive) si contrappongono leggi non applicate, tipo la parità di salario, o il caso dei licenziamenti per matrimonio, gli asili nido mancanti che non aiutano certo la ricerca di un lavoro, ecc. Però la strada è aperta. Le eccellenze nel mondo scientifico sono donne, la creatività nell’inventarsi nuove attività è donna.
In tutta Europa si stanno moltiplicando movimenti che si richiamano al fascismo. Marisa Ombra teme possano continuare a ottenere consensi?
Credo che il rischio maggiore sia soprattutto il populismo, sempre più presente, subdolo e prepotente e che richiama valori, elementi e contenuti tipici del fascismo. Personalmente, penso che oggi l’antifascismo dovrebbe proporsi anche come antipopulismo. Sarebbe necessaria una campagna di informazione per spiegare quanto siano simili. Il populismo è un uomo solo al comando, è parlare alla pancia delle persone, far presa sulla paura e l’ignoranza, alimentare sospetti e disprezzo verso ogni critica, pure la più competente. È illudere le persone, facendo loro credere di farle partecipare alle scelte. La vera partecipazione è ben altro: è conoscenza, scelta consapevole, ragionamento sul senso, il significato e le conseguenze di ogni azione. Tutto il contrario della semplificazione e del voto di pancia. Nel populismo c’è un’idea di popolo come massa indifferenziata da contrapporre al potere, qualunque potere. Sul concetto di popolo occorre riflettere profondamente, temo che abbia ragione chi ritiene che il populismo sia espressione di analfabetismo. Negli anni del regime fascista, e ancora nel dopoguerra, la stragrande maggioranza degli italiani era analfabeta. Oggi potremmo parlare di analfabetismo di ritorno. Il 10 giugno del 1940 ero in piazza Alfieri ad Asti e non posso dimenticare il delirio della folla festante, in migliaia ad applaudire il duce all’annuncio della dichiarazione di guerra. Senza sapere affatto cosa significasse entrare in guerra e a cosa si andava incontro. Se ne resero conto presto, purtroppo. Troppo tardi però per i morti, le indicibili sofferenze e il cumulo di macerie in cui venne trasformato il nostro Paese.
Pubblicato lunedì 16 Gennaio 2017
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