L’Anpi regionale della Sicilia, di concerto con il Comitato provinciale di Siracusa e la Sezione di Avola ha opportunamente voluto ricordare, il 52° anniversario dell’eccidio bracciantile della località isolana avvenuto il 2 dicembre 1968, quando le forze di polizia aprirono il fuoco contro una manifestazione di braccianti.
Da giorni erano in corso mobilitazioni, cortei e scioperi organizzati dai lavoratori agricoli di Avola e della provincia di Siracusa, guidati unitariamente dai tre sindacati confederali per chiedere, oltre al rinnovo del contratto di lavoro, anche l’istituzione della Commissione sindacale per il Controllo del collocamento della manodopera.
In raccordo con l’iniziativa nazionale promossa da Cgil, Cisl e Uil, chiedevano anche l’eliminazione delle gabbie salariali, tabelle che definivano emolumenti economici diversi da provincia a provincia in riferimento al locale costo della vita. Chiedevano infine alle autorità preposte il contrasto delle azioni del caporalato che tendeva a governare, illegalmente, il mercato del lavoro in quel territorio.
Accusando i manifestanti di aver messo in atto un blocco stradale, quel mattino la polizia cominciò a sparare ad altezza d’uomo e i proiettili colpirono a morte due persone, Giuseppe Scibilia, quarantasettenne di Avola, e Angelo Sigona, ventinovenne di Cassibile. Altre quarantotto persone rimasero ferite, tra loro cinque in modo grave. Dopo gli scontri furono raccolti ben due chilogrammi di bossoli.
Vivacissima fu la protesta che si levò nel Paese e in Parlamento da parte dei sindacalisti che sedevano sui banchi delle Camere e degli esponenti delle forze di progresso. Venne chiesto con fermezza il disarmo delle forze di polizia quando ci si trovasse in presenza di manifestazioni sindacali e di conflitti di lavoro.
Venne proclamato lo sciopero generale unitario in Sicilia e manifestazioni di protesta si tennero in tutta Italia. Il segretario generale della Cgil Agostino Novella prese parte alle esequie delle vittime.
Dopo un mese il ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, appena insediato in quel dicastero, come primo atto della sua nuova funzione scelse di recarsi ad Avola per chiedere scusa a nome dello Stato di quanto era successo; ma le indagini avviate in materia si conclusero con un nulla di fatto e nessuno pagò alcunché.
In Italia la repressione con le armi delle manifestazioni proletarie è stata ciclicamente perpetuata dal gendarme fin dall’Unità d’Italia e tale vergognoso costume è proseguito anche nell’Italia repubblicana dopo la rottura, nel 1947 – in coincidenza con il crescere della guerra fredda – dell’unità politica tra le forze antifasciste.
Negli anni Sessanta, dopo i gravi fatti di Genova del luglio 1960 e dopo i morti di Reggio Emilia che avevano contribuito a cacciare il governo Tambroni e a chiudere il suo tentativo reazionario, si era aperta la stagione politica del centro-sinistra e, insieme all’avvio di diverse importanti riforme, l’ordine pubblico cominciò finalmente ad essere gestito in modo diverso e assai più sereno.
Gli scontri avvenuti ad Avola e il rinnovato crepitare delle armi segnarono però un drammatico campanello d’allarme che mise in evidenza la crisi crescente alla quale andava incontro quella esperienza governativa.
In quelle stagioni del 1968 e del 1969 un ciclo di imponenti lotte studentesche ed operaie stava crescendo ed avrebbe trasformato nel profondo l’Italia mettendo in evidenza le grandi richieste di svolta politica, economica, sociale e culturale sostenute dalle forze del lavoro e dalla parte più aperta della nazione.
Invece di procedere verso gli sbocchi più auspicabili, l’autunno caldo del 1969 si sarebbe invece purtroppo concluso con la strage di Piazza Fontana perpetrata da estremisti neofascisti coperti da settori deviati dello Stato e da ambienti dell’oltranzismo atlantista preoccupati di dover assistere a una svolta di progresso nel nostro Paese. Queste forze, con l’apparire sulla scena del mostro del terrorismo, hanno cercato a lungo e con ogni mezzo di contrastare una possibile evoluzione positiva della società italiana.
Ancora una volta nella difficile storia del nostro Paese, con i fatti di Avola, di Battipaglia e con la strategia della tensione, riemergeva la tentazione della parte più reazionaria delle classi dirigenti, incapace al confronto democratico, di utilizzare nella battaglia politica la violenza quale strumento usuale da poter mettere in campo per contenere le istanze di emancipazione del lavoro.
Per questo è doveroso, nel ricordare le vittime di Avola e le battaglie generose di quel movimento di lavoratori, cercare di riflettere sulle pulsioni peggiori che albergano nel profondo di settori della società italiana e sul come contrastarle perché quei drammi, in forme antiche e nuove, non abbiano a manifestarsi e a ripetersi.
Carlo Ghezzi, vicepresidente nazionale vicario Anpi
Pubblicato mercoledì 2 Dicembre 2020
Stampato il 21/11/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/persone-e-luoghi/anniversari/i-bossoli-di-avola/