Il 27 gennaio del 1945 Primo Levi e altri detenuti videro apparire dei cosacchi a cavallo davanti al campo di sterminio di Auschwitz. I militari dell’Armata Rossa nella loro avanzata che si sarebbe arrestata solo l’8 maggio a Berlino con la presa del Reichstag si trovarono increduli rispetto agli scenari terribili che si trovarono di fronte in quel campo: ne abbatterono i cancelli sui quali troneggiava la scritta “il lavoro vi farà liberi” e misero fine all’orrore che laggiù veniva perpetrato. Altri campi sarebbero stati trovati nell’Europa centrale, Dachau, Buchenwald, Bergen Belsen, Mathausen, Gusen, Sachsenhaus, altri luoghi di terribile sofferenza vennero alla luce ai quali si aggiunse nel nostro Paese, a Trieste, la Risiera di San Sabba. La loro scoperta avrebbe reso manifesto l’orrore più grande della storia, l’Olocausto, il tentativo di distruggere e di eliminare sistematicamente un intero popolo per ragioni razziali.

Mauthausen, Scala della Morte, al lavoro i detenuti politici

Anche altri settori della società europea hanno pagato contributi terribili alla follia nazista; erano rom e sinti, omosessuali, portatori di malformazioni fisiche, persone con problemi psichici, Testimoni di Geova, molti oppositori politici a partire dai comunisti. Un numero enorme di persone che sono state perseguitate e uccise. Il cuore della civile Europa ha prodotto nel corso del Novecento il passaggio più nefasto nella storia dell’umanità.

Quel 27 di gennaio è divenuto Giorno della Memoria per non dimenticare, per conservare al futuro dell’Italia, dell’Europa e del mondo il ricordo di un tragico e buio periodo della storia dell’umanità. Perché non accada mai più. Per ricordare quei milioni di esseri umani, uomini e donne, vecchi e bambini portati alla morte dalla più grande e micidiale macchina di sterminio attivata dall’uomo, messa in moto dal nazismo contro persone che avevano la sola colpa di essere ebrei.

Mussolini scelse Trieste per annunciare le leggi razziali firmate pochi giorni prima da re Vittorio Emanuele III

La persecuzione e lo sterminio di costoro furono perseguiti in modo determinato e metodico dal regime nazista realizzando una macchina di morte contraddistinta da una terribile modernità; l’obbrobrio più grande tra i tanti misfatti dei quali il nazismo si è macchiato. Ma la Shoah ebbe coperture e aiuti da altri Paesi e dai loro governi. Vi furono anche in Italia esplicite coperture e corresponsabilità con le vergognose leggi razziali varate da Mussolini e controfirmate dal re Vittorio Emanuele III di Savoia nel 1938.

(Imagoeconomica, UNRWA)

La celebrazione del Giorno della Memoria ha rappresentato quest’anno un gigantesco evento che ha coinvolto centinaia e centinaia di città e di paesi registrando una partecipazione particolarmente numerosa di popolo, coinvolgendo Comuni, associazioni, sindacati e vedendo come protagonista l’Anpi e le sue strutture centrali e decentrate. Si è trattato di un messaggio fondamentale per svelenire un clima politico e sociale intossicato dalla strage di Hamas del 7 ottobre, dall’inaudito massacro di palestinesi da parte di Netanyahu nei mesi successivi, dalle turbolenze di ogni genere che stanno sconvolgendo il mondo sempre più intensamente e drammaticamente.

È stato perciò raggiunto l’obiettivo di parlare all’Italia facendo davvero del 27 gennaio un giorno di memoria, di raccoglimento davanti a un genocidio di dimensioni senza precedenti nella storia contemporanea proprio quando i mostri nel nazifascismo, dell’autoritarismo, dell’oscurantismo, del nazionalismo ritornano o in modo esplicito o come elementi in sospensione un po’ ovunque ma specialmente in occidente e in Europa perché sta entrando in crisi un rapporto che sembrava indissolubile: il rapporto fra libertà e democrazia.

Il 27 gennaio di quest’anno è stato, oltre che un giorno di raccoglimento, anche un giorno di riscatto della verità storica e di monito affinché ogni forma di discriminazione e di razzismo, a cominciare dall’antisemitismo, venga definitivamente bandita.

Giorno della Memoria 2025 a Palazzo Marino, Milano. Gadi Schoenheit, Consiglio memoriale della Shoah; Floriana Maris, presidente Fondazione memoria della deportazione; Primo Minelli, presidente Anpi provinciale Milano; Guido Lorenzetti, figlio di Andrea Lorenzetti, deportato (Imagoeconomica, Canio Romaniello)

L’immagine positiva del 27 gennaio è stata offuscata da qualche polemica da parte di alcuni e incredibilmente enfatizzata da diversi media. Invece a Milano la quasi totalità della Comunità ebraica ha partecipato alle manifestazioni; grande partecipazione si è registrata ovunque; in particolare a Bologna e Torino. A Firenze i presidenti locali dell’Anpi, dell’Aned e della Comunità ebraica hanno condiviso uno splendido documento unitario.

Non sono certo mancati tentativi di provocazione come il manifesto-video apparso a Roma, anonimo e di logica zoppicante, rivolto contro Anpi, Emergency, Medici senza frontiere, Croce Rossa, Amnesty. Un segno, oltre che di stupidità, anche di straordinaria debolezza e di profondo isolamento. Eppure, proprio approfittando dell’esito straordinario della giornata, conviene chiarire definitivamente alcuni punti che in modo a volte sincero, altre in modo strumentale vengono sollevati a proposito delle posizioni dell’Anpi.

A L’Aquila

L’Anpi ha cambiato linea sul tragico e pluridecennale conflitto israelo-palestinese? No. Fin dagli anni Settanta l’Anpi ha sostenuto la linea di due popoli in due Stati soprattutto al tempo dei governi di Craxi e di Andreotti, entrambi particolarmente sensibili su questo tema. Tale orientamento non è cambiato nel tempo: il 7 marzo 2002 Arrigo Boldrini, allora presidente nazionale Anpi, inviava una lettera agli ambasciatori di Israele e Palestina a Roma in cui fra l’altro scriveva: “Se Israele ha diritto ad esistere nella sicurezza, il popolo palestinese ha diritto a una patria ed alla più completa sovranità dei territori”. È esattamente l’orientamento dell’Anpi di oggi, a maggior ragione nel clima tragico ed esasperato del massacro del 7 ottobre da parte di Hamas e dell’eccidio senza precedenti di palestinesi da parte di Netanyahu.

Torino. Giorno della Memoria 2025. A una delle commemorazioni con la Comunità ebraica

L’Anpi ha messo sullo stesso piano la Shoah e l’eccidio di Gaza? È una invenzione. È avvenuto esattamente il contrario: l’Anpi nazionale ha più volte invitato a evitare paragoni sbagliati e antistorici inviando anche una lettera alle proprie associazioni territoriali affinché il 27 gennaio fosse dedicato esclusivamente al ricordo della Shoah e degli altri inauditi stermini causati dalla barbarie nazifascista.

L’Anpi ha definito lo sterminio di Gaza con la parola genocidio? È un’altra invenzione come più volte ripetuto. Pur consapevoli dell’uso di questa parola da parte della Corte Internazionale di Giustizia con l’ordinanza n. 192 del 26 gennaio 2024, l’Anpi nazionale ha volutamente evitato di utilizzare questo termine che non condivide. Lo ha fatto per rispetto per l’unicità della Shoah; ma anche per evitare un dibattito lacerante e stucchevole che metteva in secondo piano proprio lo sterminio in corso a Gaza e l’urgenza di un’iniziativa politica e umanitaria per farlo cessare.

L’Anpi ha assunto posizioni antisemite? È un falso oltre che un oltraggio. La lotta contro l’antisemitismo e contro qualsiasi razzismo e discriminazione è parte costitutiva e ineliminabile della natura dell’associazione, che si rifà alle ragioni stesse della lotta partigiana, ai valori della Resistenza e ai principi costituzionali.

L’Anpi non critica il governo israeliano, ma lo Stato di Israele? Altra falsità. L’Anpi sostiene da decenni l’esistenza e la sicurezza dello Stato d’Israele assieme all’esistenza e alla sicurezza dello Stato di Palestina. Qualsiasi idea di distruzione dello Stato di Israele, oltre a essere criminale, è al di fuori della storia. L’Anpi ha recentemente richiesto alla UE di sospendere l’accordo di associazione commerciale UE Israele per violazione del punto 2 dell’accordo, in merito al rispetto dei diritti umani. Qualcuno ha affermato che tale richiesta è un attacco allo Stato e non al governo israeliano. È l’ennesima fandonia. La stessa richiesta è stata preceduta da analoga proposta del leader spagnolo Sanchez e seguita pochi giorni fa da una petizione con lo stesso fine avanzata da oltre 250 parlamentari di 17 paesi dell’UE, citando le medesime violazioni da parte di Israele al punto 2.

(Belarusian State Archive of Documentary Film and Photography/United States Holocaust Memorial Museum)

L’Anpi non vuole avere rapporti con la Comunità ebraica? Altra sciocchezza. In tantissime località l’Anpi ha con le Comunità locali ottimi e continuativi rapporti. A livello nazionale, nel rispetto reciproco delle differenze di giudizio che possono registrarsi su alcune tematiche, ci sono incontri che si svolgono periodicamente. Davanti alle recenti critiche rivoltevi dal rabbino di Roma, il presidente nazionale Anpi gli ha proposto un incontro per chiarire le rispettive posizioni.

L’Anpi, nella reciproca autonomia, si muove nell’ottica della massima unità in generale e in particolare nella prospettiva del prossimo 25 aprile, 80° anniversario della Liberazione, che deve essere davvero una grande festa unitaria, democratica, antifascista e di popolo che comprenda davvero tutti. Tranne i fascisti.

Carlo Ghezzi, vicepresidente vicario nazionale Anpi