Il Narodni dom dopo l’incendio

Sono trascorsi cento anni da quando le squadracce fasciste di Trieste e dei dintorni, il 13 luglio 1920 incendiarono in città il “Narodni dom”, centro di vita e di attività culturali, sportive, bancarie e di previdenza degli sloveni. Ma i fascisti non si accontentarono: distrussero anche negozi, studi di avvocati, magazzini, oltre ad aggredire persone e personaggi. Non fu che l’inizio della persecuzione nazista e mussoliniana contro la minoranza slovena di Trieste e contro gli slavi in generale. Ripercorriamo quei fatti e quegli avvenimenti con una ampia cronaca di Milan Pahor, pubblicata su Patria Indipendente n. 7 del luglio 2010.

 

Alla fine del secolo XIX e agli inizi del XX il movimento nazionale degli sloveni di Trieste raggiunge il culmine. La pietra miliare di questo processo è rappresentata dall’imponente edificio del “Narodni dom” nel cuore della città, allora situato in Piazza Caserma 2 (ora Piazza Oberdan), oggi in via Filzi 14. Finito di costruire nel 1904. Indubbiamente, il “Narodni dom” è il simbolo della rinascita nazionale, politica, economica e culturale degli sloveni di Trieste. L’intero movimento, inoltre, poggiava su capacità imprenditoriali consolidate e su di una grande potenza economica.

L’operazione si svolge dapprima nell’ambito politico nazionale sloveno, quindi investe anche la sfera economica.

Nel 1900 viene costituita la società “Narodni dom”, quindi nel 1901 segue l’operazione finanziaria dell’istituto di credito sloveno “Tržaška posojilnica in hranilnica” (Cassa Triestina di Mutui, Prestiti e Risparmio).

Il Narodni dom in una cartolina dell’epoca

La costruzione dell’edificio viene avviata nel 1901 con l’acquisto del terreno edificabile e viene portata a termine nell’agosto del 1904. L’intera operazione si conclude, quindi, nel giro di quattro anni: un successo indiscutibile anche da questo punto di vista. Lo stabile del “Narodni dom” è realizzato sul progetto del noto architetto Max Fabiani. I lavori vengono eseguiti da una ditta slovena triestina di costruzioni “Martelanc”.

Ci si aspetterebbe che l’inaugurazione del “Narodni dom” fosse un momento di grande gioia per gli sloveni di Trieste, un momento di pubblica manifestazione della propria nazionalità. Ed invece non fu così. Le varie parti del palazzo vengono progressivamente inaugurate e destinate alla loro funzione, ma senza alcuna cerimonia centrale. Perché? La risposta ci viene data da un articolo apparso sul quotidiano sloveno di Trieste Edinost (“Concordia” o “Unità”) il 29 ottobre 1904: «(…) Da qualche tempo a questa parte, gli sloveni di Trieste si attengono alla saggia politica di evitare festeggiamenti chiassosi che portavano spesso a scontri con l’elemento italiano, ma si limitano alla soddisfazione di testimoniare, con l’apertura stessa del “Narodni dom”, la propria presenza a Trieste».

Così il 24 agosto 1904 si trasferisce nei nuovi propri locali l’istituto di credito TPH, mentre il 12 ottobre 1904 è la volta dell’albergo, del ristorante e del caffè.

Per capire il tutto possiamo ancora una volta citare le idee espresse da un cronista del giornale Edinost di Trieste nell’articolo pubblicato il 24 ottobre 1904:

«(…) Oggi, in questo giorno così solenne per gli slavi di Trieste non possiamo non ricordare il nostro architetto professore dottore Fabiani, la cui opera desta ammirazione non solo tra gli slavi di Trieste, ma anche tra coloro che slavi non sono, per la originalità e la monumentalità dello stile: al tempo stesso, non possiamo non ricordare la nostra impresa di costruzioni “Martelanc”, la cui esemplare e precisa esecuzione del progetto suscita lodi ed ammirazione sia tra gli slavi, sia tra i non slavi. Per tutta la città si sente un solo, unanime commento: così a Trieste non si era ancora costruito (…)».

Il 10 dicembre 1904 ha luogo l’inaugurazione dei locali occupati dalla “Slovanska čitalnica” (Sala di lettura slava), mentre il 15 dicembre viene inaugurata la grande sala centrale con l’intervento canoro di un celebre coro russo. L’8 gennaio 1905, infine, ha luogo la première dello “Dramatično društvo” (Società filodrammatica).

La prima pagina di Edinost del 1876

A questo punto viene da chiedersi come la parte italiana veda il sorgere del “Narodni dom” e come ne colga i molteplici significati. A titolo illustrativo riportiamo alcuni passi del libro Italia d’oltre confine – Le province italiane d’Austria, scritto da Virginio Gayda e pubblicato nel 1914:

«(…) Il centro di tutto il movimento sloveno di Trieste è il Narodni dom (Casa nazionale). È come un quartiere generale, un secondo Municipio autonomo, impiantato a Trieste per la esigua minoranza slava, la sede di tutte le Associazioni, il punto di partenza di tutte le agitazioni, il punto di raccordo di tutti gli altri Narodni dom, sparsi per la Venezia Giulia, nelle regioni insidiate o conquistate dagli slavi. (…). Occupa un intero palazzo a tre piani, che fronteggia una piazza, nel cuore di Trieste. Gli sloveni l’hanno voluto lì, perché tutti i forestieri lo vedessero. (…) Il Narodni dom è una curiosa forma di aggregazione politica, tipica degli slavi, che si trova in ogni centro importante e rappresenta già un’evoluzione della così detta “Čitalnica” (Sala di lettura). (…) Così si tengono unite le forze nazionali, perché non vengano perdute. È una rete fittissima di piccoli punti, incrociati con una pazienza meravigliosa. Il Narodni dom di Trieste sta al vertice di questa piramide associativa, che solleva tutti gli sforzi verso la città di mare. (…)».

Alcune notizie sul “Narodni dom” le abbiamo già date tra le righe. Inoltre bisogna partire dalla considerazione principale che il “Narodni dom” era un centro multifunzionale di concezione moderna. Insomma era all’epoca all’avanguardia nell’intera Europa. Univa in uno stabile diverse esigenze e scopi. Il tutto si capisce meglio parlando della suddivisione interna del “Narodni dom”.

Pianterreno. La parte che guarda sulla Piazza Caserma: un caffè (sulla parte sinistra dell’ingresso principale), un ristorante (sulla parte destra dell’ingresso principale).

Via Galatti: la tipografia “Edinost”.

Via Geppa: l’albergo “Balkan”.

All’interno del pianterreno la palestra della società ginnica slovena “Sokol” (Il falco).

Primo piano. Piazza Caserma: l’istituto di credito sloveno TPH, “Slovanska čitalnica” (Sala di lettura).

Primo e secondo piano su Via Galatti: la redazione del giornale sloveno Edinost, la sede della Società politica slovena “Edinost”, “Glasbena matica” (Centro musicale sloveno), “Delavsko podporno drusˇtvo (Società operaia di mutuo soccorso), “Dramatično društvo” (Società filodrammatica), “Slovensko planinsko društvo (Club alpino sloveno).

Terzo e quarto piano su Via Galatti: studi di avvocati, uffici ed appartamenti.

Tutta la parte su Via Geppa: albergo “Balkan” con 40 stanze, al primo piano ristorante dell’albergo.

Nella parte interna: al pianterreno la palestra del “Sokol” (Il falco), inoltre dal pianterreno una scalinata interna (sia da destra sia da sinistra) portava al primo piano alla sala grande centrale con loggione.

Da questa descrizione sommaria si capisce il progetto moderno ed ambizioso dell’architetto Max Fabiani. Nel palazzo convivevano le istituzioni culturali ed economiche. Nello stesso tempo potevano svolgersi più iniziative, giacché l’architetto aveva progettato e costruito 3 ingressi (uno principale e due laterali) con diverse scalinate e corridoi interni. L’idea del progetto “Narodni dom” si reggeva sul presupposto che lo stabile doveva autofinanziarsi attraverso tutte le attività che vi erano concentrate.

Non si potevano aspettare sovvenzioni statali o comunali. L’unico ente che poteva intervenire (anche finanziariamente) era il proprietario del “Narodni dom” che era un istituto di credito sloveno: “Tržaška posojilnica in hranilnica” (TPH) ossia Cassa di Mutui, Prestiti e Risparmio di Trieste.

Per capire meglio la questione del “Narodni dom” di Trieste bisogna portare il discorso qualche decennio indietro. Parliamo della primavera del 1848 conosciuta anche come “la primavera dei popoli d’Europa”. I movimenti nazionali di molti Stati europei intrapresero una lotta politica e culturale. L’onda di questi avvenimenti scosse anche la città di Trieste. Si ebbero moti italiani e sloveni. A noi ora interessa la parte slovena e slava della città.

Nell’autunno del 1848 si costituisce a Trieste la prima vera associazione politica e culturale slovena e slava nella città.

Portava il nome “Slavjansko društvo” (Società slava). Nella società operavano insieme gli sloveni, croati, serbi, cechi, slovacchi, polacchi che vivevano ed operavano nella città mediterranea. Cercavano di portare avanti richieste politiche e culturali (problema della lingua, scuola, uffici statali, riconoscimento nazionale, ecc.). Nel 1849 riuscirono a pubblicare anche un giornale intitolato Slavjanski Rodoljub (il Patriota Slavo): si trattava del primo giornale in lingua slovena e croata stampato a Trieste. In tutto uscirono 6 numeri. La società operò per otto anni. Nel 1861 sulle ceneri della precedente si costituì la “Slavjanska čitalnica” (Sala di lettura slava), che dal 1904 in poi trova sede nel palazzo del “Narodni dom”. Gli anni successivi non furono propizi ad altre iniziative slovene e slave a Trieste. Le autorità asburgiche non gradivano altre attività e ne proibivano la costituzione. Si dovette aspettare fino al 1874, quando si costituì “Politično društvo Edinost” (Società politica e culturale “Edinost”). L’8 gennaio 1876 esce il primo numero del giornale Edinost. Nel 1879 si costituisce “Delavsko podporno društvo (Società di mutuo soccorso). Tutte queste organizzazioni trovarono poi la loro sede negli spazi del “Narodni dom”.

Nel 1880 nasce la prima cooperativa economica slovena di Trieste denominata “Gospodarsko društvo” nel rione triestino di Servola (Škedenj in sloveno). Negli anni successivi praticamente ogni rione cittadino di Trieste (San Giovanni, Roiano, Barcola, San Giacomo, Rozzol, Santa Maria Maddalena) e i paesi limitrofi alla città ebbe una sua cooperativa economica, rivendita o spaccio. Da questa fitta rete nacque nel 1891 un grande istituto di credito sloveno, su base cooperativa, la “Tržaška posojilnica in hranilnica”. In pochi anni crebbe di molto e fu in grado di supportare la costruzione del palazzo del “Narodni dom”. Nel 1905 la crescita economica slovena arriva al culmine con la costituzione di una banca slovena “Jadranska banka” (Banca Adriatica), costituita come una società per azioni. Non a caso il suo battesimo si tenne nei locali del “Narodni dom” a Trieste.

Accanto alla crescita politica ed economica si ha anche una crescita culturale, scolastica e sportiva. Insomma si trattava di una rinascita complessiva degli sloveni di Trieste.

Si sviluppa una fitta rete di circoli culturali, cori, filodrammatiche amatoriali. Nel 1882 nasce la società ginnica “Sokol” di Trieste.

Nel primo decennio del XX secolo praticamente ogni rione triestino ed ogni paese del Comune di Trieste ebbe la sua società ginnica “Sokol”, praticamente era nato il movimento sportivo sloveno a Trieste.

Una questione molto spinosa era la questione scolastica. Le autorità comunali triestine (in mano al partito liberaldemocratico italiano) non permettevano nell’ambito del territorio della città la costituzione delle scuole pubbliche elementari slovene. Le scuole comunali slovene elementari c’erano soltanto nei paesi sloveni che facevano parte del Comune di Trieste (Opicina, Prosecco, Contovello, Santa Croce, Basovizza ecc.). Per ovviare alla decisa opposizione comunale e all’evidente discriminazione si scelse la strada della scuola privata slovena. Così si giunse alla costituzione della Società dei Santi Cirillo e Metodio con il preciso intento di aprire asili nido e scuole elementari slovene nella città di Trieste. Il progetto parte nel 1887 nel rione di San Giacomo e si estende poi a tutta la città. La vetta di questa rete di scuole slovene in città venne raggiunta nel 1912, quando proprio nel rione di San Giacomo venne inaugurato uno stabile di 5 piani: l’edificio scolastico della società dei Santi Cirillo e Metodio (il palazzo esiste ancora oggi, ed è la sede del quotidiano sloveno di Trieste Primorski dnevnik, “Il quotidiano del Litorale”, Ndr).

Avendo presente tutto questo, si capisce il progetto “Narodni dom” di Trieste, come un centro di molte attività e facilmente visibile anche dai forestieri. Il “Narodni dom” inoltre rappresentava la presenza slovena e slava nella città di Trieste. Possiamo aggiungere che il “Narodni dom” significava il raggiungimento di un livello di tacito riconoscimento della forte ed attiva esistenza di una minoranza slovena accanto alla maggioranza italiana nella città di Trieste.

Il “Narodni dom” ebbe una vita attiva e significativa dal 1904 al 1920, in tutto 16 anni. Precisamente la sua esistenza inizia il 24 agosto 1904 e finisce nel rogo del 13 luglio 1920.

Il 13 luglio 1920 rimarrà nella memoria collettiva degli sloveni di Trieste (e non solo) per sempre.

La stessa sorte degli sloveni è toccata ai croati e ad altre persone di origine jugoslava o slava. Quel giorno ci fu il rogo doloso del “Narodni dom” in seguito all’attacco intenzionale delle squadre fasciste. Tutto ciò succedeva con il tacito assenso delle autorità pubbliche.

L’incendio del “Narodni dom” fu l’episodio fondamentale della giornata del 13 luglio 1920.

Però il rogo bisogna inserirlo in un discorso più ampio.

Le squadracce fasciste quel giorno attaccarono ben 21 diversi obiettivi nel centro della città. Tutto ebbe inizio con il raduno delle squadre fasciste e nazionaliste (di circa 2.000 persone) nella centralissima Piazza Unità d’Italia. L’adunata ebbe inizio alle ore 18.00. Dopo i comizi e i discorsi incendiari le squadre si riversarono per il centro della città e la misero a soqquadro. Le colonne avevano gli obiettivi prefissati ed inquadrati, infatti imperversarono fino alle ore 24.00. Essi rappresentavano la presenza slovena, croata e slava. La polizia non intervenne, tutto si svolse con il preciso intento di colpire la presenza slovena e croata nella città. Non bisogna dimenticare che dopo il 1918 all’interno del Regno d’Italia vivevano da 550 a 600.000 mila sloveni e croati nella Venezia Giulia. Circa 330.000 erano sloveni, il rimanente croati.

Da https://www.difesa.it/Content/150anniversario /Pagine/Unit%C3%A0dItalia.aspx

Possiamo quasi parlare di una notte di San Bartolomeo riguardante gli sloveni e croati. Il cittadino sloveno già allora percepì la forza fascista, non ebbe bisogno di aspettare l’ottobre 1922, cioè la presa di potere da parte del Partito Nazionale Fascista.

Nella relazione della Commissione storico-culturale italo-slovena (luglio 2000) possiamo leggere:

«(…) Nel luglio del 1920, l’incendio del Narodni dom, la sede delle organizzazioni slovene di Trieste, non fu così che il primo, clamoroso atto di una lunga sequela di violenze: nella Venezia Giulia come altrove in Italia la crisi dello stato liberale offrì infatti campo libero all’aggressività fascista, che si giovò di aperte collusioni con l’apparato dello Stato, qui ancor più forti che altrove, come conseguenza della diffusa ostilità antislava. Le “nuove province” d’Italia nascevano così con pesanti contraddizioni tra principio di nazionalità, ragion di stato e politica di potenza, che minavano alla base la possibilità della civile convivenza tra gruppi nazionali diversi». Questa è la comune posizione degli storici italiani e sloveni che hanno scritto insieme la loro relazione finale.

Riporto anche alcuni passi del Memorandum del 1° settembre 1920 che la Società politica “Edinost” consegnò al Presidente del Consiglio dei Ministri Giovanni Giolitti:

«Il giorno 13 luglio 1920 i giornali nazionalisti triestini Il Piccolo, L’Era Nuova e La Nazione riportavano un proclama del Fascio Triestino di Combattimento dove si invitava la popolazione per le ore 18 ad un comizio in Piazza dell’Unità esortandola ad una energica reazione per i fatti di Spalato col motto che “è finito il tempo del buon italiano”. Al comizio stesso l’avvocato Giunta, segretario del Fascio di Combattimento pronunciava un discorso che culminava con le parole: “occhio per occhio, dente per dente” e reclamava l’applicazione della legge del taglione contro gli slavi di Trieste; altri oratori emisero il grido: “fuoco al Narodni dom” e questo grido venne accolto dalla folla e ripetuto. Gli organi della pubblica sicurezza non interruppero gli oratori e non fecero nulla per impedire loro di aizzare ancora di più gli animi della folla già troppo eccitata dai giornali locali».

Questa è soltanto una piccola parte del Memorandum di molte pagine.

Da diverse fonti successive ai fatti del 13 luglio 1920 è possibile ricostruire tutto il percorso fatto dalle squadre fasciste. Ecco l’elenco dei tragici attacchi:

  1. L’incendio del “Narodni dom” di Trieste in Piazza Caserma 2.
  2. Lo studio e l’appartamento dell’avvocato Kimovec in Piazza Oberdan 5.
  3. La locanda “Al gallo” in Piazza Oberdan 6.
  4. Il caffè “Il Commercio” in via XXX Ottobre 18.
  5. La filiale della “Ljubljanska kreditna banka” (Banca di Credito di Lubiana) in via XXX Ottobre 11.
  6. Lo studio dell’avvocato Josip Vilfan in via XXX Ottobre 13.
  7. La sede della “ Splošna hranilnica” (Cassa Generale di Risparmio) in via Torre Bianca 39.
  8. La scuola popolare privata della Comunità ortodossa serba di Trieste in via Bellini.
  9. Lo studio degli avvocati Matej Pretner e Henrik Okretič in via Machiavelli 15.
  10. Lo studio degli avvocati Josip Abram e Josip Agneletto in via Genova 11.
  11. La sede centrale della “Jadranska banka” (Banca Adriatica) all’angolo della vie San Niccolò 9 e Cassa di Risparmio 5.
  12. La sede della “Hrvatska štedionica” (Cassa di Risparmio Croata) in Piazza della Borsa 3.
  13. La ditta di spedizioni “Balkan” sulla riva Nazario Sauro 14.
  14. Gli uffici e l’appartamento del delegato del Regno dei serbi, croati e sloveni in Piazza Venezia 1.
  15. La libreria e cartoleria del sig. Jaka Štoka in via Milano 37.
  16. La sede della ditta Franz & Kranz in via Machiavelli 32.
  17. Il magazzino del commerciante Andrej Perko in via San Niccolò 3.
  18. L’osteria “Makarska” in via San Lorenzo.
  19. Il negozio di Josip Stančič in Piazza Vecchia 5.
  20. Il negozio dei liquori del sig. Drago Štoka in via Battisti 29.
  21. La tipografia del quotidiano sloveno Edinost in via San Francesco 20.

Nella pagina 9 del Memorandum della Società politica “Edinost” troviamo le seguenti parole:

«(…) Le devastazioni suddette vennero eseguite susseguentemente una dopo l’altra dalle ore 18 e 3/4 sino alle ore 24 dallo stesso gruppo di dimostranti almeno quelli susseguenti all’assalto del “Narodni dom”, eccettuato l’assalto alla liquoreria che venne eseguito da un altro gruppo. Perciò gli organi della pubblica sicurezza avrebbero facilmente potuto prevenire la devastazione. Durante l’assalto a ben 21 case, dove si trovavano uffici e negozi slavi, le autorità di pubblica sicurezza non arrestarono neppure uno dei dimostranti devastatori limitandosi ad arrestare qualche individuo che approfittava dell’occasione per rubare. Ciò venne confermato dagli stessi giornali. (…)».

Nella memoria collettiva degli sloveni di Trieste è rimasto indelebile l’incendio del “Narodni dom”.

Quando si parla del 13 luglio 1920 vi si accenna sempre, il resto rimane un po’ nell’ombra. La giornata sarà sempre ricordata come la data dell’incendio fascista del “Narodni dom” di Trieste, la distruzione del simbolo della presenza slovena e slava nella città.

Lo storico e pubblicista Mimmo Franzinelli così descrive l’incendio del “Narodni dom” (Squadristi, Milano 2003): «(…) La dichiarazione di guerra si ebbe il 13 luglio 1920 con l’assalto all’Hotel Balkan, sede triestina delle associazioni slavofile, la cui stessa esistenza era percepita dal comandante dei fascisti come una minaccia. Era questo un edificio massiccio, squadrato e di orribile gusto, con l’aspetto più di una caserma che di un albergo: di fronte ai bassi edifici militari della piazza Oberdan. Aveva l’aria di un colosso gonfio di tradimento e di minaccia. Il palazzo fu assediato, sottoposto al tiro di catapulte improvvisate e finalmente espugnato. Dopo circa un’ora le fiamme divamparono ed in breve il tetro edificio non fu che un braciere ardente, dove furono distrutte l’insidia e la minaccia. E la città sfilò davanti alle rovine incandescenti con l’anima leggera ed il respiro come chi è stato tolto da un incubo (…)».

Conclusione.

Le proteste slovene non servirono a nulla. Non si aprirono inchieste, non si fecero verifiche, non si incominciarono dei processi. Il segnale lanciato fu forte e chiaro. La comunità slovena e croata della Venezia Giulia fu condannata, doveva assimilarsi o sparire. Le successive leggi e decreti distrussero con violenza tutta la infrastruttura slovena e croata: organizzazioni, scuole, circoli, istituti, enti, cooperative ed altro. Fu colpita anche la singola persona: con decreto vennero con forza cambiati migliaia e migliaia di nomi e cognomi.

Nel 1927 il duce Mussolini organizzò un incontro con i podestà delle “nuove province”. Fu deciso che doveva sparire tutto quello che era ancora riuscito a sopravvivere di sloveno e croato nella Venezia Giulia ed Istria. Allora nel primo autunno del 1927 nacque il movimento antifascista sloveno, detto anche il primo antifascismo in Europa. La lotta antifascista degli anni Venti e Trenta del XX secolo si tramutò poi nella lotta di Liberazione nazionale durante la Seconda guerra mondiale.

Ancora alcune parole sul “Narodni dom”.

Il proprietario, la “Tržaška posojilnica in hranilnica”, si dovette tenere le macerie del palazzo. In quel clima ostile non esistevano speranze di ricostruzione. L’istituto di credito sloveno in un certo momento dovette decidere cosa fare.

Si decise di sopravvivere come istituto di credito e così nel 1924 il palazzo del “Narodni dom” fu venduto ad una immobiliare italiana. Negli anni seguenti divenne Albergo Regina.

Dopo la fine della Seconda guerra mondiale e la Liberazione si pose di nuovo la questione del “Narodni dom”. Gli sloveni di Trieste reclamarono la restituzione del palazzo. Le autorità italiane, le autorità angloamericane, la comunità internazionale furono irremovibili. La questione fu per tutti chiusa a doppia mandata. Nessun accordo bilaterale od internazionale contemplava la questione.

Gli sloveni di Trieste e della Regione Friuli-Venezia Giulia insistettero. Uno spiraglio fu aperto con la legge numero 38 del 23 febbraio 2001 (Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia), approvata dai due rami del parlamento italiano.

L’articolo 19 della citata legge recita: «1. La casa di cultura “Narodni dom” di Trieste – rione San Giovanni – costituita da edificio e accessori è trasferita alla regione Friuli-Venezia Giulia per essere utilizzata, a titolo gratuito, per le attività di istituzioni culturali e scientifiche di lingua slovena. Nell’edificio di Via Filzi 14 a Trieste, già “Narodni dom”, e nell’edificio di Corso Verdi, già “Trgovski dom”, di Gorizia trovano sede istituzioni culturali e scientifiche sia di lingua slovena (a partire dalla Narodna in študijska knjižnica – Biblioteca degli studi di Trieste) sia di lingua italiana compatibilmente con le funzioni attualmente ospitate nei medesimi edifici, previa intesa tra Regione e Università degli studi di Trieste per l’edificio di Via Filzi, e tra Regione e Ministero delle finanze per l’edificio di Corso Verdi di Gorizia. (…)».

Un piccolo passo avanti è stato compiuto nel 2004 e successivamente nel 2006 con l’acquisizione di 3 spazi nel pianterreno dello stabile del “Narodni dom” da parte della Biblioteca slovena di Trieste, che ha ricevuto in comodato gratuito l’uso degli spazi dall’Università di Trieste, giacché dal 1997 l’edificio del “Narodni dom” è diventato la sede della Scuola Superiore di Lingue Moderne dell’Università di Trieste.

La menzionata istituzione culturale slovena (Biblioteca – Narodna in študijska knjižnica) gestisce gli spazi. Nella sala conferenze e mostre si svolge attualmente una forte attività culturale che intende promuovere l’interscambio tra le varie componenti culturali, religiose ed etniche, presenti nella città di Trieste.

Nel dicembre 2004 (nel centesimo anniversario della costruzione del “Narodni dom”) è stata posta sul frontespizio dello stabile una targa a ricordo dal Rettore dell’Università di Trieste.

Il testo italiano dice: «Costruito su disegno dell’architetto Max Fabiani. Centro della vita culturale ed economica slovena di Trieste. Incendiato dall’intolleranza nazionalista il 13 luglio 1920. Il NARODNI DOM rivive oggi nella coscienza di una nuova comune casa europea. 1904-2004».

Milan Pahor

(da Patria Indipendente n. 7 del luglio 2010)