Ersilia, una protagonista della politica italiana e del movimento femminile per decenni: prima deputata, poi senatrice, vicepresidente del Senato dal 1996 al 2001, poi sindaco della sua città, Castellammare di Stabia, sempre impegnata nel sociale, con una particolare curvatura di intelligenza politica, passione civile, rigore morale. Quanto basta per una intervista su di un’altra donna straordinaria, Nilde Iotti, a vent’anni dalla sua scomparsa. Ma non solo: il movimento femminile di cui Ersilia è stata protagonista, l’Italia attuale con i suoi orrori, e le donne d’oggi, “Donne, ragazze che investono con coraggio sulla partecipazione come leva per il cambiamento e alla politica chiedono coraggio”.
Ersilia, lei è stata parlamentare dal 1976 al 2001, prima alla Camera e poi a lungo al Senato. Ha avuto tutto il tempo – credo – di conoscere Nilde Iotti. Com’era Nilde nei rapporti interpersonali?
Ricordo ancora con emozione i primi giorni della VII legislatura (1976-1979) quando, insieme ad altre giovani compagne, cercavamo di capire il senso della straordinaria avventura che stavamo vivendo, l’importanza, anzi vorrei dire la sacralità dei luoghi che attraversavamo, le regole da rispettare e l’innovazione che la nostra presenza testimoniava. Ricordo soprattutto la curiosità intellettuale, la stima, il profondo rispetto con cui nelle prime assemblee di gruppo guardavamo alle grandi personalità che erano lì e da cui sapevamo di dover imparare. Compagne e compagni di cui sapevamo la storia, l’autorevolezza, il rigore e di cui imparammo a conoscere anche il tratto umano, il senso di appartenenza a una comunità, la pazienza e soprattutto la passione politica. La Iotti nei rapporti interpersonali era, o forse appariva, severa e riservata; attenta alle forme ma soprattutto alla sostanza delle cose. Pronta e aperta ad ascoltare le ragioni degli altri, ma ferma nella difesa dei valori in cui credeva. Cultura del dialogo, rispetto e insieme orgoglio e tenacia. Sapeva con un sorriso ascoltare realmente e mettere ad agio l’interlocutore. Personalmente ho potuta conoscerla meglio durante la sua presidenza (gennaio 1993-marzo 1994) della Commissione per le Riforme Costituzionali. Commissione che guidò come sempre con grande sapienza e ascolto delle ragioni di tutti, alleati o avversari.
Nilde Iotti fu la prima donna Presidente della Camera dei deputati, e per molto tempo: dal 1979 al 1992. Si dice di lei che fosse una donna delle istituzioni? Che significa?
Per comprendere appieno il significato di questa affermazione “donna delle istituzioni” è necessario riflettere e andare con la mente al senso profondo del dettato costituzionale, agli articoli fondamentali su cui si fonda il valore dell’uguaglianza, della solidarietà, della dignità e della libertà di ognuno e di tutti. Riflettere sul senso della rappresentanza e del ruolo delle istituzioni nei processi democratici. Istituzioni, luoghi e “strumenti” di scelte e contenuti necessari ad inverare il senso di una democrazia che dalla vita quotidiana dei cittadini trae linfa e parole. È stata questa la cultura istituzionale di donne e uomini che hanno segnato la storia del nostro Paese. E insieme alla Iotti vorrei citare un’altra donna, Tina Anselmi, che laicamente da ministro firmò leggi lontane dalla sua cultura.
Quando Nilde fu eletta Presidente per la prima volta, disse «Io stessa vivo quasi in modo emblematico questo momento, avvertendo in esso un significato profondo, che supera la mia persona e investe milioni di donne che attraverso lotte faticose, pazienti e tenaci si sono aperte la strada verso la loro emancipazione». Che ruolo ha avuto Nilde Iotti nella storia dell’emancipazione femminile dalla Resistenza ad oggi?
L’elezione di Nilde Iotti alla Presidenza della Camera, prima donna, ha avuto certamente un grande significato emblematico. Il segno che lotte per l’emancipazione e la parità stavano dando i loro frutti e d’altronde in quegli anni si andava affermando una legislazione attenta ai diritti delle donne. Leggi in materia di diritto di famiglia, di parità e innanzitutto le leggi e i referendum sul divorzio e l’aborto testimoniano quanto grande e importante sia stato il cammino delle donne. Grande, importante, e difficile e faticoso. Il ruolo di Nilde fu determinante anche per vincere le resistenze culturali, le cautele e le preoccupazioni politiche così presenti a sinistra. Nilde forse l’avrebbe detto con altre parole, ma resto convinta che la sua forza era guardare alla politica, vivere la politica a partire dalla vita quotidiana. Guardare con occhi aperti sul mondo e raccogliere la sfida del cambiamento.
Lo straordinario decennio degli anni 70, avviato col 1968 e con l’autunno caldo, ha rappresentato un momento di svolta e accelerazione nelle lotte del movimento femminile? E, se sì, perché e con quali risultati?
Quegli anni sono stati anni importanti non solo perché hanno segnato un’accelerazione nei processi di emancipazione, nella legislazione, nei costumi e nella cultura, ma perché tra le donne allora si aprì un dibattito, a volte un conflitto fecondo tra emancipazione e liberazione. Diventa forte e sempre più visibile un protagonismo delle donne nelle lotte per il lavoro, la salute, la parità, contro la violenza, ma soprattutto per l’affermazione di una soggettività e di una dignità da riconoscere anche nelle leggi. Il dibattito, anzi il conflitto tra donne, espressioni della stagione dell’uguaglianza e i femminismi, le pratiche femministe, squadernano una dicotomia emancipazione-liberazione, che a mio avviso spesso nei fatti, nelle scelte concrete non aveva ragione d’essere. In realtà sono anni in cui sempre più si affermano domande di libertà che partono da domande di protagonismo nella vita sociale e parità di ruoli. Il partire da sé così simbolico e concreto, così forte e ineludibile nella costruzione di processi di cambiamento. Il partire da sé da cui la sinistra avrebbe dovuto e ancora potrebbe imparare smettendola di dividersi tra uguaglianza e libertà, tra radicalismo e riformismo.
Lei stessa, senatrice, ha svolto in queste lotte un ruolo importante. Che bilancio ne trae?
Un bilancio con luci e ombre. Sono indubbi i progressi fatti, ma anche le resistenze culturali e soprattutto la consapevolezza di un’organizzazione sociale ancora inadeguata a confrontarsi con i cambiamenti che le donne vogliono e sanno di dover affermare nella vita quotidiana. Inoltre sento un rammarico grande non solo rispetto alla nostra esperienza, alle nostre lotte: il rammarico di non avere sempre saputo trasmettere alle giovani generazioni la consapevolezza che le conquiste non sono acquisite per sempre…
Gli attuali fenomeni di fascismo, razzismo, sovranismo e più in generale oscurantismo, costituiscono un pericolo per le conquiste delle donne nella società italiana, e più in generale in Europa. L’Anpi è per definizione e per missione un’associazione antifascista. C’è uno specifico “antifascismo femminile” nella situazione attuale?
L’oscurantismo in cui siamo precipitati, le parole di odio, il disprezzo per l’altro, il diverso costituiscono indubbiamente un pericolo, una regressione non solo culturale. Una regressione che fa paura così come fanno paura i silenzi, l’apatia, l’indifferenza. Aggiungo che anni di antipolitica, di istituzioni chiuse in se stesse rendono ancora più cupo il contesto che è sotto i nostri occhi e a cui dobbiamo opporci. L’Anpi svolge un ruolo fondamentale e può senz’altro far emergere un antifascismo femminile. A me sembra infatti che le donne abbiano imparato quanto preziosa sia la libertà femminile, preziosa per le donne e più in generale per contrastare forme di autoritarismo sempre più presenti in parti della società e acuite dalle paure e dalle solitudini. L’antifascismo delle donne si coniuga concretamente con il rifiuto di ogni forma di subalternità, di violenza, di non rispetto delle persone e dell’individualità di ognuno.
Il governo cosiddetto Conte Uno si è distinto negativamente sulle politiche sull’uguaglianza di genere. C’è una differenza con le politiche dell’attuale governo? Quali aspetti positivi e quali limiti?
A me sembra – e lo dico con amarezza – che anche questo governo non sia particolarmente attento alle politiche di genere al di là delle scelte in tema di asili nido o più in generale in tema di salute. Mettere attenzione alle politiche di genere richiede infatti un’idea di politica altra che metta al centro la persona, con le sue differenze, le sue domande, i suoi sentimenti, al di là di ognuna e di ognuno. Libertà di essere.
Nilde Iotti era nata nel 1920. Lei è della generazione successiva. In un’Italia così profondamente cambiata, chi sono – e come sono – oggi le donne che hanno preso il testimone delle lotte per l’emancipazione e la liberazione?
Io sono del 41, dell’altro secolo e ho fatto, come si suole dire, politica attiva fino allo scorso decennio. Guardo con attenzione ai profondi cambiamenti in corso. Attenzione e – non lo nascondo – preoccupazione, frammista a speranza. Speranza, quando come in queste ultime settimane tornano in piazza tante e tanti per testimoniare un’idea di politica altra in cui parole di odio, razzismo, fascismo non hanno cittadinanza. Sono tante le donne, le ragazze che stanno animando questa straordinaria partecipazione e sono tante le donne, le ragazze che hanno preso il testimone di una domanda di emancipazione e di liberazione. A partire dall’impegno contro il femminicidio e contro ogni forma di violenza. Donne, ragazze che testimoniano in tanti luoghi, nel sociale e nel volontariato, un’idea di solidarietà, di riconoscimento dell’originalità di ognuno, del tratto irripetibile, del valore di ogni persona. Donne, ragazze che investono con coraggio sulla partecipazione come leva per il cambiamento e alla politica chiedono coraggio.
Pubblicato venerdì 20 Dicembre 2019
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